Presto tutti conosceranno lo stipendio di tutti

Simone Micocci

8 Maggio 2024 - 11:47

Sta per cambiare la normativa sulla trasparenza degli stipendi. Addio al divieto di segreto salariale, tutti conosceranno lo stipendio di tutti (ma con tutela della privacy).

Presto tutti conosceranno lo stipendio di tutti

Entro il 2026 tutti gli Stati membri europei, Italia compresa ovviamente, dovranno adeguarsi alla nuova direttiva Ue n. 2023/970, la quale tra le tante novità prevede una maggiore trasparenza da parte delle aziende rispetto alla politica salariale applicata.

Nel dettaglio, la nuova direttiva impone alle imprese di informare ogni lavoratore su qual è la paga media percepita dai colleghi che svolgono le stesse mansioni, con lo stesso inquadramento e livello contrattuale.

Insomma, arriverà il momento in cui tutti conosceremo lo stipendio di tutti? Possibile, per quanto comunque le informazioni a cui si potrà avere accesso sono generiche e non individuali. Non si conoscerà quindi direttamente qual è la busta paga di un collega, per quanto nelle realtà più piccole ovviamente questa informazione sarà facilmente recuperabile.

Le ragioni dell’addio al divieto di segreto salariale

Va detto che specialmente in Italia, dove sembra esserci una sorta di tabù rispetto al confrontarsi sullo stipendio percepito, questa novità potrebbe comportare notevoli vantaggio.

Alzi la mano chi conosce con esattezza qual è la busta paga percepita da un proprio collega; probabilmente pochi. Con la nuova direttiva, a cui l’Italia come pure gli altri Paesi dell’area Ue dovranno adeguarsi entro il 2026, e con la venuta meno del divieto di segreto salariale, le cose potrebbero cambiare.

E non bisogna guardare in negativo a questa novità, in quanto le ragioni che hanno mosso l’Unione Europea nel prendere una tale decisione sono orientate a migliorare la situazione risolvendo alcuni di quei problemi che ancora attanagliano il mercato del lavoro.

Ad esempio, permettere a ogni lavoratore di conoscere quanto guadagnano in media gli altri colleghi impiegati nello stesso settore e con lo stesso inquadramento contrattuale potrebbe rappresentare una soluzione definitiva contro il gender gap, ossia la differenza di stipendio che ancora oggi c’è tra uomini e donne (superiore al 13% secondo l’ultimo Global gender gap report).

Qualsiasi discriminazione sul posto di lavoro, quindi, diventerebbe vietata. Come vedremo di seguito, infatti, al lavoratore viene data la possibilità di intervenire direttamente per chiedere di essere trattato al pari dei suoi colleghi.

Cosa potrà fare il lavoratore

Come anticipato, la direttiva in oggetto riconosce a ogni lavoratore il diritto di informazione riguardo alle politiche stipendiali adottate in azienda. Questi, infatti, potranno richiedere all’azienda di conoscere il livello retributivo medio, anche ripartito per sesso, di tutta la categoria di colleghi che svolgono le stesse mansioni (o comunque similari).

È chiaro quindi che si tratta di una tutela fondamentale per il lavoratore in quanto va in direzione di una maggiore trasparenza retributiva.

E non solo, perché laddove dovessero emergere delle sperequazioni il lavoratore potrà intervenire per chiedere un miglioramento del trattamento economico percepito. Nel caso in cui dalle informazioni richieste dovesse emergere un divario retributivo pari o superiore al 2,5% il datore di lavoro sarebbe obbligato a intervenire per riequilibrare gli stipendi.

Sarà poi compito degli Stati membri nell’adeguarsi alla suddetta direttiva, fissare delle sanzioni per i datori di lavoro che entro un certo termine (anche questo da definire) non effettueranno le correzioni necessarie.

Non si conoscerà lo stipendio del singolo

Ribadiamo che la direttiva Ue non va a minare il diritto alla privacy, in quanto il datore di lavoro non sarà obbligato a comunicare l’ammontare delle retribuzioni dei singoli ma solo l’ammontare medio di chi svolge mansioni comparabili.

Di fatto, non si scoprirà se un collega guadagna più di un altro, ma solo se il proprio stipendio è in linea con i parametri medi fissati dall’azienda. E attenzione, perché agli Stati membri viene data la possibilità di intervenire in favore di una maggiore tutela della privacy dei singoli lavoratori, ad esempio consentendo che a fare richiesta della retribuzione media percepita siano solamente i sindacati, gli ispettori del lavoro nonché gli organismi incaricati di promuovere la parità di genere.

Le buste paga resteranno quindi private, per quanto comunque è discrezione del singolo lavoratore valutare se rinunciare o meno alle tutele garantite dalla legge, rendendo quindi pubblico il proprio guadagno.

Argomenti

Iscriviti a Money.it