Italia: il Pil stenta a decollare. Su cosa puntare per ripartire

Elisabetta Scuncio Carnevale

15/10/2018

Infrastrutture, riqualificazione delle aree urbane, Pmi e innovazione ed export per spingere in alto il Pil. Solo così l’Italia può sperare di ripartire

Italia: il Pil stenta a decollare. Su cosa puntare per ripartire

A differenza di altre economie avanzate, il nostro Paese non è stato in grado di riportare il proprio Pil a livelli pre-crisi del 2007.

L’aumento del Prodotto interno lordo, di poco al di sopra dell’1% annuo negli ultimi tre anni, è decisamente troppo moderato.

Ci troviamo davanti a un’Italia dunque poco competitiva che per ripartire dovrebbe puntare su infrastrutture, riqualificazione delle aree urbane, PMI e innovazione ed export. È quanto emerge da una recente analisi condotta da Bain & Company, a cura di Roberto Prioreschi (Head Office) e Davide Iorio (Partner Bain & Co., esperto Energy & Utilities).

Mentre Francia, Germania, UK, Spagna, negli ultimi 10 anni, hanno saputo creare valore alle proprie economie registrando una ripresa del 10-15% rispetto al Pil reale del 2007, l’Italia paga lo scotto dei pesanti gap infrastrutturali.

L’allarme lanciato da Bain: Pil cresce poco, puntare su infrastrutture

Lo studio, presentato nel corso del meeting Construction Conference 2018, svoltosi nel fine settimana a Sarmeola di Rubano (Pd), dimostra come in confronto con altri Paesi la situazione italiana risulti allarmante. Il Pil stenta a decollare.

Una vera strategia di sviluppo, come spiegano da Bain, dovrebbe puntare prioritariamente su ambiti di intervento strategico quali infrastrutture, riqualificazione delle aree urbane, PMI e innovazione ed export, settori con evidenti carenze.

“Lo sviluppo infrastrutturale rappresenta uno dei principali fattori strategici che il nostro Paese deve presidiare per supportare ed abilitare lo sviluppo economico ed industriale della nazione, l’Italia sconta un deficit infrastrutturale di oltre 15 miliardi di euro l’anno, valore significativamente superiore alle altre principali nazioni europee,”

il commento di Davide Iorio, che aggiunge:

“tali necessità di intervento infrastrutturale sono legate a tutti i settori strategici ed industriali del nostro paese, acqua, ambiente, energia, trasporti e telecomunicazioni in primis, richiederanno nei prossimi anni un importante sforzo da parte di tutti gli stakeholder pubblici e privati”.

Debolezze del sistema idrico, necessari investimenti

Il Paese Italia ha, tra l’altro, reti idriche vetuste, che fanno acqua da tutte le parti con il 14% di perdite che in alcune aree raggiungono picchi del 70%.

A questo si aggiunge un sistema depurativo carente, che inquina mare e falde e mette l’Italia a rischio infrazioni europee. Una vera e propria emergenza idrica che interessa 14 regioni su 20.

“L’attuale livello di investimenti di ca. 45€/abitante, seppur in aumento negli ultimi anni è la metà di quanto investito in media dai principali Paesi Europei. Mancano all’appello 2,5 miliardi di euro all’anno”,

fa sapere Iorio che sottolinea come sia necessario, per invertire la rotta, puntare su un grande piano infrastrutturale e su un percorso di industrializzazione del settore.

In tale contesto, Bain ha sviluppato possibili modelli di business che integrino volontà istituzionale, capacità finanziaria ed eccellenza operativa, con l’obiettivo di risanare il settore, salvaguardando la risorsa idrica con ricadute sul territorio sia in termini di valore generato sull’indotto sia in termini occupazionali.

Costruire la città del domani

Aree industriali dismesse, scali ferroviari abbandonati, un patrimonio pubblico non utilizzato e un parco immobiliare vecchio di 50 anni. Per realizzare la City of Tomorrow, la ricetta di Bain è ripartire dal recupero e dalla valorizzazione dell’esistente, favorendo un approccio tecnologico, sostenibile, dinamico.

In altre parole, puntare su una città che si ispiri alla circular economy e che ridia slancio e vigore al comparto immobiliare e delle costruzioni che pesa per circa il 20% sul Pil italiano.

“Un modello abilitante richiede di adottare un nuovo approccio industry driven all’asset, finalizzato allo sviluppo di comparti immobiliari specialistici, quali l’affordable housing, student housing, residenze sanitarie assistenziali, co-working, etc… in tale contesto, il contributo delle amministrazioni pubbliche è spesso debole se non di segno opposto (es. tassazione, permitting, capacità di fare sistema…)”,

scrivono gli analisti.

Questo apporterebbe benefici diretti ed indiretti sia sulla finanza pubblica (valorizzando il patrimonio pubblico italiano e generando valore per finanziare la crescita del Pil e ridurre il debito pubblico) che sui centri urbani, grazie all’eliminazione di contesti di degrado e abbandono e a nuovi spazi urbani da restituire ai cittadini.

Pmi, in Italia modelli valutativi non adeguati e mancanza di competenze

In un tessuto produttivo come quello italiano, caratterizzato da un peso delle Pmi notoriamente maggiore rispetto agli altri paesi europei, per mantenere e aumentare la competitività, sarebbero necessarie attività di supporto allo sviluppo e all’innovazione oltre che forme di finanziamento della crescita, oggi ancora deboli o inadeguate.

Secondo l’Head Office Bain, Prioreschi:

“permane una difficoltà a finanziare le Pmi e l’innovazione a causa di modelli valutativi non adeguati e alla mancanza di competenze necessarie a valutare le nuove imprese e l’innovazione”.

Private Equity e Venture Capital: in Italia è tra i più bassi

In Italia, il valore medio di investimenti pro-capite risulta essere tra i più bassi in assoluto. Mancano, infatti, soggetti in grado di attrarre capitale, indirizzarlo sulle aziende meritevoli e supportarne lo sviluppo.

Gli investimenti in equity si concentrano soprattutto nel nord Italia e riguardano settori tipici del made in Italy (moda, food), con quote inferiori nei settori industriali e high-tech.

“La crescita dei settori di nicchia e meno tradizionali può essere agevolata dalla creazione di fondi con profilo specialistico settoriale, dimensionale e geografico per attirare co-investitori di natura industriale”.

Superare i criteri di valutazione tradizionali - dicono da Bain - potrebbe assicurare maggiore accesso al credito, garantendolo anche a quelle aziende che investono in innovazione.

La strada da intraprendere per la società di consulting è il sostegno e il consolidamento delle filiere strategiche. La creazione di una regia centralizzata che favorisca la concentrazione di player sotto-capitalizzati, ad esempio, darebbe l’opportunità alle filiere di competere sui mercati globali.

Export in crescita, in Italia vale 500miliardi di euro

L’Italia, nel corso degli anni, ha dimostrato la capacità di sviluppare competenze distintive; nei settori specialistici genera una produzione di altissima qualità, apprezzata a livello internazionale. Proprio grazie a questo know-how, il valore dell’export, oggi pari a 500 miliardi di euro l’anno, vede una costante crescita (+5% p.a.).

“Dobbiamo agire immediatamente per garantire le condizioni di sistema che consentano all’impresa italiana, piccola, media e anche grande, di beneficiare di condizioni competitive paragonabili ai competitor che oggi, per forza di cose, devono essere considerati su scala globale in tutti i settori,”

la conclusione di Prioreschi.

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