Crisi energetica, spunta di nuovo il tetto europeo ai prezzi: ecco cosa può cambiare

Giacomo Andreoli

23/09/2022

L’Unione europea è pronta ad applicare il price cap sul prezzo del petrolio già approvato dal G7, ma rimane l’incognita dell’Ungheria di Orbán, che continua ad opporsi ad ogni sanzione alla Russia.

Crisi energetica, spunta di nuovo il tetto europeo ai prezzi: ecco cosa può cambiare

Finalmente il price cap. Non quello sul gas, su cui le divisioni tra i Paesi dell’Unione europea sono ancora forti, con l’opposizione evidente di Danimarca e Ungheria e i dubbi della Germania, ma sul petrolio. Dopo il via libera di due settimane fa da parte del G7, infatti l’Ue è pronta a varare un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, in cui inserire anche il tetto massimo al prezzo del greggio.

In questo modo l’Europa vuole reagire alla nuova escalation alla guerra impressa da Vladimir Putin così come ha fatto nei mesi precedenti, cioè avanzare con la pressione economica contro Mosca. Le ulteriori misure sono state annunciate da Ursula von der Leyen e Josep Borrell a margine dell’Assemblea generale dell’Onu e a Bruxelles non si parla d’altro che del price cap sul petrolio. Vediamo in cosa consisterebbe e che effetti potrebbe avere.

Come funziona il price cap sul petrolio

La Commissione europea vuole colpire ancora con forza le casse del Cremlino e per dare il via libera al tetto massimo al prezzo del petrolio può contare sull’intesa tra i Paesi del G7 e la pressione del presidente americano Joe Biden. L’operazione farebbe sì che gli operatori europei possano acquistare il petrolio da Mosca entro una cifra massima di prezzo.

La soglia non è stata ancora stabilita, ma di sicuro colpirebbe l’oro nero in arrivo tramite oleodotti. Il greggio trasportato via mare, infatti, sarà bandito dall’Ue dal prossimo 31 dicembre, con l’embargo già approvato lo scorso maggio. Il price cap potrebbe poi essere flessibile, ovvero cambiare a seconda del fornitore e del tipo di contratto.

Necessario un accordo con l’Opec?

Il professore di Economia politica della Sapienza Cesare Imbriani, intervistato da Money.it, ha spiegato però che per realizzare il tetto massimo al prezzo del petrolio potrebbe essere necessario un accordo con i Paesi produttori dell’Opec+.

Al momento - ha spiegato il professore - mi sembra che ci siano margini per sostenere il price cap anche generalizzato sul petrolio, aumentando di nuovo la produzione come contraltare per equilibrare domanda e offerta. Senza questa operazione il tetto massimo non reggerebbe, quindi va trovato l’accordo politico con i paesi produttori, partendo dagli arabi, che a loro volta devono cercare di non rompere del tutto con la Russia. Gli arabi, comunque, potrebbero guardare con favore a una produzione più ampia, che aumenta il profitto unitario e può concedere loro un ritrovato ruolo di protagonismo nell’approvvigionamento di energia”.

Secondo il collega Alessandro Lanza, docente di Energy and environmental policy della Luiss, senza accordo tra le parti non c’è alcun price cap, perché “gli arabi non romperanno mai il cartello con la Russia”. Motivo per cui, paradossalmente, “il tetto massimo va fatto alla fine anche con la Russia, altrimenti bisogna prevedere un sistema di aiuti di Stato e sussidi per coprire la differenza tra prezzo di mercato e quello massimo pagato dagli operatori, sul modello spagnolo per il gas”.

L’incognita dell’Ungheria

Sull’operazione, comunque, rimane l’incognita dell’Ungheria di Viktor Orbán, che pone resistenze assieme agli altri Paesi del blocco orientale di Visegrad. Per l’embargo di fine anno e per alcune sanzioni erano state decise delle deroghe. Ad esempio escludere il petrolio trasportato dall’oleodotto Druzhba per sedici mesi nel caso della Repubblica Ceca e fino al 2024 per la Bulgaria. Per la deroga all’Ungheria sull’embargo, invece, nessuna scadenza.

Ora Budapest potrebbe mettere il veto sul price cap al petrolio russo, con Orbán che ha chiesto di revocare tutte le sanzioni entro fine anno perché “sono state imposte dall’Ue, trasformando un conflitto locale in una guerra economica mondiale”. Il suo partito, Fidesz potrebbe anche indire un referendum nazionale sulle sanzioni contro Mosca dell’Ue.

«Non commentiamo dichiarazioni dei singoli Stati membri su possibili referendum - ha replicato Eric Mamer, portavoce della Commissione Ue - Quel che è certo è che esiste un quadro giuridico specifico per l’adozione delle sanzioni. Si tratta di un processo stabilito dai trattati e dalla legislazione europea, non qualcosa determinato sulla base di referendum».

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