Pensioni, perché evitare la bomba sociale mette a rischio la riforma stessa

Simone Micocci

1 Giugno 2023 - 10:14

Pensioni, Giorgia Meloni assicura che farà il possibile per scongiurare il rischio di una bomba sociale. Ma poi si contraddice quando parla di anticipi.

Pensioni, perché evitare la bomba sociale mette a rischio la riforma stessa

Giorgia Meloni nello svelare il piano sulle pensioni ha posto l’attenzione sulla necessità di “garantire la tenuta del sistema ed evitare il manifestarsi di una bomba sociale nei prossimi decenni”.

Serve quindi una messa in sicurezza della spesa pensionistica che in futuro potrebbe essere a rischio a causa dei cambiamenti demografici del Paese: il fatto che si facciano sempre meno figli, aggiunto alle difficoltà legate al mondo del lavoro, farà sì che nei prossimi anni il rapporto tra pensionati e lavoratori, dal quale dipende l’equilibrio del sistema pensionistico, si assottiglierà sempre di più arrivando a essere di uno a uno (come da stime dell’Inps).

E va considerato anche che con il passaggio integrale al regime contributivo sempre più pensionati rischiano di arrivare all’età della pensione con un assegno molto basso che talvolta potrebbe persino essere un impedimento per il pensionamento stesso. Ricordiamo, infatti, che per andare in pensione a 67 anni chi rientra interamente nel contributivo deve avere un assegno almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale. In caso contrario bisognerà aspettare, persino fino ai 71 anni di età se serve.

Problemi sui quali gli ultimi governi, pur sottolineando la necessità di una pensione di garanzia, non sono intervenuti, in quanto il più delle volte hanno preferito concentrarsi su misure di breve periodo più utili per incrementare i consensi. Giorgia Meloni, invece, sembra porre l’attenzione anche sul lungo periodo: tuttavia, il fatto che poi ribadisca che prima di tutto si agirà sugli anticipi sembra essere una contraddizione, vediamo perché.

Giorgia Meloni sulle pensioni: “Prima gli anticipi, poi la messa in sicurezza del sistema

In Italia non si va in pensione più tardi rispetto agli altri Paesi, o meglio non è vero che da noi l’età della pensione è 67 anni. Questa, infatti, è solamente l’età richiesta per l’accesso alla pensione di vecchiaia, una delle tante disponibili: basti pensare che l’Inps ha accertato che nel 2022 l’età media dei pensionamenti anticipati è arrivata a 61,2 anni di età per capire che di fatto in Italia si va in pensione molto prima rispetto a quanto si è soliti credere.

Tuttavia, da anni si punta ad abbassare ulteriormente l’età pensionabile: d’altronde si tratta di un tema che coinvolge larga parte dell’elettorato e da cui quindi è complicato distanziarsi.

Ed è probabilmente per questo motivo che Giorgia Meloni ha confermato che l’anticipo della pensione sarà l’oggetto del primo tavolo di confronto con i sindacati. Sarà qui - una volta che l’Osservatorio incaricato completerà la fase di studio facendo chiarezza su quante risorse potranno essere destinate alla flessibilità - che si discuterà dell’eventualità Quota 41 per tutti, nonché della possibilità di abbassare ancora di più l’età pensionabile rispetto a quanto definito dalla legge Fornero del 2011.

Un’intenzione che sembra essere una contraddizione: già Quota 100, voluta dalla Lega, ha appesantito ancora di più la spesa pensionistica in Italia, figuriamoci cosa succederebbe con Quota 41 per tutti strutturale che interesserebbe anche una platea più ampia.

Come mettere al sicuro la spesa pensionistica se nel frattempo aumenta?

Concludiamo con una domanda a cui speriamo il governo Meloni risponda presto. Il dubbio è legittimo: gli allarmi su cosa succederà alle pensioni nel prossimo futuro ormai si susseguono da anni e finalmente sembra sia arrivato un presidente del Consiglio che pone questo tema in cima al proprio programma.

E lo fa utilizzando termini forti, come appunto il “rischio di una bomba sociale” laddove non si intervenga fin da subito sulle pensioni future.

Tuttavia, ci chiediamo come sia possibile mettere in sicurezza il futuro delle pensioni se si comincia dall’innalzare ulteriormente la spesa pensionistica: a meno di non prevedere qualche misura che si ripaga da sola, fissando ad esempio una penalizzazione dell’assegno per chi anticipa il pensionamento, qualsiasi nuova misura di flessibilità contribuirà ad appesantire i costi. E di conseguenza la messa in sicurezza sarebbe ancora più complicata.

Basti pensare a Quota 41 per tutti, per la quale si stima un costo di 4-5 milioni di euro l’anno, con un picco persino di 9 miliardi: questa, inserita in uno scenario dove la spesa pensionistica è già tendente al rialzo, mentre le entrate contributive rischiano persino di scendere, potrebbe rappresentare un ulteriore rischio per la sostenibilità della spesa pensionistica.

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