Buste paga, il bonus non basta: stipendi sempre più poveri a causa dell’inflazione

Luna Luciano

06/05/2023

Stipendi sempre più poveri, non basta il taglio del cuneo deciso dal Governo Meloni nel nuovo Decreto Lavoro. Ecco cosa sta accadendo.

Buste paga, il bonus non basta: stipendi sempre più poveri a causa dell’inflazione

Il taglio del cuneo fiscale e il conseguente “bonus” in busta paga fino a 100 euro non è sufficiente per recuperare il potere d’acquisto perso dalle famiglie anche solo nel 2022 - pari a 10 miliardi di euro.

Il taglio del cuneo previsto dal Decreto Lavoro, approvato dall’esecutivo il Primo Maggio, in realtà risulterebbe inefficace anche se sommato a quello già in vigore per il 2023 e a quello introdotto da Draghi per il 2022. Non solo.

Stando all’attenta analisi condotta dal Fatto Quotidiano gli interventi si rivelano ancor più insufficienti se si considera il calo registrato dalla seconda metà del 2021, quando l’inflazione ha cominciato a crescere senza sosta a causa anche della guerra in Ucraina.

Intanto l’inflazione continua a gravare sui portafogli delle famiglie e ad aggravare la situazione c’è anche il problema del mancato rinnovo del taglio delle accise che aveva contenuto nell’ultimo anno i rincari delle bollette. Ecco cosa sta accadendo.

Buste paga, il taglio del cuneo fiscale non basta a recuperare il potere d’acquisto

Sarà sempre più complicato per le famiglie arrivare a fine mese. E le misure politiche introdotte dai governi non sembrano essere minimamente sufficienti.

Stando a quanto emerso dall’analisi condotta dal Fatto Quotidiano, l’ultimo stanziamento disposto dal decreto Lavoro per incrementare di 4 punti l’esonero contributivo concesso ai lavoratori con retribuzione annua fino a 35mila euro ammonta “al netto della maggiore Irpef pagata per effetto del calo dei contributi”, a 2,9 miliardi. A questi bisogna aggiungere i 3,5 miliardi previsti in manovra per confermare il taglio di 2 punti introdotto dal governo Draghi e portarlo a 3 punti per le famiglie con reddito fino a 25mila euro.

Si raggiunge così quota 6,4 miliardi, ai quali si potrebbero aggiungere gli altri due miliardi introdotti dal Governo Draghi, giungendo a circa 8,4 miliardi. Confrontando i dati Istat tra il reddito reale e l’aumento dei prezzi e le risorse introdotte dagli esecutivi, emerge che queste risorse coprirebbero solo il 60% della perdita di potere d’acquisto subita dalle famiglie in un anno e mezzo, pari a circa 10,3 miliardi. E non ci si può non domandare come faranno le famiglie a far fronte al rincaro dei prezzi, se si tiene conto che non è stato nemmeno rinnovato il taglio sulle accise, che contenevano il rincaro delle bollette.

Buste paga, il bonus non basta: stipendi sempre più poveri

Il bonus compreso tra i 45-100 euro in più in busta paga per redditi fino a 35 mila euro, promesso dal Governo, che si ricaverà dal taglio del cuneo, non sembra poter far realmente fronte a una situazione in cui l’inflazione continua a crescere - con un aumento dello 0,5%, su base mensile, rispetto all’ultima rilevazione condotta dall’Istat.

Non a caso i sindacati hanno fortemente criticato il Governo Meloni per il decreto approvato il Primo Maggio, accusandola di aver ulteriormente precarizzato il lavoro, mettendo mano al Decreto Dignità, facilitando i rinnovi dei contratti a termine, piuttosto che aumentare gli stipendi o, almeno, stabilire un salario minimo.

Le statistiche Istat sui contratti collettivi aggiornate a fine aprile hanno evidenziato come“ nonostante il progressivo rallentamento della crescita dei prezzi”, la differenza tra la dinamica dell’inflazione (Ipca) e quella delle retribuzioni contrattuali rimane superiore ai sette punti percentuali.

Come dimostrato da questi dati il taglio del cuneo non basta, servono degli interventi strutturali sui contratti di lavoro e sui salari, come ha fatto la Spagna, che ha scelto la via opposta a quella dell’Italia. Il governo spagnolo ha infatti imposto una forte riduzione dei contratti a termine, limitando tutte le forme di esternalizzazione del lavoro e a febbraio, per contrastare l’inflazione ha alzato il salario minimo di 93,3 euro al mese per 14 mensilità, con il risultato di una crescita dell’economia spagnola del 5,5%.

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