Wall Street ora scommette sul lockdown. Il contagio da microchip non ha vaccino

Mauro Bottarelli

20 Agosto 2021 - 14:00

Negli ultimi giorni, i titoli cosiddetti «Stay at home» hanno stracciato i «Get out and party». E i segnali per una chiusura in arrivo si moltiplicano, mentre l’industria già rallenta in mezzo mondo

Wall Street ora scommette sul lockdown. Il contagio da microchip non ha vaccino

Nel giorno in cui il Wall Street Journal informava su un cable classificato inviato il 13 luglio scorso da 23 funzionari dell’ambasciata di Kabul al segretario di Stato Anthon Blinken, nel quale lo si metteva in guardia sulle conseguenze del ritiro e si fornivano già suggerimenti per l’evacuazione del personale, si scopre anche dell’altro. Ovvero che il 18 agosto, in pieno caos afghano, tre senatori democratici hanno trovato il tempo di prendere carta e penna per scrivere alle autorità di Taiwan. Argomento della missiva? Sollecitare un aiuto nella fornitura di microchip per il settore automobilistico Usa.

Il tutto, dopo che il 4 agosto il medesimo Dipartimento di Stato ora nell’occhio del ciclone per quella segnalazione ignorata, ha autorizzato la vendita di armamenti a Taipei per 750 milioni di dollari. Nella loro missiva inviata al de facto ambasciatore di Taiwan a Washington, Hsiao Bi-khim, i tre politici - Gary Peters, Debbie Stabenow e Sherrod Brown - non usavano giri di parole: serve un intervento diretto. E serve ora. D’altronde, la situazione appare in rapido deterioramento. Toyota e Volkswagen hanno già annunciato tagli alla produzione a settembre, mentre Ford e General Motors hanno sospeso l’attività di alcune linee di produzione in Nord America. La ragione, sempre la stessa: manca la componentistica dei semi-conduttori.

E la situazione non appare certo di rapida risoluzione. Perché al netto degli acquisti strategici di massa compiuti da Pechino prima della pandemia, capaci di tramutare la Cina nel vero player della situazione, creare dal nulla fabbriche di microchip non è operazione facile. Soprattutto in un mondo in cui l’illusione di un Qe taumaturgico ha spinto le aziende a tagliare il CapEx per operare buybacks di massa che alzassero le valutazioni, abbassassero il flottante e, soprattutto, garantissero dividendi e bonus. Oggi, poi, il combinato di prezzi del trasporto via container alle stelle, congestione dei principali porti a causa di ritardi sulla supply chain ed emergenza da variante Delta rischia di far degenerare del tutto il quadro.

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Fonte: Bloomberg

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Fonte: Bloomberg

L’autunno, insomma, appare tutt’altro che roseo per l’economia reale. Come testimoniato dalle aziende automobilistiche, avanguardia di un settore industriale che a cascata vedrà sempre più comparti colpiti al cuore dalla scarsità di componenti e aumento dei prezzi a strizzare i margini. Ed è in contesto simile che è accaduto questo:

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Fonte: Bloomberg/Zerohedge
a Wall Street, il basket di titoli più legati a una prospettiva di nuovo lockdown negli ultimi giorni è andato in netta out-performance su quello cosiddetto get out and party, ovvero azioni di aziende che beneficiano dalle riaperture. La cronaca, d’altronde, giustifica il trend.

Dopo il lockdown in Nuova Zelanda e il prolungamento di quello giapponese, l’Australia ha deciso di restare in stato di massima allerta fino alla fine di settembre. E ora a spaventare è la fabbrica del mondo, quel Far East a forte rischio di blocco totale dell’output, Vietnam in testa. Ma è proprio la stessa America che vede la sua piazza finanziaria ormai quasi rassegnata a un nuova, forzata serrata delle economie che invia segnali sempre più preoccupanti. Primo, come mostrano questi grafici,

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Fonte: Bloomberg

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Fonte: Bloomberg
ora sono le terapie intensive ad essere andate in sofferenze in alcuni Stati chiave della nuova ondata. Secondo, di colpo il Cdc ha archiviato la discussione sui cosiddetti booster vaccinali, spostando l’attenzione sul dibattito relativo alla terza dose. Un chiaro segnale di allarme, visto che Pfizer non più tardi di due giorni fa aveva presentato proprio la richiesta di pre-autorizzazione per il suo farmaco di mantenimento post-immunizzazione.

Terzo, dopo Amazon anche Apple ha rinviato il ritorno in presenza dei propri dipendenti almeno fino a gennaio 2022, mentre le banche d’affari come Goldman Sachs e Morgan Stanley - che per prime avevano annunciato la fine dello smart working - stanno implementando in fretta e furia le nuove regole interne di comportamento. Fra cui, l’obbligo di mascherina in ufficio. Per tutti, immunizzati totali compresi. Quarto, lo stesso Cdc in collaborazione con la Food and Drugs Administration ha messo nuovamente sotto revisione il vaccino di Moderna per verificare la possibilità di eventi avversi a livello cardiaco.

Quinto e più preoccupante, il fatto che un giornale tutt’altro che annoverabile nelle fila della stampa complottista o no-vax come il Financial Times oggi abbia pubblicato questi due grafici,

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Fonte: Financial Times

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Fonte: Financial Times
corredando il servizio con un titolo che di per sé è già tutto un programma: Are vaccines becoming less effective at preventing Covid infection? Domanda tutt’altro che peregrina, stante i dati allarmanti che giungono ad esempio da Israele, nazione avanguardista nell’immunizzazione di massa e che ora sta registrando contagi e ospedalizzazioni record.

Insomma, guardando all’orticello di casa, il rischio molto serio è che il nostro Paese, dove il dibattito appare più concentrato su rave party e corridoi umanitari che sulle prospettive economiche per l’autunno, scopra di colpo che il sogno di una notte di mezza estate dalla zona bianca sta per finire. Quantomeno di riflesso, perché un’eventuale chiusura di massa dei principali hub industriali, commerciali e di supply chain globali metterebbe comunque in ginocchio l’output domestico. Comincia a tirare aria di una nuova chiusura emergenziale che vada a nascondere la realtà sottostante: per i guai strutturali e i disequilibri di sistema non esiste vaccino. Quindi, meglio chiudere le società - magari con l’alibi dell’inefficacia vaccinale di fronte alla mutazioni del virus - per evitare che si noti troppo la chiusura di fabbriche e stabilimenti.

Consentendo a governi e Banche centrali ancora un po’ di supporto alle economie, dopo il primo stress test delle riaperture dopate di primavera e il progressivo deterioramento degli indicatori macro da fine giugno in poi. Mese in cui la Cina ha importato il 20% di petrolio in meno su base annua, dato che è appena stato confermato anche per luglio. Tradotto, rallentamento della locomotiva mondiale molto più profondo delle attese.

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Fonte: Bloomberg
E stante l’anticipo di tre-sei mesi delle dinamiche del Dragone sul fall-out in Occidente, si capisce perché Wall Street stia già scommettendo su una nuova chiusura. E perché Confindustria abbia gelato l’ottimismo pre-vacanziero di Draghi sulle prospettive autunno-inverno del Pil.

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