Economia calda - Il merito e noi

Dario Colombo

1 Agosto 2022 - 16:00

Analizziamo keynesianamente il tema della meritocrazia per allontanarci dall’economia degli slogan ed entrare in quella reale. Calda, appunto

Cominciamo la decima puntata di Economia Calda con un’autocritica della narrazione tutt’ora in voga: la domanda di sapere deve puntare alla realtà, e non tanto, o non solamente, a conoscere le ipotetiche eccellenze.

Serve dare spazio alle tante normalità, che vanno conosciute e per esserlo devono essere anche raccontate. Perché sono le persone normali, le aziende normali, le comunità normali, che consentono a quelle speciali, ai campioni, alle eccellenze, di emergere. Senza di loro starebbero su un terreno incerto, malfermo, a rischio frana.

Questo moto autocritico ci serve per introdurre un tema che Nanni Moretti ha perfettamente iconizzato in Palombella Rossa, e che tutti hanno ben impresso nella memoria: le parole sono importanti.
E noi ci vogliamo concentrare su una parola che, mal interpretata o travisata, ha portato a una deriva economico sociale che non era nelle intenzioni di chi l’aveva coniata. Stiamo parlando della parola meritocrazia.

È una costante (o brutta abitudine, fatte voi) in economia fermarsi alla prima lettura di un termine.
Un esempio è quello che riguarda il PIL. L’accezione conformista ha provocato il la famoso discorso di Kennedy del 1968: “Il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.

Ma se parliamo di merito, oltre a citare l’articolo 34 della Costituzione (“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”) dobbiamo porci la questione: merito sulla base di quali criteri?

La meritocrazia nel comune sentire ha una accezione tipicamente positiva. Ma ha una storia.
Il termine viene usato la prima volta nel 1958 da Michael Young nel libro “The rise of meritocracy”.

Un libro distopico (come piace definirlo ora), ironico, che dice che se nella scuola si farà sempre una selezione sulla base del merito nel 2034 avremo una società in cui comanderanno le élite. Praticamente un ritorno alle caste.

Si trattava, evidentemente, di una parodia. Ma il primo ministro inglese degli anni 90, il laburista Tony Blair la prese sul serio e il progressismo mondiale ne fece una bandiera.
La meritocrazia da allora è diventata un totem.

Come dice la Costituzione a chi non ha i mezzi per studiare ma è un buon studente, la comunità deve fare il modo di togliergli gli ostacoli. Ma se il merito diventa una discriminante su ciò che è buono e non è buono, diventa una chiave di lettura universale.

Il che equivale a dire che chi non riesce ad arrivare al traguardo demerita, non ha valore ed è legittimato a stare dove sta. Si ritiene che il merito sia frutto di un talento. Va piuttosto inteso come un dono da condividere con responsabilità, altrimenti si legittima la disuguaglianza.

Un sistema economico che si basa solo sul merito non regge. Così come l’eccellenza, dicevamo all’inizio, che esiste perché c’è la normalità a sostenerla.

Il discorso va affrontato nei diversi stati di significatività delle parole se vogliamo capire cosa è l’economia.
Con Economia Calda vogliamo sgretolare le espressioni dogmatiche, totemiche. Perché invece le parole possono essere messe in discussione.

Un ministro della Repubblica recentemente ha detto che “la vera rivoluzione è cooptare i migliori”.
Il merito, invece, va accompagnato ad altre parole, come bisogno e altruismo guardare fuori da sé: più merito più mi devo sentire responsabilizzato.

Smontare il concetto meritocratico elitario è far emergere l’economia keynesiana, che è quella della realtà.
Parliamo, piuttosto, allora di meritorietà, che è un concetto aggregante.
Usciamo dall’economia degli slogan ed entriamo nell’economia real, calda, anche contraddittoria, dove ogni aspetto si sposa alla riflessione.
E per farla adeguatamente, ecco la splendida cinquina di libri consigliati per approfondire, con logica multidisciplicane.

Il piccolo Strega di Money.it

Marco Balzano - Le parole sono importanti - Einaudi

Natalia Ginzburg - Lessico famigliare - Einaudi

Michael Sandel - La tirannia del merito - Feltrinelli

David Brooks - L’animale sociale - Codice edizioni

Michael Young - The rise of meritocracy - Pelican Books

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