Biden non può vincere in Ucraina: vuole una guerra senza fine

Roberto Vivaldelli

02/05/2024

02/05/2024 - 07:16

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I 61 miliardi di dollari approvati dal Senato Usa non possono cambiare le sorti del conflitto: Biden vuole una guerra senza fine.

Biden non può vincere in Ucraina: vuole una guerra senza fine

Quando si è presentato agli elettori, nel 2020, Joe Biden promise di fare ciò che Barack Obama non era riuscito a fare: porre fine alle «Endless Wars» degli Stati Uniti nel mondo. Il - caotico e per molti versi disastroso - ritiro di Washington dall’Afghanistan, nel 2021, fece supporre che il veterano della politica estera degli Stati Uniti volesse davvero imprimere un cambio di rotta rispetto all’interventismo liberale che aveva contraddistinto la presidenza di Bill Clinton e, almeno in parte, quella di Barack Obama, per non parlare del tragico neoconservatorismo di George W. Bush.

Joe Biden, il guerrafondaio

Ma con la guerra in Ucraina e a Gaza, Joe Biden è diventato un presidente di guerra. Ciò che, in fondo, è sempre stato nella lunga carriera politica: basti ricordare che nell’ottobre 2002, fu uno dei 77 senatori che concesse al Presidente George W. Bush l’autorità di usare la forza in Iraq. Biden assunse anche una posizione aggressiva anche sul conflitto in Jugoslavia, incoraggiando l’allora presidente Bill Clinton a intraprendere una guerra su vasta scala contro la Serbia. "Chi pensa che la Nato potrà esistere tra cinque anni, sostenuta dall’opinione pubblica e da un centinaio di miliardi di dollari di fondi statunitensi, se la Nato non può svolgere alcun ruolo nel portare la pace in quest’area del mondo, o almeno fermare la portata dell’aggressione?” si chiese Biden nel 1993, mentre spingeva gli Stati Uniti e l’Europa a dichiarare guerra. Nel 1999, come ricorda The Intercept, Biden arrivò al punto di suggerire che «un’occupazione della Serbia in stile giapponese-tedesco». Raramente, nel corso della sua longeva e influente carriera di senatore, si oppose agli interventi militari dell’esercito americano all’estero: come in occasione della Prima Guerra del Golfo, nel 1991, salvo poi affermare di aver «commesso un errore» nell’essersi opposto. [...]

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