Coronavirus: fermare 1,3 miliardi di persone si può? Il caso India

Violetta Silvestri

27/03/2020

Contenere il contagio in India è possibile? In uno dei Paesi più popolosi del mondo - qui vivono un quinto delle persone a livello globale - è partito il blocco di ben 1,3 miliardi di cittadini. Funzionerà contro l’epidemia?

Coronavirus: fermare 1,3 miliardi di persone si può? Il caso India

La lotta al coronavirus in India diventa una sorta di esperimento sociale: si possono fermare 1,3 miliardi di persone - un quinto della popolazione mondiale - per 21 giorni consecutivi?

Niente di tutto questo è mai successo nella storia delle democrazie a livello globale.

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha ordinato il blocco della nazione, con cittadini costretti a restare a casa, in una strategia che non ha precedenti. L’obiettivo è replicare il relativo successo della Cina nella sfida al contenimento dell’epidemia.

Gli ostacoli per l’India, però, sono molti e più insidiosi rispetto all’altrettanto popoloso Stato cinese. Xi Jinping, che ha sfruttato il controllo centralizzato del Partito Comunista, ha dovuto isolare circa 60 milioni di persone nella provincia di Hubei, dove è emerso il focolaio di Covid-19.

I numeri del Paese indiano, invece, parlano di altri scenari: più di un miliardo di persone chiuse in casa, senza uscire se non per servizi essenziali, tenute a distanza. Il Governo riuscirà a controllare la buona riuscita del blocco senza eccedere nel potere di repressione? Il coronavirus è una dura prova per la grande democrazia dell’India.

L’India ferma 1,3 miliardi di persone: la mossa contro il coronavirus

Prevenire il diffondersi del virus in modo capillare in India è cruciale. Considerando i numeri della popolazione infatti, l’impatto dell’epidemia sarebbe davvero esplosivo. Il più grande vantaggio che oggi la nazione indiana ha sulla Cina è proprio la possibilità di agire prima che il sistema sanitario venga sopraffatto.

L’idea del blocco di ben 1,3 miliardi di persone per 21 giorni, con quarantena obbligatoria, quindi è che se lo sforzo indiano funzionerà, l’impatto sul mondo sarà enorme. Certo, l’esperimento è audace e rischioso. Ma viene considerato necessario.

Ad oggi, sono poco più di 800 i contagiati confermati tra i cittadini indiani, ma gli esperti temono che il numero potrebbe aumentare drammaticamente nelle prossime settimane, scatenando pressioni senza precedenti per il sistema sanitario nazionale.

Come messo in evidenza dai virologi, un tasso di infezione del 10% si traduce in India in probabili contagi di 130 milioni di persone. Con una serie di conseguenze davvero allarmanti per il Paese.

Lo Stato indiano, infatti, ha solo 0,5 posti letto per 1.000 abitanti secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. La popolazione, inoltre, è povera, vive in stretta vicinanza e soffre di un inquinamento atmosferico che rende le persone pericolosamente inclini alle malattie polmonari.

Lo scoppio del coronavirus senza controllo sarebbe letale. Ma la sfida della quarantena per tutto il Paese è altrettanto pericolosa. Ecco perché.

Il lato oscuro del blocco in India contro il coronavirus

L’annuncio di Modi del blocco della nazione per 21 giorni è avvenuto con discorso televisivo martedì scorso. Solo poche ore hanno preceduto l’imponente misura statale, senza le necessarie spiegazioni sulle modalità della quarantena e della chiusura delle attività.

Caos, confusione e paura incontrollata si sono diffuse rapidamente tra la numerosa popolazione, privata di dettagli informativi fondamentali.

Sono già stati segnalati casi di poliziotti che hanno picchiato a morte un uomo che ha lasciato la sua casa per acquistare generi alimentari, mentre gli sforzi dell’India per aumentare la disponibilità di attrezzature mediche vitali - compresi kit per i test dei virus e dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari - sono stati ostacolati da autorità locali alle prese con le restrizioni alla circolazione.

La gestione di un blocco totale di 1,3 miliardi di persone è molto delicata e richiede un’attuazione graduale e chiara. I migranti che viaggiano da una parte all’altra del Paese sono stati presi alla sprovvista dall’annuncio del blocco e si sono ritrovati a camminare a piedi, senza più mezzi pubblici funzionanti.

I numerosi venditori ambulanti di cibo sarebbero stati attaccati dalla polizia, in un generale clima di confusione su quali sono i prodotti essenziali vendibili e quali no.

Addirittura ci sarebbe stato il blocco delle attività di assistenza sanitaria per malati gravi, affetti da HIV e tumori, ora privati delle cure salva vita.

Fermare più di un miliardo di persone per un’emergenza è un’impresa enorme. Lo è ancora di più, però, se avviene nella confusione comunicativa.

Ecco perché la sfida dell’India al coronavirus è piena di insidie.

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