Investimento value o growth: quale scegliere?

Roberto Donzelli

17 Giugno 2021 - 20:10

Tra lo stile di investimento «value» o l’investire in società «growth» qual è la scelta migliore oggi?

Investimento value o growth: quale scegliere?

Warren Buffett, Benjamin Graham e decine di altre leggende di Wall Street hanno costruito il loro nome con la capacità di scegliere aziende sottovalutate rispetto al loro «valore intrinseco» - operazione diventata nota come value investing. Questa sottovalutazione viene «scovata» facendo riferimento a parametri come il rapporto prezzo/utile, prezzo/book value, dividend yield e altri.

Altri investitori, invece, hanno fatto fortuna puntando su aziende che presentavano elevate prospettive di crescita di vendite, quote di mercato e profitti, nonostante valori di bilancio attuali piuttosto incerti (growth investing). È un po’ il caso degli imprenditori della tecnologia che hanno guadagnato miliardi sviluppando il business dell’azienda da loro creata, oppure dei vari venture capital e fondi che hanno scommesso su una o più di queste aziende.

È la classica «guerra» tra investitori «value» e investitori «growth». Ma quali sono le differenze tra le società sulle quali questi investono?

Differenze tra value e growth investing

Le differenze principali tra value e growth investing risiedono nella tipologia di società sulle quali chi segue uno o l’altro stile di investimento decide di puntare.

Cos’è un’azienda value

Semplificando, un’azienda value è un’azienda che oggi vale 100, in futuro potrebbe valere, ad esempio, 120, ha prospettive di aumento di valore piuttosto contenute ma può essere comprata al prezzo attuale di 30. Sebbene l’upside del titolo rispetto al valore odierno sia solo del 20%, grazie alla forte sottovalutazione l’investitore potrebbe arrivare persino a quadruplicare il capitale.

La bravura dell’investitore value è proprio scovare questo differenziale tra prezzo e valore. Un’azienda potrebbe quotare 30 per tutti i motivi del mondo oppure perché veramente vale 30. In quest’ultimo caso, l’investimento non produrrebbe certo i guadagni attesi. Ma se veramente si riuscisse a individuare il differenziale, allora i possibili profitti potrebbero essere notevoli.

Come scovare questo differenziale? Generalmente gli investitori value guardano i multipli di mercato, cercando tra le aziende con i multipli inferiori alla media del loro settore e settori con multipli inferiori alla media generale. Spesso si cerca tra settori o singole società che sono fuori moda o cadute temporaneamente in disgrazia. Il lavoro non è facile, i rischi sono presenti, ma le ricompense potenziali sono notevoli.

In genere queste società operano in settori stabili e maturi, sono marchi noti e società consolidate con business semplici, remunerano gli azionisti con dividendi e chiedono poco o nulla come fabbisogno di capitale

Cos’è un’azienda growth

Le aziende growth, per contro, sono società che operano in settori o nicchie dal potenziale notevole. Possono essere società tecnologiche o con marchi molto forti o che si stanno affermando rapidamente.

I tassi annuali di crescita delle vendite sono a due cifre, spesso superiori al 20-30% l’anno. Queste aziende solitamente sono in perdita o hanno profitti minimi, perché reinvestono tutto per scalare il business ed espandere rapidamente il mercato, occupando gli spazi contro i concorrenti potenziali. Per questi rinvestimenti i flussi derivanti dai ricavi possono non essere sufficienti e quindi queste società richiedono aumenti di capitale o finanziamenti bancari e/o obbligazionari.

Le aziende di questo tipo sono di frequente start-up o aziende molto giovani, i tassi di fallimento sono notevoli, ma quelle poche che sopravvivono e che si affermano come leader di settore danno agli investitori iniziali rendimenti che nessuna società value potrebbe garantire.

Investire value o investire growth?

Tanto il «value factor» quanto il «momentum factor», connesso allo stile growth, sono considerati dagli studiosi dei mercati come fattori in grado di fornire extra-performance rispetto alla media di mercato. Entrambe, insomma, sono delle «anomalie» ben note e riconosciute rispetto alla teoria dei mercati efficienti.

A ben vedere, però, investire seguendo una logica value piuttosto che growth/momentum potrebbe non essere la scelta più ovvia. Questo perché scovare questi fattori è tutt’altro che facile e le sovra-performance sono spesso frutto di situazioni temporanee.

Ad esempio, il recente boom dello stile growth/momentum, che negli ultimi 3-4 anni ha letteralmente sovrastato lo stile value e la media di mercato, è frutto di elementi contingenti quali una forte ondata di sviluppo tecnologico e la caduta dei tassi di interesse che ha favorito aziende in fase di start-up che necessitano finanziamenti e prezzi delle materie prime bassi.

Per contro le azioni value, che per decenni hanno sovraperformato, si sono trovate di colpo a registrare nello stesso periodo una delle performance peggiori della loro storia. Tuttavia, recentemente è iniziata una riscossa per questo genere di titoli ma, anche in questo caso, i motivi sono alquanto contingenti: forte attesa di ripresa economica nei settori tradizionali, valutazioni relative rispetto ai titoli growth ai minimi storici, ecc.

Pensare di riuscire a trovare sempre il giusto timing sui titoli value o momentum non è sempre facile.

Non è detto che sia necessario fare questa scelta tra titoli growth/momentum e titoli value, grazie ad alcuni ETF su indici ben diversificati, come l’MSCI World o l’S&P500 o anche indici sull’intera area euro o Europa, che al loro interno detengono entrambe le tipologie di titoli.

Allo stesso tempo, per chi preferisce i singoli titoli, il suggerimento è di concentrarsi su società che mettono insieme la capacità di crescere decentemente da un lato e multipli non troppo elevati dall’altro. Un po’ quelle azioni che il leggendario gestore Peter Lynch chiamava «growth at reasonable price», cioè aziende che crescono ma che hanno anche prezzi ragionevoli.

In questo modo, a seconda delle situazioni, si possono avere più titoli value o più titoli growth, ma senza prendere comunque una via troppo integralista che in certi frangenti può compromettere il rendimento.

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