No ai blindati per Kiev. Cosa teme Berlino, forse un’altra frazione dell’Armata rossa?

Mauro Bottarelli

9 Luglio 2022 - 13:00

Il Bundestag boccia l’invio di 200 Fuchs, adducendo «esigenze interne». E nel giorno dell’attentato ad Abe, i fantasmi della Raf (che Putin sostenne) fanno capolino in vista di un autunno da incubo

No ai blindati per Kiev. Cosa teme Berlino, forse un’altra frazione dell’Armata rossa?

Ieri il Bundestag ha bocciato la fornitura di 200 blindati da trasporto truppe Fuchs all’Ucraina. Si tratta di mezzi in servizio nell’esercito tedesco dal 1979 e il loro invio era stato proposto dal gruppo di opposizione formato al Parlamento federale da Unione cristiano-democratica (Cdu) e Unione cristiano-sociale (Csu). A determinare l’esito del voto, il parere contrario della ministra della Difesa tedesca, Christine Lambrecht, a detta della quale la Germania sostiene l’Ucraina con tutto ciò che è possibile e responsabile, ma dobbiamo garantire la capacità della Germania di difendersi. Appare irresponsabile voler depredare le Forze armate tedesche, soprattutto in questi tempi, e voler ignorare il parere del capo di Stato maggiore della Difesa. Quest’ultimo, il generale Eberhard Zorn, dopo aver ricordato come l’esercito tedesco disponga di 825 esemplari di Fuchs in diverse versioni, ha sottolineato come abbiamo bisogno di questi mezzi e, al momento, non vedo alcuna possibilità di consegnarli in tutto o in parte all’Ucraina.

Cosa teme la Germania per rimangiarsi in questo modo una promessa fatta solo lo scorso aprile nientemeno che alla Casa Bianca, nemmeno troppo occulto agente di pressione intenzionato a porre fine all’ambiguità di Berlino verso l’impegno atlantico al fianco di Kiev? Forse un’escalation del conflitto che coinvolga direttamente l’Europa continentale? Per questo occorre trattenere in patria quei mezzi blindati? O forse c’è dell’altro? Nel giorno in cui l’ex premier giapponese, Shinzo Abe, rimaneva vittima dell’attentato di un lupo solitario, apparentemente mosso e motivato dalla delusione per le politiche poste in essere nel Paese, forse Berlino sta tradendo i timori per un’esplosione di rabbia e malcontento interno in vista dell’autunno?

Casualità vuole che nello stesso giorno, Uniper abbia capitolato e presentato richiesta ufficiale per il salvataggio statale, ammettendo un conto per le casse pubbliche che potrebbe toccare i 10 miliardi di euro. Ma c’è di più, poiché il CeO della utility caduta in disgrazia, Klaus-Dieter Maubach, ha preannunciato per il Paese un’enorme ondata di aumenti dei prezzi legati all’energia. E in perfetta contemporanea, Vladimir Putin ammoniva sul fatto che nuove sanzioni si tramuterebbero in conseguenze catastrofiche per il mercato dell’energia. E questi grafici

Andamento del prezzo del gas a 1 anno in Germania Andamento del prezzo del gas a 1 anno in Germania Fonte: Bloomberg
Proiezione delle valutazioni del carbone su consegna gennaio 2023 Proiezione delle valutazioni del carbone su consegna gennaio 2023 Fonte: The Daily Shot

mostrano come, se le aspettative di valutazione a 1 anno per il gas naturale appaiano già oggi insostenibili per l’energivora industria tedesca, persino l’alternativa tutt’altro che verde del carbone stia giorno dopo giorno tramutandosi in argomento di preoccupazione. E di costo insostenibile.

Berlino ha timore di un’esplosione di rabbia popolare di massa, capace di far impallidire il ricordo delle proteste contro le restrizioni da Covid, spesso e volentieri terminate in scontri fra polizia e manifestanti? La storia, in tal senso, appare capace di suscitare cattivi pensieri. Fu infatti un giovane Vladimir Putin, all’epoca funzionario del Kgb a Dresda, a operare da raccordo fra Unione Sovietica, agenti della Stasi della DDR e militanti della Raf, la Rote Armee Fraktion. Le Brigate rosse tedesche, terroristi di estrema sinistra spalleggiati, sostenuti e finanziati da Mosca e Berlino Est in chiave anti-Nato e capaci di colpire al cuore la Repubblica federale con azioni tanto eclatanti quanto feroci. Sequestri, attentati dinamitardi e incendiari, esecuzioni di politici, militari e industriali. Il caos. Per fermare il quale, Bonn mise in campo un apparato repressivo senza precedenti. Esercito incluso.

Meglio intendersi, ad oggi non esiste alcun rischio legato a un ritorno dell’eversione rossa in Germania. E pensare che Mosca, nell’era degli attacchi hacker e del warfare finanziario, intenda generarne di eterodiretto appare abbastanza surreale. Né l’estremismo di destra pare in grado di andare oltre sporadici atti intimidatori o simbolici. Ma è proprio il magma senza leader, ideologia e motivazione rappresentato dal malcontento generalizzato a spaventare. Nei cortei anti-lockdown c’era di tutto, gli autonomi di Amburgo sfilavano quasi fianco a fianco con supporters neo-nazisti e attivisti no-vax delle più eterogenee estrazioni. Qualcosa di estremamente pericoloso perché nuovo. E perché difficilmente individuabile, etichettabile e circoscrivibile.

E questi altri due grafici

Comparazione fra tasso di disoccupazione e fiducia dei consumatori (invertita) in Germania Comparazione fra tasso di disoccupazione e fiducia dei consumatori (invertita) in Germania Fonte: Bloomberg
Andamento delle proiezioni del Pil tedesco per il 2022 Andamento delle proiezioni del Pil tedesco per il 2022 Fonte: Bloomberg

mostrano quale potrebbero essere l’impatto di un’ulteriore escalation della crisi energetica sulle prospettive macro già preoccupanti della Germania. Con Nordstream che lunedì chiuderà per una settimana per manutenzione, ingenerando in molti il timore di una non riapertura e la tedesca Ursula Von der Leyen che ha apertamente invitato tutti i Paesi membri a prepararsi a uno stop totale delle forniture di gas russo, quella parabola discendente delle proiezioni del Pil rischia di divenire addirittura tragica. Così come il de-couple fra sentiment dei consumatori e tasso di disoccupazione, se per caso il salvataggio di Uniper non fosse sufficiente a bloccare sul nascere il contagio. E i costi dell’energia obbligassero le aziende a ridurre o bloccare la produzione. E licenziare,

Infine, il grafico paradossalmente più preoccupante di tutti. Questo:

Andamento dell'esposizione della Bundesbank sull'eurozona attraverso Target2 Andamento dell’esposizione della Bundesbank sull’eurozona attraverso Target2 Fonte: Bce/Eba

le liabilities della Bundesbank nei confronti dell’eurosistema sono salite al massimo assoluto, qualcosa come 1.2 trilioni di euro. Di fatto, un’esposizione potenzialmente esiziale per la tenuta stessa dei conti dello Stato, in caso l’eurozona dovesse entrare in una crisi sistemica come quella del 2011. Tutto ipotetico. Ma non impossibile. Insomma, i crediti di Berlino verso il resto dell’eurozona sono al massimo. Così come i debiti dell’Italia all’interno del medesimo Target2, essendo saliti a giugno al record storico di 627,68 miliardi dai 596,91 di maggio. Quindi, il nostro Paese può scegliere fra l’ipotesi di sempre maggior dipendenza del sistema bancario dalla Bce o di crescita sostenuta degli outflows di capitale, alla faccia del Pil al 6%. Quale sia in prospettiva l’ipotesi peggiore, è difficile da dirsi.

Una cosa è certa. Se la crisi dovesse avvitarsi e coinvolgere l’intera eurozona, la Germania potrebbe vedersi coalizzare silenziosamente un magma di malcontento senza colore o etichetta che alle rivendicazioni classiche contro il caro-vita, la disoccupazione o le misure draconiane del governo potrebbe unire anche quelle di un sentimento violentemente anti-Ue che finora era rimasto isolato nei titoli urlati della Bild o negli slogan di Alternative fur Deutschland. A quel punto, ogni steccato ideologico cadrebbe. E il governo Scholz potrebbe dover affrontare un fiume di rabbia pressoché ubiquo nel suo esondare, interclassista e senza riferimenti ideologici. Praticamente, il caos.

Come negli anni Settanta, come ai tempi della Baader-Meinhof. Ma con l’aggravante di un clima a livello interno da tutti contro lo Stato ed esterno caratterizzato da un prevalere quasi primordiale di istinto di sopravvivenza come unica direttrice di politica estera. Paradossalmente, c’è quasi da sperare che la decisione di trattenere in patria quei 200 Fuchs sia riconducibile al timore precauzionale di un attacco russo all’Europa. E non al ritorno ai tempi di sangue e piombo della frazione dell’Armata Rossa. Ma già scomodare certi argomenti e rievocare certe sigle, ancorché per puro esercizio di esorcismo, mette i brividi.

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