L’addio alla Camera con lo spread a 300 come Nerone che suonava tra le fiamme?

Mauro Bottarelli

21 Luglio 2022 - 03:41

Draghi ha rimandato ad oggi la salita al Quirinale, onorando l’inutile passaggio a Montecitorio. Proprio all’ora di apertura di quel mercato che avrebbe voluto tutelare. E che già minaccia tempesta

L’addio alla Camera con lo spread a 300 come Nerone che suonava tra le fiamme?

Formalmente, Mario Draghi avrebbe potuto salire al Colle per rassegnare le proprie dimissioni già ieri sera. E tutti se lo attendevano, basti pensare allo schieramento di sicurezza presente già da metà pomeriggio fuori dal Quirinale. Così non è stato. L’uomo che ha voluto immolarsi sull’altare della concretezza e dell’anti-politica, sul finale di partita ha deciso di colpo di voler onorare proprio quelle ritualità stanche che pareva aver disprezzato fino a poche ore prima. Stamattina, fra poco, sarà alla Camera per un passaggio parlamentare che, alla luce di quanto accaduto a Palazzo Madama, appare totalmente inutile. Ma assolutamente simbolico. E voluto.

A detta di qualcuno, infatti, Mario Draghi avrebbe operato questa scelta per non turbare i mercati. Quelli asiatici, probabilmente. O le ultime ore di contrattazioni di Wall Street. In realtà, stante i futures del FTSE Mib in modalità barometro che segna uragano e il poco rituale richiamo alla tempesta perfetta in arrivo del formalmente super partes Commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, presentarsi a Montecitorio alle 9 del mattino equivale a una mossa scenografica da Nerone che suona la cetra, mentre Roma brucia, E non solo per l’anticiclone africano. Come dire, avete voluto mandarmi via? Ecco il risultato. Perché dovrebbe farlo, essendo il dado ormai tratto e il suo profilo di risorsa della Repubblica bruciato? Ego ferito. Dalla bocciatura al Quirinale prima, dalla reazione del centrodestra adesso.

Ma lo spread, piaccia o meno, potrebbe volare a 300 come restare dov’è, stante il livello di totale manipolazione garantito dal reinvestimento titoli della Bce. Non conta più nulla, quantomeno fino a quando Francoforte garantirà anche il minimo sindacale di soppressione del premio di rischio. E di Bund da vendere, alla luce di uno stato patrimoniale da 7 trilioni di euro e acquisti con il badile in seno al Pepp, l’Eurotower ne ha tanti, tantissimi per finanziare l’acquisto a saldi invariati di Btp. Scommettiamo che stamattina, forse perché impegnata nella giornata cruciale del board, Christine Lagarde si scorderà di compiere lo shopping che ha diligentemente operato ogni giorno dal 1 luglio scorso in poi? O, quantomeno, lo farà con grande morigeratezza, lasciando che le vendite - fisiologiche dopo quanto accaduto al Senato - vadano in mediatico overshooting sull’azione di contrasto e offsetting della Bce.

Non sarà che Mario Draghi, fiutata l’aria, sia ricorso al vecchio adagio dai playboy, quello in base al quale un gentiluomo non lascia mai una donna, facendola soffrire ma crea le condizioni per farsi lasciare, ottenendo il medesimo risultato ma evitando le critiche e i giudizi? Anzi, passando addirittura per vittima. Perché quella scelta di vedere Enrico Letta in solitaria martedì pomeriggio, unita alla durezza politicamente unidirezionale del primo intervento al Senato e alla scelta di andare alla conta sulla sola mozione Casini, parlano chiaro: Mario Draghi, apparentemente, ha cercato lo scontro. E l’ha trovato, perdendolo. D’altronde, se ti lanci in apprezzamenti sulla madre di Mike Tyson in sua presenza, difficilmente puoi attenderti come epilogo un chiarimento fra diplomatici.

Ed ecco che a suggerire una possibile motivazione di questa scelta apparentemente suicida arriva dalla reazione pavloviana del mondo politico e mediatico più vicino al premier: quanto accaduto è un regalo a Vladimir Putin. E sono in molti a scomodare i presunti festeggiamenti del Cremlino, alcuni sfumando il concetto, altri arrivando a evocare quasi una missione sotto copertura di agenti provocatori in seno alle istituzioni italiane. Ma se Boris Johnson è caduto per le menzione seriali che ha spacciato al Paese, così Mario Draghi è caduto perché ha interpretato il suo Siete pronti? indirizzato ai partiti della sua maggioranza come il mitico Siete caldi? di Madonna allo stadio di Torino, mentre i diretti destinatari lo hanno vissuto come un irrispettoso e ricattatorio prendere o lasciare.

La Russia, però, potrebbe non essere del tutto aliena da quanto accaduto. Ma non per interventi più o meno diretti di destabilizzazione, quanto per il contemporaneo vacillare delle sanzioni e del regime emergenziale imposto dall’Ue ai Paesi membri in ossequio alla fedeltà atlantica. Mentre al Senato andava in scena lo psicodramma, la Spagna opponeva il suo no in sede comunitaria al taglio del 15% dei consumi di gas proposto dalla Commissione fino alla primavera 2023 come risposta emergenziale alle minacce russe sulle forniture, Le quali, invece, oggi ripartiranno via Nordstream. Al 20% della capacity ma ripartiranno. E con Mosca che ha accusato il Canada di boicottaggio dei tempi di invio della turbina della discordia e ha sottolineato chiaramente come un eventuale tetto europeo al prezzo del gas metterebbe nuovamente a rischio gli approvvigionamenti.

Insomma, le sanzioni hanno fallito. Del tutto. Come mostra questo grafico

Andamento delle importazioni energetiche cinesi dalla Russia Andamento delle importazioni energetiche cinesi dalla Russia Fonte: Bloomberg

il quale mette in prospettiva quanto confermato sempre ieri dai dati dell’Autorità doganale cinese: Pechino ha speso il 72% in più su base annua in acquisti di petrolio e gas russo nel mese di giugno, confermando Mosca come top supplier di greggio a danno di un’Arabia Saudita in continuo ridimensionamento. Di più, fra marzo e giugno di quest’anno, la Cina ha acquistato dalla Russia gas, petrolio e carbone per 25,3 miliardi di dollari, quasi il doppio dei 13,5 miliardi sborsati nei medesimi quattro mesi del 2021. E con il mid-term che già oggi sta ridimensionando non poco il peso dell’Ucraina nelle priorità della politica americana, la postura da falco atlantista interpretata finora potrebbe aver spinto un Draghi già traballante a optare per un’uscita di scena prima della capitolazione finale e della Canossa diplomatica dell’Ue verso Mosca. Comunque sia, la partita non è terminata. Perché dopo i supplementari, ci sono sempre i rigori. E magari il ritorno del golden gol.

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