Come si andrà in pensione nel 2025? Tra dubbi e certezze, ecco cosa sappiamo a riguardo.
Ci sono molte certezze e ancora qualche dubbio sulle regole per andare in pensione nel 2025. Se da una parte non bisogna aspettarsi novità significative per quanto stabilito dalla legge Fornero (che resterà al proprio posto), dall’altra ci sono misure il cui destino è tutto da scrivere.
In particolare per l’Ape Sociale e Opzione Donna, come pure per Quota 103: tutte opzioni di pensionamento introdotte per riconoscere una maggiore flessibilità in uscita rispetto a quanto stabilito dalla legge Fornero ma in scadenza nel 2024.
Nell’attesa che il governo si esprima riguardo a una possibile riforma delle pensioni nel 2025 (che si preannuncia più complicata) vediamo dunque quali sono le regole già confermate per il 2025 e i requisiti da soddisfare per smettere di lavorare.
Pensioni, con questi requisiti ci vai sicuramente nel 2025
Come anticipato, nel 2025 non sono attese novità significative per le pensioni, con la legge Fornero che nonostante i proclami di una parte della maggioranza non verrà toccata.
A ciò va aggiunto che nonostante il prossimo anno fosse in programma un aggiornamento dei requisiti per la pensione con le speranze di vita, è stato scongiurato un aumento in quanto non c’è stata una variazione tale da giustificare un incremento dell’età pensionabile.
Quindi, significa che possono andare in pensione tutti coloro che soddisfano i requisiti indicati nella seguente tabella.
Opzione di pensionamento | Contributi versati | Età anagrafica | Importo pensione maturata | Altri requisiti |
---|---|---|---|---|
Pensione di vecchiaia | 20 anni (15 anni per chi soddisfa le condizioni per accedere alle deroghe Amato) | 67 anni | Almeno pari all’importo dell’Assegno sociale, ma solo se non ci sono contributi maturati prima del 31 dicembre 1995 | |
Pensione di vecchiaia | 30 anni | 66 anni e 7 mesi | --- | Essere lavoratori gravosi |
Pensione di vecchiaia | 5 anni, ma tutti maturati dopo il 1996 | 71 anni | --- | --- |
Pensione di vecchiaia | 61 anni gli uomini, 56 anni le donne | 20 anni | --- | Riduzione della capacità lavorativa di almeno l’80% |
Pensione anticipata | 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne | --- | --- | --- |
Pensione anticipata | 20 anni, ma tutti maturati dopo il 1996 | 64 anni | Almeno pari a 3 volte l’importo dell’Assegno sociale, 2,8 volte per le lavoratrici con 1 figlio, 2,6 volte per quelle con almeno 2 | --- |
Quota 41 | 41 anni, di cui almeno 12 mesi maturati entro il compimento dei 19 anni | --- | --- | Bisogna essere disoccupati, invalidi (almeno al 74%), caregiver, lavoratori usuranti o gravosi. Inoltre, ne sono esclusi i contributivi puri |
Quota 97,6 | almeno 61 anni e 7 mesi | almeno 35 anni | --- | La somma tra età e contributi deve dare 97,6. Questa misura inoltre è riservata ai soli lavoratori usuranti |
Le incognite
Ci sono poi le incognite, per quanto ad esempio per l’Ape Sociale tutto lascia pensare a una conferma con i requisiti attuali. Il cosiddetto anticipo pensionistico è in scadenza a fine 2024 ma il governo non dovrebbe avere problemi a trovare le risorse per confermarlo, specialmente dopo l’incremento del requisito anagrafico scattato con l’ultima legge di Bilancio.
Anche nel 2025 quindi disoccupati, invalidi (almeno al 74%), caregiver e gravosi possono smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi con 30 anni di contributi (6 in più per i gravosi) percependo nel contempo un’indennità sostitutiva di pensione (senza alcuna penalizzazione futura).
Maggiori incognite ci sono per Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi) che il governo vorrebbe sostituire con Quota 41 per tutti (togliendo quindi il limite di età). Un’operazione che dipenderà dalle risorse a disposizione del governo.
Difficile anche immaginare un destino per Opzione donna, misura che il governo ha nuovamente ritoccato nel 2024 consentendo l’accesso alle sole lavoratrici con almeno 61 anni (con la possibilità di ridurre questo requisito di 12 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 2 anni) che sono invalide, caregiver o licenziate (o in corso di) da grandi aziende.
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