Come aprire un’associazione no profit?

Felice Bianchini

02/12/2021

Una guida alla creazione di un’associazione no profit: come aprire, requisiti e tutto ciò che serve sapere.

Come aprire un’associazione no profit?

Nel nostro sistema economico esistono tre cosiddetti settori: il primo è lo Stato, il secondo è il Mercato e il terzo il mondo del no profit.

Il movente del profitto, infatti, non è l’unico possibile quando si vuole mettere in piedi un’attività economica. La socialità, la promozione di attività ludiche e culturali, senza la ricerca di un surplus in denaro, è un movente altrettanto diffuso e che caratterizza il mondo no profit.

In sintesi, chi decide di dare vita a un’associazione no profit è un libero privato (un insieme di liberi privati) che persegue un fine diverso da quello del profitto. Ma come si apre un’associazione no profit?

Come aprire un’associazione no profit

Per semplicità, possiamo dividere la vita e il lavoro di creazione di un’associazione no profit in 3 fasi:

  1. fase di fondazione;
  2. fase di registrazione;
  3. fase di avviamento;

Ogni fase è estremamente diversa dall’altra, ha le sue difficoltà e i suoi costi. Vediamo quali sono.

1) La fase di costituzione

La prima cosa da fare se si vuole dar vita a un’associazione no profit è avere dei soci, dei compagni di viaggio che condividano la stessa necessità di creare una nuova attività.

Solitamente, è cosa buona e giusta essere almeno in quattro persone, di modo da coprire le cariche fondamentali di ogni associazione:

  • Presidente
  • Vice-Presidente
  • Segretario
  • Cassiere

Dopo aver trovato le persone con qui costituire un’associazione no profit, bisogna stabilire gli obiettivi. Se, per esempio, la volontà è di creare una squadra di calcio, la soluzione giuridica sarà un’associazione sportiva dilettantistica (ASD).

Il terzo step è la formalizzazione del soggetto che cui si vuole dar vita, con due atti:

  • Atto costitutivo
  • Statuto

L’atto costitutivo è un documento in cui i quattro o più soci affermano la volontà di costituire un ente, con quali finalità e con quali mezzi e per quanto tempo. A questo viene allegato lo statuto, che non è altro che l’insieme di regole che reggono l’Associazione e che ne descrivono l’organizzazione interna (organi, cariche, quote societarie, modalità di iscrizione di nuovi soci, ecc.).

Dopo che sono stati redatti questi documenti, si può passare alla seconda fase.

2) La fase di registrazione

La seconda fase, detta di registrazione, consiste appunto nel registrare l’associazione, nel portarla a conoscenza dello Stato e della comunità, iscrivendola nel registro dell’Agenzia delle entrate entro 20 giorni dalla data di costituzione.

Per portare a termine la pratica di registrazione è necessario:

  • consegnare una copia di atto costitutivo e statuto, dopo aver applicato una marca da bollo (del costo di 16 euro) per ogni 100 righe di testo, facendo attenzione che le marche da bollo siano datate al giorno prima o al giorno stesso della costituzione (sono esentate dal pagamento ODV e ASD);
  • pagare la cosiddetta imposta di registro (esentate solo ODV), utilizzando il modello F24 (200 euro);
  • richiedere il rilascio del codice fiscale, fondamentale per ogni forma di attività economica dell’Associazione (in caso di attività commerciale continuata e non saltuaria va anche accesa una partita IVA);
  • consegnare compilato e firmato il modello 69 (documento per la richiesta di registrazione).
Come compilare il modello 69
Guida alla compilazione del modello 69 dell’Agenzia delle Entrate.

Dopo aver portato a termine tutti i passaggi, l’associazione sarà ufficialmente registrata.

La fase di avviamento

Fino alla fase d’avviamento l’attività è interamente dedicata a dichiarazioni di intenti e burocrazia. L’ultima fase, la più delicata, è quella di avviamento, in quanto mette i soci di fronte al problema dei problemi: il reperimento di fondi.

Un’associazione no profit, non emettendo obbligazioni e in generale non contraendo debiti, ha tre strade per trovare la liquidità necessaria:

  1. autofinanziamento: la via di finanziamento più immediata è quella delle tasche dei soci, che di default pagano una quota associativa ogni anno, come previsto da qualsiasi Statuto;
  2. sponsorizzazione: se si vuole raschiare il meno possibile il proprio portafoglio, la strada più gettonata è quella di mettere in piedi una rete di partner che, fino a un massimo di 200 mila euro, possono erogare fondi alle associazioni, in cambio di pubblicità e vantaggi fiscali - nel caso delle associazioni sportive dilettantistiche, la somma erogata da un’azienda è interamente deducibile, mentre per le persone fisiche è deducibile il 19%;
  3. ricavi da attività commerciale: l’ultima possibilità è ricavare fondi dalla vendita di prodotti, che, come detto, se è resa strutturale, richiede l’apertura della partita IVA.

Dopo aver risolto i problemi di copertura dei costi e di equilibrio finanziario, l’Associazione può proseguire indisturbata la sua attività.

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