Myanmar, situazione fuori controllo: 19 condanne a morte

Marco Ciotola

11/04/2021

19 persone sono state condannate a morte dal governo militare che ha preso il potere in Myanmar. Scenario sempre più preoccupante

Myanmar, situazione fuori controllo: 19 condanne a morte

19 persone sono state condannate a morte in Myanmar da parte del governo militare che ha preso il potere ormai dallo scorso febbraio.

Dopo oltre 700 manifestanti morti in quella che si continua a mostrare come una delle più sanguinose repressioni degli ultimi decenni, sono pronti ora ad aggiungersi altri decessi, stavolta stabiliti da una corte militare che ha deciso per la pena capitale.

L’accusa per i 19 è quella di aver contribuito all’uccisione di un vicecapitano dell’esercito, lo scorso 27 marzo nel distretto di North Okkalapa a Yangon, la maggiore città del Myanmar e cuore delle proteste della popolazione, che chiede a gran voce il ritorno dell’esecutivo democraticamente eletto.

La pena è consentita dalla legge marziale attualmente istituita all’interno di tutto il distretto.

Myanmar, situazione fuori controllo: 19 condanne a morte

Anche dalle recenti dichiarazioni shock del generale Zaw Min Tun - che ha praticamente attribuito la responsabilità delle morti agli stessi manifestanti - si capisce che le intenzioni della giunta militare sono quelle di restare al potere il più a lungo possibile.

Lo stesso generale ha evidenziato la possibilità che lo stato di emergenza duri altri sei mesi o più, con le urne che potrebbero quindi arrivare “entro due anni da ora”.

In un simile scenario di truppe che sparano granate contro i manifestanti e annunciano senza mezzi termini proiettili ad altezza d’uomo, i morti continuano ad aumentare e solo mercoledì 10 persone sono state uccise dai militari e i loro corpi sistemati all’interno di una pagoda.

Secondo diversi gruppi di attivisti sono 714 le persone uccise finora, tra cui 48 bambini, mentre almeno 2.800 sono le persone incarcerate. Tra queste anche i 19 condannati a morte per aver contribuito all’uccisione di un vicecapitano di polizia proprio nel corso delle quotidiane proteste dei manifestanti represse con la violenza dai militari.

Una situazione davvero al collasso per il Paese, al punto che Zin Mar Aung, ministro degli esteri e tra le figure politiche estromesse dalla giunta militare, ha pronunciato un vero e proprio appello alle comunità internazionali, esortandole a un intervento:

“Il nostro popolo è pronto a pagare qualsiasi costo per riavere i propri diritti e la propria libertà. Il Myanmar è sull’orlo del fallimento dello stato, del collasso, occorre fare qualcosa e occorre farlo prima che sia troppo tardi”.

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