Bloomberg: nel 2016 il dollaro sarà ancora una delle valute più forti

Chiara Puccioni

06/01/2016

Secondo Bloomberg il dollaro sta per entrare nel terzo rally dal 1971: riusciranno gli USA a mantenere il tasso di crescita atteso?

Bloomberg: nel 2016 il dollaro sarà ancora una delle valute più forti

Secondo un’analisi recentemente pubblicata da Bloomberg, il 2016 sarà ancora l’anno del dollaro. Dopo 3 anni consecutivi di crescita, cominciati durante il secondo mandato del Presidente Barak Obama, gli analisti continuano a credere nella divisa americana, prevedendo un rafforzamento del biglietto verde contro almeno 7 delle valute più importanti. Restano escluse solamente il dollaro canadese, la sterlina e la corona norvegese. In particolare, i guadagni più consistenti saranno realizzati contro il dollaro neo-zelandese e australiano, oltre che contro il franco svizzero.

Se queste previsioni si rivelassero corrette, saremmo di fronte già al terzo rally, periodo di crescita sostenuta del dollaro, dal 1971, anno in cui gli Stati Uniti uscirono dal Sistema Aureo (gold standard) abolendo la convertibilità del dollaro in oro e decretando di fatto la nascita del sistema dei cambi fluttuante. Infatti, già durante la presidenza di Ronald Reagan e Bill Clinton si sono verificati due dei periodi più duraturi di crescita del biglietto verde ed in entrambi i casi la crescita non si è fermata al quarto anno. Nel primo caso, il dollaro si è confermato una valuta forte per 6 anni consecutivi, dal 1979 al 1984, mentre Reagan diminuiva la pressione fiscale e la Fed alzava i tassi d’interesse. Nel secondo, dal 1996 al 2001, il dollaro è cresciuto per 5 anni.

Sembra quindi che la valuta americana sia entrata nuovamente in un trend positivo, destinato a durare. In un primo periodo, dal 2013, quando la Fed ha cominciato a porre un freno alla politica di forte stimolo monetario che portava avanti dalla recessione del 2007-2009, la strategia della banca centrale statunitense ha creato una forte aspettativa di successivi rialzi nei tassi d’interesse. Il che ha influenzato la crescita del dollaro, in quanto un investitore che avesse detenuto valuta americana sarebbe stato pagato di più rispetto a detentori di altre valute. Quando invece lo scorso mese la Fed ha finalmente aumentato i tassi dello 0,25%, realizzando il primo rialzo dopo quasi 10 anni, ha anche dichiarato la propria intenzione di continuare questo trend con altri 4 aumenti dei tassi quest’anno, in parallelo alla crescita economica. Di nuovo quindi l’aspettativa di rialzo ha fatto crescere il valore del dollaro.

Cosa succederà se invece la crescita economica statunitense non dovesse dimostrarsi così florida? Effettivamente i primi dati non sono incoraggianti: i dati usciti sull’andamento del manifatturiero non disegnano un quadro roseo, ma anzi di rallentamento, principalmente a causa degli investimenti nel settore petrolifero e della frenata dell’export, anche a causa della crisi cinese. In questo senso, i continui segnali negativi dalla finanza e dall’economia reale, con il rallentamento della crescita USA, potrebbero influire negativamente sulle aspettative degli investitori rispetto alle tempistiche e all’ordine di grandezza delle prossime mosse della Fed.

Non resta quindi che aspettare di vedere come proseguirà il 2016, a partire dai dati sull’occupazione statunitense in previsione di uscita per venerdì: a dicembre 2015 si dovrebbe essere registrato un aumento di 200 mila nuovi lavoratori.
Resta in ogni caso evidente che, in questo inizio 2016 di incertezza e crollo dei mercati cinesi, il dollaro USA e lo yuan giapponese continuano a giocare il ruolo di valute rifugio. Vedremo poi se nel corso dell’anno le aspettative riguardo i prossimi rialzi della Fed e la crescita dell’economia USA si confermeranno esatte.

Fonte: BloombergBusiness - Ari Altstedter

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