Smart working fa bene all’ambiente. Ecco perché

Riccardo Lozzi

23/06/2021

Secondo il “report Homeworking”, realizzato dal think tank Carbon Neutral, lo smart working aiuta a tagliare le emissioni di CO2, come si è osservato anche in Italia durante la pandemia da Covid-19.

Smart working fa bene all’ambiente. Ecco perché

Lo smart working fa bene all’ambiente, permettendo di tagliare grosse quantità di anidride carbonica ogni giorno. A rivelarlo è lo studio realizzato dal think tank inglese Carbon Neutral e commissionato dal Vodafone Institute for Society and Communications.

Nel report pubblicato viene analizzato quanto è stato risparmiato in termini di CO2 durante i mesi di lavoro da remoto, nel corso della pandemia da Covid-19, in 6 Paesi: Italia, Germania, Regno Unito, Spagna, Svezia e Repubblica Ceca.

Inoltre, sempre prendendo in esame le sei nazioni, lo studio vuole mostrare quanta produzione di emissioni inquinanti può essere evitata se si continuasse ad adottare la pratica dello smart working, anche se non in forma esclusiva, ma sviluppando un modello ibrido che preveda un mix tra presenza fisica in ufficio e da casa.

Diventa, quindi, interessante scoprire come sarà lo smart working, una volta finita l’emergenza pandemica, oltre a valutare l’impattato che questa pratica ha avuto nel corso nell’ultimo anno e mezzo sulla qualità dell’aria degli Stati analizzati.

Smart working fa bene all’ambiente

Dall’Homeworking report rilasciato dalla fondazione di Vodafone emergono diversi dati molto interessanti, i quali confermano un netto risparmio di produzione di CO2, grazie agli effetti derivanti dai mancati spostamenti dei lavoratori, insieme all’uso limitato di energia e riscaldamento negli uffici.

Quello che si può osservare dai risultati, contenuti nel documento, è che l’Italia rappresenta il Paese che ha ridotto più di tutti il livello di emissioni di anidride carbonica, con una media di oltre 1,8 tonnellate per lavoratore.

Nel caso del Belpaese questa importante riduzione si è avuta soprattutto grazie al mancato utilizzo di uffici che si trovano in palazzi non efficienti dal punto di vista energetico e dove il sistema di riscaldamento si basa fortemente su fonti di energia ad alta emissione, come il gas.

Al contrario nelle nazioni del nord Europa, come ad esempio Svezia e Germania, il risparmio per l’utilizzo di riscaldamento negli uffici è meno significativo rispetto all’inquinamento causato dagli spostamenti quotidiani casa-ufficio da parte degli impiegati.

Milioni di tonnellate di CO2 risparmiate con lo smart working

Cosa succederebbe quindi se lo smart working continuasse anche dopo la pandemia? Considerando questi elementi, insieme al numero di lavoratori che potenzialmente possono lavorare da casa, sarebbe proprio la Germania potenzialmente a risparmiare di più, prevedendo un taglio di produzione di anidride carbonica pari a 12,2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

L’Italia si trova al secondo posto con 8,7 milioni di tonnellate in meno previste, staccando il Regno Unito che chiude il podio a 4,1 milioni di tonnellate. Al quarto posto si piazza la Spagna con 3,9 milioni di tonnellate di anidride carbonica potenzialmente evitabili, mentre Svezia e Repubblica Ceca registrerebbero una riduzione solamente, se così si può dire, rispettivamente di 0,25 e 0,15 milioni di tonnellate.

Come affermato nel rapporto, diventa necessario garantire una connessione ottimale a tutta la popolazione locale, insieme ad altre misure che permettano di garantire uno smart working veramente efficiente.

Inoltre, è fondamentale aumentare l’efficienza energetica sia nelle case private che negli edifici pubblici e incentivare pratiche di mobilità sostenibile, come l’utilizzo di veicoli elettrici, così da riuscire a centrare l’obiettivo emissioni zero entro il 2050.

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