Crisi di governo: perché Draghi può dimettersi davvero e la mossa per evitarlo

Giacomo Andreoli

12/07/2022

Continua lo scontro tra Conte e Draghi, con il M5s che rimane con un piede fuori dal governo, ma il presidente del Consiglio ha una strategia per salvare l’esecutivo.

Crisi di governo: perché Draghi può dimettersi davvero e la mossa per evitarlo

Lo spettro della crisi di governo è sempre più vicino. Dopo che ieri il Movimento 5 Stelle non ha partecipato al voto sul dl Aiuti alla Camera, il presidente del Consiglio Mario Draghi è salito al Colle. Con Sergio Mattarella si è intrattenuto per un’ora, in un colloquio non previsto, per parlare della situazione internazionale, ma anche e soprattutto delle tensioni nella maggioranza.

Il numero uno del governo ha illustrato al capo dello Stato i possibili scenari legati al voto finale di fiducia al decreto, atteso per giovedì al Senato. È chiaro che se i grillini non daranno il loro assenso al governo si aprirà un problema serio. Nessun escamotage: a Palazzo Madama si deve votare sì o no sia alla fiducia che al provvedimento nel merito. Se non si partecipa al voto è come un no velato all’esecutivo.

Draghi stanco delle tensioni: «Ne ho le tasche piene»

Ne ho le tasche piene” avrebbe confidato ieri Draghi al forzista Tajani, mentre lo avvisava che sulla riforma della Concorrenza, dopo le tensioni degli ultimi mesi, non avrebbe accettato una mancata liberalizzazione del mercato dei taxi. Il problema non sono solo i 5 Stelle: il presidente del Consiglio è stanco dei continui distinguo anche della Lega, che ha annunciato che d’ora in poi voterà solo i provvedimenti che condivide.

Se giovedì non arriverà la fiducia da parte dei pentastellati e nel frattempo non ci sarà alcun chiarimento o distensione tra Conte e Draghi, il rischio è che ci possa essere una sorta di “tana libera tutti”, con il Carroccio che si sentirebbe legittimato ad alzare l’asticella delle richieste e il Pd che verrebbe travolto dal trauma dell’alleato che non è più “responsabile”.

Per questo il presidente del Consiglio avrebbe detto a Tajani che non vuole che la situazione si trascini a lungo. In tal caso salirà lui stesso al Quirinale, forse anticipando addirittura l’uscita formale del Movimento 5 Stelle dalla maggioranza.

Il caos nel M5s e la strategia di Draghi

Nel frattempo la dirigenza del Pd è incollata al telefono con i colleghi grillini per provare a placare le tensioni. Diversi deputati e senatori dei 5 Stelle, d’altronde, sono spaventati da una rottura improvvisa, che potrebbe portare ad elezioni anticipate, inclinando l’alleanza con i dem prima che si sia risolto il nodo del doppio mandato. Insomma, prima che si capisca chi e come si può ricandidare.

Anche per questo, secondo Il Corriere della Sera, Federico D’Incà, ministro pentastellato per i rapporti con il Parlamento, avrebbe telefonato al capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli per placare gli animi dopo che Berlusconi aveva chiesto una verifica di maggioranza.

Secondo diversi retroscena, comunque, a Palazzo Chigi si parla di un Draghi che, nonostante la stanchezza, è determinato a evitare fino all’ultimo la crisi. Ieri avrebbe spiegato a Mattarella che lo strappo non ci sarà, dicendo come intende muoversi. La strategia sarebbe chiara: non mettersi a trattare in modo palese con Conte, ma annunciare un pacchetto di interventi sul tema lavoro, che non a caso è proprio quello su cui l’ex presidente del Consiglio preme di più.

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha pronta una proposta per rafforzare la contrattazione sindacale e andare incontro alla direttiva europea sul salario minimo, con il tema al centro dell’incontro di oggi con Cgil, Cisl e Uil. Insomma, non un via libera al disegno di legge 5 Stelle depositato in Parlamento, ma comunque un passo verso Conte, a cui si aggiunge un intervento sul cuneo fiscale e le buste paga.

Un primo assaggio dovrebbe arrivare con un apposito decreto a luglio annunciato dal sottosegretario Roberto Garofoli (per ridurre il caro-bollette e aumentare i salari), poi si dovrebbero ricavare diversi miliardi per la legge di Bilancio, per ridurre la differenza tra il lordo e il netto delle buste paga. In tutto si potrebbero mettere in campo 13 miliardi di euro, in parte ora, in parte a ottobre.

L’incognita Mattarella: manderebbe l’Italia al voto?

In tutto ciò, però, rimane l’incognita di Mattarella. Il Pd ha detto che in caso di caduta del governo non ci sarebbe un Draghi bis e lo stesso lo pensa la Lega. Ma davvero, qualora il presidente del Consiglio si dimettesse, il capo dello Stato manderebbe l’Italia al voto? C’è da fare una legge di Bilancio, portare avanti il Pnrr e sostenere le richieste italiane sui tavoli europei vista la crisi economica internazionale (vedi il tetto europeo al prezzo del gas). Difficilmente, quindi, Mattarella eviterebbe un tentativo per costruire una nuova maggioranza. Un’opzione a cui difficilmente i dem e la parte più governista della Lega direbbero di no.

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