Comprare casa all’asta con debiti condominiali: cosa fare e come difendersi

Francesca Nunziati

6 Luglio 2022 - 09:25

Quando un immobile moroso all’interno del condominio viene venduto all’asta, spesso il ricavato è assorbito dalla banca. Vediamo in che modo il nuovo proprietario/aggiudicatario deve pagare.

Comprare casa all’asta con debiti condominiali: cosa fare e come difendersi

Tra tutti i creditori che un proprietario di casa può avere, spesso e volentieri spicca il condominio: tra spese ordinarie e straordinarie, la cifra che ciascun condomino è tenuto a pagare ogni anno può rivelarsi più o meno elevata.

Entro sei mesi dall’approvazione del riparto delle spese condominiali, l’amministratore è infatti tenuto ad agire contro i condomini morosi. E può farlo in ogni caso, anche se si tratta della prima casa e anche se l’importo scoperto è tutto sommato abbastanza esiguo, non essendoci un importo minimo al di sotto del quale il condominio non possa far valere le sue pretese.

Ora, il condominio, anche se ha ottenuto un decreto ingiuntivo ed è intervenuto nella procedura esecutiva promossa da un Istituto di credito, spesso non riesce a soddisfarsi degli importi arretrati.

Il punto è che molte volte un immobile non viene aggiudicato nel corso della prima asta, perché spesso non si presenta nessun offerente. In questi casi, si dice che l’asta è andata deserta e sarà quindi necessario organizzarne un’altra per cercare di realizzare la vendita.

Per questo motivo, a ogni asta successiva, al Giudice è data la facoltà di abbassare il prezzo base (cioè il prezzo di partenza) fino a un quarto rispetto al precedente. E così nella maggior parte dei casi, il ricavato dell’asta non basta neppure per pagare tutti i debiti.

L’amministratore ha quindi interesse a comprendere quale cifra possa essere pretesa dall’acquirente diventato nuovo condomino. In questo caso, la norma di riferimento è l’articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice Civile il quale, al comma 4, stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo alle spese relative all’anno in corso e a quello precedente.
Analizziamo insieme la questione.

Come calcolare la data dell’anno in corso

La data su cui basarsi per il calcolo dell’anno in corso e quello precedente è quella del decreto di trasferimento e non il giorno dell’asta: solitamente il trasferimento avviene qualche mese dopo. Tale termine dipende anche dal momento in cui il soggetto che si è aggiudicato il bene corrisponde il saldo di aggiudicazione.

Quando la norma parla di anno in corso e anno precedente fa riferimento alla gestione condominiale che può non coincidere con l’anno solare. La gestione condominiale potrebbe decorrere dal 1° gennaio al 31 dicembre, oppure, ad esempio, dal 1° giugno al 31 maggio.

Per individuare la gestione in corso e quella precedente, è necessario considerare la data del decreto di trasferimento e verificare all’interno di quale gestione si trova.

Se la gestione corrisponde all’anno solare e l’acquisto avviene all’interno del 2022, l’aggiudicatario si farà carico della gestione 2022 e della gestione 2021.

Se la gestione condominiale va dal 1° giugno al 31 maggio e il decreto di trasferimento è avvenuto a marzo del 2022, l’aggiudicatario si farà carico della gestione 2021/2022 e della gestione 2020/2021.

È pertanto più prudente, quando ci si avvicina alle aste immobiliari, prendere contatti con l’amministratore del condominio per conoscere la morosità che grava sull’immobile pignorato e aggiungere, al costo dell’aggiudicazione, anche le spese condominiali per l’anno in corso e per quello precedente, rispetto alla data di presumibile emissione del decreto di trasferimento

Le spese straordinarie

Tali calcoli sono importanti anche con riferimento alle spese straordinarie.

Per capire se l’importo relativo a un’opera straordinaria possa essere posta a carico dell’acquirente di un appartamento, occorre verificare che la delibera di approvazione dell’intervento (a preventivo) rientri nell’arco temporale della gestione in corso e di quella precedente.

Esempio 1

  • Gestione dal 1° gennaio al 31 dicembre;
  • decreto di trasferimento a marzo del 2022;
  • delibera di approvazione (a preventivo) dei lavori straordinari del tetto assunta ad aprile del 2021.

In questo caso, l’importo relativo ai lavori straordinari potrà essere richiesto all’acquirente del bene in quanto rientra nella fascia temporale “gestione in corso/gestione precedente” (gestione 2021 e 2022).

Esempio 2

  • Gestione dal 1° gennaio al 31 dicembre;
  • decreto di trasferimento a marzo del 2022;
  • delibera di approvazione (a preventivo) dei lavori straordinari del tetto assunta dicembre 2020.

In questo caso l’importo relativo ai lavori straordinari non potrà essere richiesto all’acquirente del bene, in quanto non rientra nella fascia temporale “gestione in corso/gestione precedente” (gestione 2022 e 2021).

A conferma di quanto fin qui esposto, si richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 7395 del 2017, con la quale è stato chiarito l’ambito di applicazione e di funzionamento del vincolo di solidarietà tra venditore e acquirente nel pagamento degli oneri/spese condominiali. in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio l’acquirente sarà tenuto al pagamento:

  1. dei contributi condominiali attinenti le opere di manutenzione ordinaria materialmente eseguite nell’anno in cui si è perfezionato l’acquisto e in quello precedente;
  2. dei contributi condominiali attinenti le opere straordinarie ovvero le innovazioni se deliberate dall’assemblea nell’anno in cui si è perfezionato l’acquisto o in quello precedente.

Pertanto, anche qualora l’approvazione della delibera di esecuzione dei lavori di straordinaria manutenzione, efficace e definitiva per tutti i condomini, sopravvenga soltanto successivamente alla stipula della vendita, l’obbligo del pagamento delle relative quote condominiali incombe sull’acquirente, non rilevando l’esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria adottata anteriormente a tale stipulazione dell’atto.

Prescrizione spese condominiali

La prescrizione degli oneri condominiali rappresenta una problematica molto diffusa in quanto, spesso, i condomini non hanno contezza del termine entro cui l’amministratore può chiedere le spese di condominio al titolare dell’immobile.

Secondo la legge il termine ordinario di prescrizione, ex art. 2946 c.c., è pari a dieci anni; la legge prevede poi una serie di ipotesi speciali di prescrizione c.d. breve, ossia inferiore al predetto termine decennale.

In particolare, secondo l’interpretazione maggioritaria, ai crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini è applicabile l’ipotesi di prescrizione quinquennale disciplinata dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c., che riguarda «gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi».

Si ritiene però che detto termine breve sia applicabile soltanto alle spese ordinarie, cioè quelle ricorrenti, come ad esempio quelle relative ai servizi, all’emolumento dell’amministratore, ecc.

Le spese straordinarie, invece, ad esempio quelle relative a lavori di rifacimento della facciata, sarebbero sottoposte all’ordinario termine decennale, in quanto dovute una tantum (si veda la sentenza del Tribunale di Roma, 22 settembre 2015).

Vuol dire che, dopo questo lasso di tempo, non si può più agire in giudizio per recuperare le somme non versate.

Per quanto riguarda i crediti condominiali, il termine di prescrizione comincia a decorrere dall’approvazione assembleare del rendiconto nel quale gli stessi sono compresi e dalla relativa contestuale ripartizione (Cass. civ., 25 febbraio 2014, n. 4489).

La decorrenza del termine di prescrizione può comunque essere interrotta dal creditore che manifesti al debitore la propria intenzione di ottenere il pagamento del dovuto. L’art. 2943 c.c., infatti, stabilisce che la prescrizione sia interrotta dalla notifica dell’atto giudiziario, o dalla domanda proposta nel corso di un giudizio nei confronti della parte costituita, o regolarmente dichiarata contumace, o «da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore».

In questi casi il termine di prescrizione ricomincia nuovamente a decorrere da tale data (art. 2945 c.c.). La richiesta di pagamento rivolta dall’amministratore al condomino debitore comporta quindi l’interruzione del termine di prescrizione.

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