Negli Stati Uniti si verifica più di una sparatoria al giorno e ogni anno si contano circa 40 mila morti per armi da fuoco. Le stragi nelle scuole non bastano però a vietare le armi. Perché?
Ennesima sparatoria negli Stati Uniti. Un uomo è entrata nella sua ex scuola e ha sparato con armi d’assalto e una pistola uccidendo 5 persone: 3 bambini e 2 adulti. In seguito l’ex studente è stato ucciso dalla polizia sopraggiunta, aggiungendosi al numero delle vittime del massacro. È passato un mese dall’accorato messaggio - al quale non sono però seguite proposte concrete - lanciato dal presidente Joe Biden nel quale domandava al Congresso quanti altri bambini sarebbero dovuti morire prima che le armi d’assalto vengano vietate.
La risposta, per quanto brutale, è: quanti la “libertà” vuole. Il principio che regola il possesso delle armi negli Stati Uniti è proprio quello della libertà e della libertà di difesa iscritto nel secondo emendamento. Un testo datato, ma che anacronisticamente è ancora considerato valido per giustificare il possesso di armi. La cultura delle armi, che è la causa di circa 40 mila morti all’anno, è sostenuta e gonfiata da una lobby potente. La National Rifle Association of America (NRA) è nata proprio con lo scopo di fare gli interessi dei produttori di armi.
Cosa sono 40 mila morti l’anno, centinaia di sparatorie e strutture pubbliche prese d’assalto a confronto di un giro d’affari di decine di miliardi di dollari? Il paradosso è riassumibile attraverso le disumane parole del senatore del Texan, Ted Cruz, in seguito alla sparatoria dello scorso maggio: “La libertà di armarsi è sacra”. In altre parole i drammi da armi da fuoco si curano con più armi da fuoco, addestrando gli insegnanti e mettendo veterani di guerra sui tetti. Non è un modo di dire, è una vera proposta presentata dai conservatori e amanti delle armi.
La fondazione dello stato armato: come la libertà si declina nelle armi
La lobby delle armi può contare su una cultura delle armi ben radicata nel Paese per continuare a giustificare la vendita, la distribuzione e la presenza di armi. Ben il 42% degli americani ha dichiarato di possedere e/o vivere in una casa dove sono presenti armi (una o più di una). La stessa fondazione degli Stati Uniti, ovvero i principi fondamentali sui quali si poggia, determinano la libertà al possesso delle armi.
Non si può infatti nascondere che gli Stati Uniti sono nati da una guerra di indipendenza e che fino al 1776 erano colonie dominate dagli inglesi. Dopo l’indipendenza la struttura politica degli Stati Uniti è stata costruita affinché nessun dittatore potesse prendere il controllo, quindi si sono divisi i poteri, ma è stato anche dato ai cittadini il potere di difendersi.
Nella Costituzione è possibile leggere:
Essendo necessaria alla sicurezza di uno stato libero una milizia ben organizzata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non può essere infranto.
Il secondo emendamento è stato scritto per permettere ai ricchi proprietari terrieri, i fondatori degli Stati Uniti, di armarsi contro gli schiavi che tentavano la fuga. Oggi però questo viene usato proclamare la libertà del singolo di possedere un’arma, quindi la propria sicurezza.
Vietato vietare le armi: gli interessi di pochi vincono sulla sicurezza di molti
L’abrogazione del secondo emendamento richiederebbe il favore di due terzi del Congresso e la ratifica da parte di 38 Stati. In altre parole: è quasi impossibile. Soprattutto perché dall’altra parte dell’opinione pubblica, che in larga parte si sta convincendo sparatoria dopo sparatoria che il possesso delle armi vada quanto meno limitato (l’80% degli americani crede che sia necessario per lo meno controllare la biografia di chi acquista un’arma), ci sono enormi sforzi economici per lasciare tutto così com’è. Si tratta di potenti gruppi di pressione, ricchi imprenditori e politici ideologici che rivendicano nel diritto alle armi un tratto fondamentale dell’identità statunitense.
Parte di questa narrazione passa attraverso la propaganda conservatrice di media come Fox News che, tra complotti e propaganda, ha costruito una risposta efficace alle critiche sulle armi e alla richiesta di divieto che sorgono spontanee dopo una sparatoria (più di una al giorno secondo i dati ufficiali). Tra le proposte più assurde ci sono, per esempio, quella di armare i professori, far esercitare gli studenti, prevedere controlli all’ingresso degli edifici e mettere veterani di guerra sui tetti delle scuole.
La risposta più semplice alle sparatorie sarebbe vietare le armi, ovvero la formula “meno armi - meno vittime” tipico slogan di chi è contro le armi. Non basta dare un’arma a una brava persona per contrastare una cattiva persona armata (per usare le parole dell’amministratore dell’NRA Wayne LaPierre) e l’accesso facile alle armi declina ogni estremismo e situazione disperata in violenza e tragedia. Un discorso questo spesso rivolto verso la polizia, considerata poco addestrata per gestire le situazioni e fin troppo propensa all’uso della violenza. Un mix che, in aggiunta al razzismo e alla disparità non può che gonfiare la sfiducia verso le istituzioni.
Cultura e propaganda si sostengono e vanno a braccetto contro i tentativi di vietare le armi negli Stati Uniti. Un cambiamento è difficile, certo non impossibile, ma non sono in molti a volersi fare portavoce di una campagna contro le armi, cioè contro la difesa, la sicurezza e la libertà individuale che ha fondato gli stessi Stati Uniti.
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