Si ammala, perde il lavoro e gli danno 190 euro di pensione: “Come farò ad andare avanti”?

Simone Micocci

25 Aprile 2024 - 09:45

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La storia di Mario (nome di fantasia) che dopo una malattia ha visto stravolgere la sua vita. Perde il lavoro, lo Stato gli riconosce una pensione di appena 190 euro.

Si ammala, perde il lavoro e gli danno 190 euro di pensione: “Come farò ad andare avanti”?

Oggi ammalarsi in Italia e perdere la capacità di svolgere un’attività lavorativa rappresenta un vero e proprio dramma: le misure di welfare previste, infatti, non sono adeguate a far sì che la persona possa far fronte alla perdita dello stipendio dal momento che nella peggiore delle ipotesi ne può risultare una pensione pari al 5% o 10% dello stipendio percepito.

Lo conferma una storia che vogliamo raccontarvi, che vede come protagonista Mario (nome di fantasia) che all’età di 35 anni si ammala di tumore che lo costringe a un’operazione altamente invasiva che gli cambia per sempre la vita: per il resto dei suo anni, infatti, dovrà utilizzare uno stoma, una sacca per colostomia in cui si raccolgono le feci provenienti dal colon.

Purtroppo questa nuova condizione gli impedisce di svolgere l’attività lavorativa dalla quale percepiva uno stipendio di 2.000 euro: per incompatibilità tra lo stato di salute e le mansioni svolte, infatti, l’azienda è costretta a licenziarlo.

Ha la possibilità di prendere l’indennità Naspi, ma Mario preferisce richiedere l’Assegno ordinario di invalidità (incompatibile con la disoccupazione) così da non precludersi la possibilità di lavorare altrove.

Da lì l’amara scoperta: non solo l’importo della pensione percepita è molto basso e insufficiente per vivere, ma per alcune circostanze gli è anche preclusa la possibilità di beneficiare di altri sostegni statali.

Assegno ordinario di invalidità da 190 euro dopo un tumore

L’Assegno ordinario di invalidità è quella prestazione economica che spetta, su domanda dell’interessato, a coloro la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale, a patto però di aver maturato almeno 5 anni di contribuzione di cui almeno 3 nel quinquennio che precede la data di presentazione della domanda.

Mario soddisfa entrambi i requisiti, capacità lavorativa ridotta di più di due terzi (e un’invalidità del 90%) e 8 anni di contributi complessivamente maturati.

Fa quindi domanda di Assegno ordinario di invalidità che gli viene ovviamente riconosciuto, a fronte di un importo calcolato utilizzando le stesse regole previste per il calcolo della pensione. Nel suo caso specifico, avendo iniziato a lavorare dopo il 1996, si prendono i contributi versati ogni anno che dopo essere stati rivalutati costituiscono il cosiddetto montante contributivo che a sua volta viene trasformato in pensione utilizzando un coefficiente che per chi non supera i 57 anni è pari al 4,270%.

Ebbene, Mario ha lavorato per 8 anni percependo una retribuzione media di 22 mila euro, accantonando così 7.260 euro per ogni anno di lavoro. Ne risulta un montante contributivo di 58 mila euro circa, sul quale una volta applicato il suddetto coefficiente di trasformazione viene riconosciuto un Assegno ordinario di invalidità di 190 euro mensili, quindi quasi 1.800 euro in meno rispetto a quanto percepito come ultima retribuzione.

Un importo che non gode dell’integrazione al trattamento minimo della pensione dal momento che è precluso a chi come Mario ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 essendo così considerato un “contributivo puro”.

L’impossibilità di accedere ad altre forme di sostegno

Quel che non vi abbiamo detto è che Mario è padre di due figli; sua moglie lavora part-time percependo 600 euro di stipendio. Nonostante abbia provato a cercare un nuovo impiego per far fronte alla netta riduzione dell’entrata mensile del marito non riesce a trovare altro.

Allora Mario inizia a svolgere un’attività come autonomo, integrando così con impegno e dedizione, nonostante le sue condizioni di salute, l’importo dell’Assegno ordinario di invalidità. Il problema è che lo svolgimento dell’attività lavorativa porta con sé una beffa: la riduzione dell’AOI stesso.

Intanto perché essendo a tutti gli effetti un reddito l’importo dell’Assegno rientra nella base imponibile, essendo così soggetto alle trattenute Irpef e addizionali. Senza dimenticare la trattenuta prevista dalla legge n. 335 del 1995, con la quale l’importo percepito a titolo di AOI viene ridotto del 25% in presenza di altri redditi tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo, (tra i 31.127,72 euro e i 38.909,65 euro nel 2024). E il taglio nel peggiore dei casi può arrivare fino al 50%.

E va aggiunta l’impossibilità per Mario di richiedere anche la pensione di invalidità civile nonostante una percentuale del 90%. Questa, infatti, è incompatibile con l’Assegno ordinario di invalidità salvo il caso in cui non sussista o l’invalidità civile al 100% o l’inabilità lavorativa.

Il peggioramento delle condizioni di salute

Qualche anno dopo le condizioni di salute di Mario peggiorano, tanto che gli viene riconosciuta l’invalidità al 100%. Deve smettere di lavorare, mantenendo così l’Assegno ordinario di invalidità (che ricordiamo essere di 190 euro) come unica entrata.

Il problema è che il reddito di Mario aggiunto a quello di sua moglie impediscono al nucleo familiare di percepire altre forme di sostegno, come ad esempio il Reddito di cittadinanza (ora sostituito dall’Assegno di inclusione), per il superamento dei limiti reddituali richiesti.

Così come Mario non ha la possibilità di fare richiesta per la pensione di invalidità, che per quanto compatibile con la percezione dell’Assegno ordinario di invalidità quando l’invalidità è del 100%, presenta una problematica. Nell’anno di liquidazione viene calcolato sulla base del reddito percepito nell’anno stesso, mentre quello successivo sul reddito dell’anno precedente.

E dal momento che in quell’anno ha guadagnato un reddito superiore alla soglia richiesta per godere della pensione per invalidi al 100% (che oggi è pari a 19.461,12 euro), Mario non può fare domanda per la pensione prima di un anno e qualche mese. Ma Mario neppure ci arriverà a quel momento, in quanto muore a seguito di un ulteriore peggioramento.

Cosa ci insegna questa storia

Per quanto il welfare italiano preveda una serie di misure a sostegno di chi si trova in questa situazione, Mario è stato tagliato fuori da tutte. La sua famiglia si è trovata a far fronte improvvisamente a una netta riduzione dell’entrata mensile, con la difficoltà di far fronte al mutuo sottoscritto per l’acquisto della prima casa di abitazione e alle altre spese mensili, anche perché nel contempo ha visto aumentare le spese sanitarie.

Come farò ad andare avanti?” chiese Mario all’operatore di patronato a cui si è rivolto quando questo gli comunicò che oltre ai 190 euro di Assegno ordinario di invalidità non c’erano possibilità per richiedere altri sostegni di Stato.

Effettivamente questa situazione dimostra come il nostro sistema di welfare presenti delle lacune non riuscendo a intervenire adeguatamente per dare sostegno a chi per cause di forze maggiori si trova costretto a interrompere, momentaneamente o parzialmente, l’attività lavorativa.

Per questo motivo, oggi sottoscrivere una polizza per infortuni e malattia sembra essere l’unica soluzione per mettersi al riparo dalla perdita improvvisa e non preventivata di un reddito da lavoro, per quanto rappresenti sicuramente una soluzione onerosa.

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