Appalti Difesa: Bruxelles apre procedura contro l’Italia

Francesca Caiazzo

26 Gennaio 2018 - 12:25

Ecco perché, secondo la Commissione Europea, il governo italiano avrebbe violato le norme comunitarie non rispettando la libera concorrenza nel mercato unico

Appalti Difesa: Bruxelles apre procedura contro l’Italia

L’Italia avrebbe violato o non applicato correttamente le norme europee in materia di appalti pubblici nel settore Difesa e Sicurezza, per questo motivo la Commissione Ue ha avviato una procedura di infrazione contro il nostro Paese inviando una lettera di messa in mora.

Sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles, in particolare, c’è la commessa aggiudicata da Fincantieri per la realizzazione di sei pattugliatori polivalenti d’altura e di una unità di supporto logistico per la Marina militare italiana.

Il sospetto della Commissione è che siano stati favoriti i fornitori nazionali con un’aggiudicazione senza asta attraverso la quale si è evitata la gara d’appalto a condizioni di mercato.

Le contestazioni dell’Ue all’Italia

Ma cosa viene contestato in particolare all’Italia? Secondo la Commissione europea, l’aggiudicazione diretta a Fincantieri non avrebbe rispettato le procedure stabilite nell’articolo 25 della direttiva 2009/81/CE in materia di appalti che prevede, tra l’altro, la pubblicazione di un bando di gara nella banca dati Tenders Electronic Daily (Ted).

Dunque, il governo italiano avrebbe favorito imprese nazionali, ostacolando di fatto la libera concorrenza nel mercato unico europeo.

“Se attuata correttamente, la direttiva sugli appalti pubblici nel settore della difesa può contribuire a far sì che il denaro dei contribuenti sia speso nel modo giusto e renda il settore europeo della difesa, comprese le molte PMI di cui si compone, più competitivo. Questi sforzi vanno di pari passo con il rafforzamento della collaborazione con il Fondo europeo per la difesa, che potrebbe generare un investimento complessivo in ricerca per la difesa e sviluppo delle capacità pari a 5,5 miliardi di euro l’anno dopo il 2020”

ha spiegato la commissaria per il Mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le PMI Elżbieta Bieńkowska.

Insomma, le indicazioni che arrivano da Bruxelles sono chiare e in piena linea con il processo delle cooperazioni rafforzate che l’Ue ha di recente intrapreso con il Piano europeo della difesa: bisogna superare i campanilismi nazionali e collaborare per progetti condivisi – sono 17 quelli già annunciati – in questo settore. Obiettivo: sviluppare un’industria delle Difesa a livello europeo.

Da sottolineare, che non era mia accaduto che Bruxelles aprisse una procedura di infrazione – che riguarda altri 4 Paesi europei oltre all’Italia – relativa a una direttiva del 2009.

La commessa sotto accusa

Nel 2015, l’Italia ha previsto la dismissioni di unità navali ormai obsolete entro il 2025. In questo contesto di rinnovo della flotta in dotazione alla Marina militare italiana, per il quale si prevede un investimento complessivo di 5,4 miliardi di euro, si inserisce la commessa a Fincantieri finalizzata alla costruzione di diverse di queste unità.

A destare l’attenzione della Commissione europea, però, in particolare c’è l’aggiudicazione per la fornitura di sei pattugliatori polivalenti d’altura (Ppa) e dell’unità di supporto logistico (Lls).

Per dimostrare che l’Italia non ha violato le norme comunitarie e in particolare la direttiva del 2009, il governo italiano ha due mesi di tempo entro i quali dovrà dimostrare la regolarità delle procedure seguite e applicate per l’aggiudicazione del contratto.

Da Roma però non c’è grande preoccupazione. O meglio, il governo spera che quello di Bruxelles sia solo un atto dimostrativo per richiamare i Paesi a una più ampia collaborazione sul tema della Difesa.

Se così non fosse, infatti, e se l’Italia non riuscisse a dimostrare la correttezza delle procedure, significherebbe fermare il processo di rafforzamento della flotta navale in dotazione alla Marina italiana.

In parole povere, bisognerebbe fermare la costruzione della navi già in cantiere con conseguenti perdite economiche e di tempo. Una eventualità da escludere vista la delicata situazione geopolitica del Mediterraneo.

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