Sovrapproduzione o meno, sempre più Paesi danno l’impressione di voler bilanciare i rispettivi rapporti commerciali con la Cina.
Per alcuni governi rappresenta un’ancora di salvataggio, per altri assume invece le sembianze di uno tsunami pronto a travolgere i settori economici nazionali. La sovraccapacità industriale della Cina è un rebus che non riesce a mettere d’accordo l’intero pianeta.
Da un lato, infatti, troviamo le aziende cinesi impegnate a smaltire le eccedenze accumulatesi nel corso degli ultimi anni all’interno dei propri magazzini (in primis a causa della pandemia). Dall’altro, invece, ci sono molteplici nazioni che non intendono accogliere a braccia aperta i prodotti a basso costo made in China, onde evitare una corsa al ribasso dei prezzi e di distorcere la concorrenza. In mezzo ai due estremi troviamo tanti punti interrogativi.
Gli stessi che potrebbero, nel corso del medio-lungo periodo, contribuire a modificare i rapporti tra la Repubblica Popolare Cinese e molti Paesi. Anche quelli appartenenti al cosiddetto Sud Globale, tendenzialmente più affini a Pechino che non all’Occidente. Il motivo è presto detto: le aggressive esportazioni cinesi rischiano di entrare in collisione con i prodotti nazionali sfornati dalle industrie a basso valore aggiunto dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. [...]
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