Trading e investimenti, è possibile individuare i minimi di mercato?

David Pascucci

14 Febbraio 2023 - 08:57

Esiste una combinazione ideale per identificare i minimi di mercato? A quanto pare sì, ma con le dovute precauzioni.

Trading e investimenti, è possibile individuare i minimi di mercato?

Suona come una vera e propria provocazione quella di riuscire a individuare i minimi di mercato, eppure esistono delle condizioni macroeconomiche e tecniche che permettono in modo approssimativo di individuarli. Come è possibile? Come fatto con l’articolo dove abbiamo visto l’importanza del tasso di disoccupazione come elemento utile a capire le fasi di mercato, a patto che esso sia messo in relazione a determinate condizioni macroeconomiche, possiamo identificare una condizione macroeconomica “ideale” per vedere una situazione di minimo di mercato di lungo periodo, una sorta di condizione dalla quale non si può peggiorare ulteriormente a meno che non ci sia un crollo del sistema economico.

Questa situazione verrà messa in relazione alla precedente analisi della correlazione tra tasso di disoccupazione e andamento del mercato azionario negli ultimi 30 anni, dove prendevamo l’andamento del Nasdaq a time frame un mese e il tasso di disoccupazione Usa, anch’esso a time frame un mese. Questa analisi è visibile anche nel canale YouTube di Money.it nella rubrica Trading Time, video dove si spiega meglio questa correlazione.

Inflazione alta, tassi in aumento e disoccupazione in aumento

Il titolo del paragrafo dice tutto rispetto alla condizione ideale per vedere un minimo di mercato. In sostanza, una situazione di inflazione alta è una situazione in cui le banche centrali non vogliono stare e come sappiamo, è relativamente più facile far scendere l’inflazione rispetto a farla salire. Sembra una follia ciò che è stato scritto, ma non ci troviamo più negli anni 30 o negli anni 70 dove le politiche economiche e la struttura del mercato monetario era molto frammentata e ogni nazione aveva la sua economia e le sue banche centrali avendo quindi una situazione di indipendenza su tutti i fronti.

Difficilmente potremmo vedere una situazione di inflazione molto elevata in economie che condividono una sistema economico e finanziario diverso, vedi ad esempio l’Europa con le sue diverse nazioni che la compongono, così come gli Stati Uniti composti per l’appunto dagli stati federali che anch’essi hanno delle loro regole interne in termini di politiche economiche e fiscali. In sostanza, questo sistema finanziario è storicamente progettato per evitare dinamiche di iperinflazione per mezzo di un maggior controllo sulla moneta da parte delle banche centrali.

In sostanza, l’incidenza di un aumento dei tassi da parte delle banche centrali ha un’influenza nettamente maggiore rispetto ai decenni dello scorso secolo, pertanto è probabilmente molto difficile vedere una situazione di iper-inflazione. Alcuni infatti hanno parlato di questa fase di mercato come la peggiore da quando esiste l’euro in termini di inflazione, tant’è che si è parlato di una situazione di iper-inflazione anche se questa ancora non è presente pur stando ben al di sopra dei target del 2%. In sostanza, è molto più facile controllare l’inflazione con i tassi di interesse in aumento e pertanto l’aumento dei tassi di interesse porta a un quasi inevitabile calo dell’inflazione.

Attenzione, il calo dell’inflazione deve essere accompagnato da una situazione di rallentamento economico che porta a un calo di produttività e un conseguente peggioramento del mercato del lavoro con un incremento del tasso di disoccupazione. Bene, siamo arrivati al dunque, al tasso di disoccupazione che incrementa di conseguenza al calo di liquidità dovuto dalle politiche delle banche centrali. Analizziamo ora questo punto.

Tasso di disoccupazione come indicatore?

Il tasso di disoccupazione si configura come ultimo anello della catena, divenendo un vero e proprio indicatore di sentiment per le banche centrali e non solo. Come succede in matematica, ipotizziamo per assurdo che il tasso di disoccupazione salga a livelli storici mai visti, come si muoverà una banca centrale in questa situazione?

Innanzitutto si presume che a un tasso di disoccupazione molto alto ne segue un’inflazione in forte discesa, quindi una condizione ideale per le banche centrali per abbassare i tassi di interesse, reimmettere liquidità all’interno del sistema economico-finanziario per poi far ripartire tutta l’economia. Ricordiamo anche che le politiche delle banche centrali sono dei driver per le decisioni di investimento in quanto l’ammontare di liquidità presente nel sistema dovrà essere allocato presso i mercati finanziari. In sostanza, un ipotetico massimo storico del tasso di disoccupazione andrebbe a coincidere con una ripartenza dell’economia, una sorta di indicatore di minimo dell’economia.

In pratica, quando rivedremo il tasso di disoccupazione sui massimi, in corrispondenza di un’inflazione in discesa e dei tassi sostanzialmente fermi, allora potremmo parlare di minimo di mercato. Questa condizione attualmente è ancora lontana, ossia, abbiamo un’inflazione alta, delle banche centrali che stanno ancora aumentando i tassi di interesse e un tasso di disoccupazione sui minimi assoluti. In pratica, ci troviamo nella situazione in cui siamo sui massimi di mercato, pronti per un rialzo del tasso di disoccupazione che, come abbiamo visto nell’articolo sula correlazione tra disoccupazione e mercati, coincide con l’inizio di una fase ribassista di mercato.

Inoltre, questa condizione spiega anche questa fase rialzista alla quale stiamo assistendo da qualche settimana a questa parte, una situazione che molti operatori non riescono a spiegarsi se non con una diminuzione del tasso di disoccupazione che, guarda caso, coincide proprio con ulteriori accelerazioni rialziste dei mercati. Inoltre abbiamo le banche centrali che hanno affermato, specialmente la Fed americana, che si aumenteranno i tassi fino a che non vedremo un rientro dell’inflazione all’interno dei target previsti.

Al momento quindi dobbiamo attendere il calo dell’inflazione e le ripercussioni dell’aumento dei tassi all’interno dell’economia per poter vedere una fase recessiva. Solamente una fase recessiva porta a un aumento del tasso di disoccupazione e di fatto l’inizio di una vera e propria discesa dei mercati. In pratica siamo oltre metà strada in quanto manca ancora la fase di recessione e l’aumento del tasso di disoccupazione, in sostanza manca ancora un po’ di tempo prima di vedere un vero e proprio crollo del mercato.

Possiamo concludere dicendo che, non solo un aumento del tasso di disoccupazione coincide con una fase ribassista di lungo periodo del mercato, ma possiamo anche dire che un livello molto alto del tasso di disoccupazione coincide con i minimi di mercato di lungo periodo, minimi che potrebbero reggere le quotazioni per gli anni a venire.

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