La lotta al cambiamento climatico è già finita?

Riccardo Lozzi

12 Febbraio 2022 - 11:00

La lotta al cambiamento climatico rischia di concludersi anzitempo a causa della crisi energetica e l’instabilità geopolitica. Gli scenari in USA, Cina e UE.

La lotta al cambiamento climatico è già finita?

La lotta al cambiamento climatico rischia di concludersi in anticipo e con un fallimento.

La situazione che si sta verificando dopo l’accordo raggiunto nell’ambito della COP26 definito storico dai Capi di Stati e di Governo, sembra quindi dare ragione a chi ha bollato il meeting sul clima di Glasgow dello scorso novembre quasi un fallimento.

Infatti, dagli Stati Uniti alla Cina, firmatari tra l’altro di un accordo bilaterale di cooperazione tra i due Stati sul clima, passando per l’Europa, gli obiettivi prefissati in occasione dell’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sembrano essere molto difficili da raggiungere.

Se il 2021 può aver rappresentato l’anno della fiducia rispetto a queste tematiche, il 2022 rischia di essere, al contrario, l’anno di una flessione globale rispetto ai target da centrare per scongiurare l’aggravarsi di una situazione che, secondo alcuni scienziati, sarebbe già compromessa.

La lotta al cambiamento climatico è già finita?

La transizione ecologica è sempre più influenzata dalla crisi, dovuta non solo alle tensioni tra Stati Uniti e Russia, ma a un problema più strutturale di approvvigionamento energetico.

Come conseguenza, l’utilizzo di combustibili fossili sta riprendendo in tutto il mondo, mentre la piena conversione verso le energie rinnovabili appare sempre più distante, tanto che alcuni osservatori stanno iniziando a chiedersi se la lotta al cambiamento climatico sia da considerare già finita.

Uno scenario che sembra corrispondere alle maggiori paure della popolazione globale che vede proprio nel riscaldamento globale uno dei maggiori pericoli per il futuro.

In Cina e Stati Uniti record nell’utilizzo del carbone

Tra i sintomi più visibili è possibile individuare l’aumento del prezzo del petrolio, sempre più in balia della geopolitica, insieme all’utilizzo del carbone, tornato protagonista nella produzione di energia alla fine del 2021, dopo essere diminuito nel 2019 e nel 2020.

In particolare negli Stati Uniti esso ha registrato un incremento dell’8% lo scorso anno e, secondo le previsioni dell’Energy Information Administration, dovrebbe aumentare gradualmente fino al 2023. E se Joe Biden sembra tradire la svolta ambientalista promessa agli elettori e ai partner internazionali, anche a causa di defezioni interne al Partito Democratico, la Cina, attualmente il Paese più inquinante al mondo, negli ultimi mesi ha riportato lo sfruttamento del carbone a livelli record.

Caro bollette in Unione Europea

Per quanto riguarda l’Unione Europea, la preoccupazione è dominata dai rincari per le bollette di luce e gas che rischiano di colpire la spesa pubblica destinata al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

In più di un’occasione pubblica, i rappresentanti della Commissione hanno ribadito l’importanza di accelerare la transizione verde, poiché solamente in questo modo si può centrare l’indipendenza energetica del vecchio continente.

Questa, inoltre, è l’unica soluzione possibile per evitare quanto accaduto nel 2021, periodo in cui i 10 peggiori disastri ambientali hanno causato 170 miliardi di dollari di danni in tutto il mondo.

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