Il coronavirus resta nell’aria: scienziati e autorità ora concordano

Marco Ciotola

18/05/2021

Studi e ricerche sembrano aver portato le autorità ad accettare un concetto che molti ricercatori sostengono da oltre un anno: il coronavirus resta nell’aria

Il coronavirus resta nell’aria: scienziati e autorità ora concordano

Il coronavirus resta nell’aria? Il concetto è stato al centro di decine, forse centinaia di studi e ricerche nel corso dell’ultimo anno.

Dal punto di vista scientifico, sembrano non esserci stati mai troppi dubbi: sì, resta nell’aria, ma vanno fatti dei dovuti distinguo su quantità e rischi, volti soprattutto a evidenziare l’importanza di una simile certezza in ambito medico.

In una struttura chiusa e adibita a fornire assistenza medica c’è infatti la possibilità che queste particelle - le cosiddette ’goccioline sospese nell’aria’ - restino un po’ più a lungo, rendendo quindi indispensabile per gli operatori sanitari prendere ulteriori precauzioni.

Dopo mesi di dibattiti e nuove conclusioni, sembra ora arrivata una linea condivisa tra scienziati e autorità.

A certificarlo - fa notare la testata newyorkese Bloomberg - il coordinamento tra Organizzazione mondiale della sanità e i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), che punta a garantire un processo di revisione approfondito e diverso per quel che riguarda i sistemi di ventilazione.

Il coronavirus resta nell’aria: scienziati e autorità ora concordano

Alla base dell’impegno di OMS e CDC c’è uno dei maggiori studi sull’argomento, realizzato da 39 scienziati provenienti da 14 diversi Paesi, tutti concordi nel chiedere il riconoscimento universale di un concetto preciso e cruciale: i contagi possono essere prevenuti migliorando i sistemi di ventilazione interna agli edifici.

La ricerca, pubblicata su Science lo scorso fine settimana, nota in sostanza come un’aria interna più pulita può garantire non solo risultati migliori nella lotta al coronavirus, ma potrebbe ridurre al minimo il rischio di contrarre l’influenza e tutte le altre infezioni respiratorie.

Si tratterebbe però di uno sforzo economico enorme per qualunque Paese, in quanto implicherebbe una vera e propria ristrutturazione di ogni impianto di ventilazione ad oggi esistente.

Eppure, anche questo aspetto può essere affrontato con certezze e garanzie sul lungo termine secondo gli stessi ricercatori, che fanno notare come - per il solo scenario statunitense - influenza e infezioni respiratorie in generale costino allo Stato più di 50 miliardi di dollari l’anno.

Evitare simili spese grazie a impianti migliori compenserebbe rapidamente i costi di miglioramento della ventilazione e del filtraggio dell’aria negli edifici:

“Siamo abituati al fatto che abbiamo acqua pulita proveniente dai nostri rubinetti, e allo stesso modo dovremmo aspettarci aria pulita, priva di sostanze inquinanti e agenti patogeni”,

ha dichiarato a Bloomberg Lidia Morawska, docente presso la Queensland University di Brisbane e a capo della ricerca.

Le raccomandazioni all’OMS: nuovi standard su qualità dell’aria

Ecco perché all’interno dello studio è contenuta una vera raccomandazione all’OMS, invitato a estendere le sue linee guida sulla qualità dell’aria interna per fornire protezione dagli agenti patogeni.

L’obiettivo è quello di costruire standard di ventilazione che includano flussi d’aria più veloci, un filtraggio più efficace e disinfezione continua, con monitor sempre attivi che consentano di misurare la qualità dell’aria che si sta respirando in tempo reale.

“È necessario un cambio di paradigma [...] Nessuno si assume la responsabilità per l’aria che respiriamo, ed è paradossalmente accettato che l’aria possa essere di qualsiasi qualità, anche contenente virus e agenti patogeni”,

notano i ricercatori.

La stessa Lidia Morawska era stata tra le ideatrici di una lettera aperta sostenuta da 239 scienziati in estate, volta a chiedere alle autorità di approvare ulteriori precauzioni, come una ventilazione accelerata e lo sforzo affinché venga impedito il ricircolo di aria potenzialmente carica di virus negli edifici.

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