La castrazione chimica è “la soluzione” secondo Salvini? Ecco cosa ne pensa il ministro della Giustizia

Luna Luciano

20/08/2023

Salvini la invoca e la Lega propone di introdurre la castrazione chimica per chi compie atti di violenza sessuale, ma è davvero questa “l’unica soluzione”? Ecco perché non lo è.

La castrazione chimica è “la soluzione” secondo Salvini? Ecco cosa ne pensa il ministro della Giustizia

La castrazione chimica come “unica soluzione”. Dopo la violenza sessuale di gruppo da parte di 7 giovani cittadini su una loro coetanea a Palermo, la Lega ha deciso di proporre come pena la castrazione chimica, che vede la somministrazione di estrogeni e altri ormoni, che inibiscono la libido, a chi compie reati sessuali.

Eppure, nonostante la proposta rappresenti il pensiero di molti cittadini, 6 cittadini su 10 secondo un sondaggio di Swg nel 2019, gli esperti e le esperte hanno più volte spiegato che la castrazione chimica non è la soluzione.

A sostenerlo è stata anche l’Assemblea parlamentare del Consiglio Europeo, sostenendo che nessuna pratica di castrazione “può essere considerata legittima nel ventunesimo secolo”. Dello stesso avviso è anche il ministro della giustizia, Carlo Nordio, il quale in un articolo del 2019 ha fornito le ragioni secondo le quali la castrazione chimica non è una soluzione razionale. “Shakespeare ci insegna che una buona ragione deve cedere a una ragione migliore”.

È opportuno capire, quindi, quali sono le ragioni per cui la castrazione chimica non è una soluzione alle violenze sessuali, quali sono i problemi strutturali in Italia e cosa realmente può abbattere la cultura dello stupro. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

La castrazione chimica non è la soluzione: Nordio spiega il perché

Davanti alla violenza sessuale esercitata da sette ragazzi su una coetanea a Palermo non può che sopraggiungere rabbia, ma, come spiegò nel 2019 Carlo Nordio, all’epoca non ancora ministro della Giustizia, la castrazione chimica tanto invocata da Matteo Salvini non può essere “la soluzione” per “rieducare” - o meglio punire - chi compie un reato sessuale.

  • La castrazione chimica sarebbe opzionale per il condannato. Ciò vuol dire che chi compie violenze sessuali e accetta la castrazione chimica evita il carcere. Ciò, spiega, “sovvertirebbe completamente la struttura del nostro codice e della Costituzione”, dove la pena ha una funzione preventiva, retributiva e rieducativa: accettare la castrazione come retributiva significherebbe tornare alla pena corporale, senza contare che la funzione rieducativa si fonda sul libero convincimento, e non “sull’effetto materiale di qualche molecola”.
  • La castrazione chimica dovrebbe essere temporanea se è un surrogato della pena. Di conseguenza risulterebbe inefficace, in quanto una volta esaurito il tempo di somministrazione la “libido” tornerebbe a essere quella di un tempo - senza contare degli effetti collaterali dovuti alla sospensione di un farmaco. Nel caso in cui sia, invece, irreversibile la castrazione diventerebbe manifestamente incostituzionale.

Una terza ragione fornita dal ministro vede l’inapplicabilità della castrazione chimica alla donna che potrebbe compiere reato sessuale. Le considerazioni che si trovano alla base di tale punto non si fondano però su questioni chimiche e fisiologiche ma risultano essere viziate da alcuni stereotipi di genere, secondo i quali la violenza sessuale perpetrata dall’uomo sarebbe effetto di una “libido perversa”, mentre quella perpetrata dalla donna sarebbe effetto di ragioni e macchinazioni, quali ad esempio “la vedetta”.

Ciò mostra che ancora una volta non si è compreso il vero problema che si trova alla base della cultura dello stupro: la violenza sessuale non ha nulla a che fare con il sesso ma tutto con il potere, la libido non c’entra nulla.

Cultura dello stupro: in Italia abbiamo un problema giuridico

Che la castrazione chimica non sia “la soluzione” punitiva per i reati di violenza sessuale lo dimostrano tutte le riflessioni portate avanti negli anni nella cultura transfemminista.

Per andare alla radice del problema della violenza sessuale bisogna decostruire quella cultura dello stupro così ben radicata nella nostra cultura e nel nostro sistema legislativo. Prova ne sono le ultime sentenze di questi anni che colpevolizzano le vittime di violenze sessuali. Sentenze che, ricorda la scrittrice transfemminista Carlotta Vagnoli, non possono essere considerate “sentenze shock” ma vere e proprie violenze di Stato.

Come quella che ha assolto tre stupratori di 19 anni perché “valutarono male il consenso” della vittima che urlava di “smetterla”. Dove si legge “errore” della percezione del consenso bisogna leggere cultura dello stupro. Ma questa è solo l’ultima prova di un sistema giudiziario incapace di affrontare la violenza di genere. Basta scorrere le sentenze degli ultimi anni raccolte dallo scrittore Simone Alliva:

  • Quest’anno i giudici del tribunale di Roma hanno assolto un bidello di un istituto scolastico dall’accusa di violenza sessuale perché avrebbe toccato una studentessa per meno di “10 secondi” e poco conta che la ragazza non fosse consenziente.
  • Nel 2017 la Cassazione ha assolto due ragazzi dall’accusa di violenza sessuale perché la vittima è stata reputata “poco attraente”.
  • Nel 2017 il tribunale di Torino, ha assolto dalla accusa di violenza sessuale un operatore della Croce Rossa perché la vittima non avrebbe “reagito” urlando né piangendo ma solo dicendo “basta”.
  • Nel 2022 la corte d’appello ha ribaltato una sentenza del 2019 di violenza sessuale del gup poiché la vittima avrebbe lasciato socchiusa la porta del bagno, chiedendo a quello che reputava un amico di passarle i fazzoletti. “Un invito a osare” per la Corte d’appello di Torino.
  • Ancora nel 2021 una donna ha denunciato il marito per maltrattamenti e atti sessuali violenti, ma per il Pm l’uomo deve “vincere le resistenze” della moglie.

Violenza sessuale, la castrazione chimica non è la soluzione: bisogna decostruire la cultura dello stupro

È più che evidente che c’è un problema giuridico in Italia. La senatrice Valeria Valente, che presiede la Commissione femminicidio, segnalava nel 2022 come la magistratura non abbia un’adeguata formazione in tema di violenza di genere.

Lo Stato e il nostro sistema giuridico dovrebbero garantire l’esecuzione di una pena detentiva e allo stesso tempo garantire un percorso di rieducazione a chi compie reati sessuali, cosa che non sarebbe garantita nel caso in cui venisse applicata la castrazione chimica.

Ma la vera soluzione è agire alla radice e prevenire atti di violenza di genere tramite un programma di educazione sessuo-affettiva da portare nelle scuole, decostruendo quella cultura dello stupro così radicata nella società, che porta a giustificare atteggiamenti violenti e di prevaricazione con frasi quali “sono solamente ragazzi” o colpevolizzando la vittima (“se l’è cercata”).

Solo insegnando cosa sia il consenso e il suo valore si può decostruire una cultura machista che vede nella logica della mascolinità performativa il proprio potere. Tornando al caso dello stupro di gruppo di Palermo, ragiona Carlotta Vagnolila vittima è il mezzo con cui loro si dimostrano vicendevolmente forza, lealtà e appartenenza. Virilità. Potere” e prosegue:

Se volessimo iniziare anche solo a vedere il problema, dovremmo iniziare a umanizzare i colpevoli. Un gruppo di ragazzini ha violentato una coetanea per dimostrare il proprio valore.

Non si può parlare di branco, animali, come se l’uomo fosse incapace di controllare i propri impulsi sessuali. Questa logica di disumanizzazione degli stupratori, ripropone la stessa logica che disumanizza la vittima agli occhi di chi compie violenza sessuale, giustificando in qualche modo lo stupro e colpevolizzando chi subisce violenza: prova sono tutte le sentenze fin qui citate.

Capire che non si parla di “animali” ma di giovani, porterebbe il Governo e la società a comprendere quanto sia necessario educare alla cultura del consenso tramite programmi di educazione sessuo-affettiva e decostruire la piramide della rape culture. Eppure quegli stessi programmi spesso sono ancora ostacolati nelle scuole.

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