Bond oggi: ne avete in dollari? Come evitare l’effetto Fed
Lorenzo Raffo
18 marzo 2022
I rialzi dei tassi determineranno impatti negativi sulle quotazioni delle obbligazioni a cedola fissa. Quattro Etf consentono di ammortizzare questa fase, destinata a proseguire almeno per un anno.
La Fed intende dunque rialzare i tassi almeno sette volte nell’arco all’incirca di un anno solare. Ci riuscirà o anche oltreoceano si sentirà l’effetto depressivo per l’economia dovuto alla guerra in Ucraina, il che potrebbe modificare le scelte di Powell e compagni? Difficile prevederlo ma il netto incremento di rendimento del decennale Usa ha certamente dato un impulso. Il superamento infatti del 2% e una salita quasi al 2,2% scontano già parte di questi aumenti.
E anche sul fronte dei corporate Usa si sono viste evoluzioni negative delle quotazioni. L’Etf più liquido in tale ambito, l’iShares Usd Corporate Bond (Isin IE0032895942), da inizio anno ha perso il 6,8%, sebbene a livello annuale resti positivo dello 0,8%.
La svolta Fed quindi si comincia ad avvertire ma potrebbe determinare nei prossimi mesi – se confermata nei fatti – cali ancor più consistenti dei prezzi.
Due alternative percorribili
A questo punto chi detiene obbligazioni in dollari si domanda inevitabilmente cosa fare. Le opzioni sono molteplici. Se si hanno scadenze molto lunghe si possono accettare i movimenti negativi dei prezzi e continuare a incassare cedole interessanti oppure attendere l’esaurimento della politica rialzista Fed e poi mediare, grazie al fatto che le emissioni in Usd sono quasi tutte a basso taglio (2.000 Usd).
Oppure si può vendere, tenere la liquidità su un conto in valuta e rientrare quando tutta la debolezza si sarà esaurita, switchando per esempio su altre emissioni.
Una terza strada consiste nel cercare di contenere l’inevitabile volatilità che ne conseguirà trasferendo parte o totalità del capitale detenuto su bond in Usd verso Etf un po’ particolari, adatti a situazioni di questo tipo.
Uno dei più seguiti dagli istituzionali è l’iShares $ Treasuries 1-3 anni (Isin IE00B14X4S71), che avendo come sottostanti emissioni molto corte risente poco del rialzo dei tassi. Lo confermano due dati: da inizio anno è calato soltanto dello 0,2%, con una volatilità su base annua del 5%, quindi molto bassa. Distribuisce cedole due volte l’anno ma si tratta di importi contenuti. Lo scopo di questo Etf sta proprio nell’ammortizzare spinte ribassiste inevitabili per le emissioni lunghe a tasso fisso se la Fed attuerà la sua svolta di politica monetaria.
Opzione più specialistica è l’iShares $ Corporate Bond Esg 0-3 anni Hedged (Isin IE00BG5QQ390), relativo agli “investment grade” sostenibili sempre corti e in più con cambio protetto €/$. Da inizio anno ha perso quasi il 2%, attribuibile però al rafforzamento del dollaro. Anche in questo caso la volatilità è bassa, dell’ordine di un 5% su base annua.
Una terza strada
Inevitabile l’alternativa di un Etf sui tassi variabili. Se la Fed manterrà l’impegno di sette aumenti e ammettendo che siano tutti dello 0,25% si tratterà in totale di un 1,75%, valore complessivo tutto sommato significativo dopo anni di “penuria”.
A tale scopo si rivolge l’Etf Amundi Floating Rate Usd Corporate Esg (Isin LU1681040900), che replica titoli societari emessi da aziende di mercati sviluppati selezionati su parametri Esg (ambientali, sociali e di governance) a tasso variabile. Per chi lo volesse è disponibile anche nella versione a cambio coperto €/$ Amundi Floating Rate Usd Corporate Esg Eur Hedged (Isin LU1681041031). Entrambi non prevedono la distribuzione di cedole, che vengono quindi accumulate sul capitale.
Una combinazione fra mantenimento di tassi fissi (soprattutto se acquistati in passato sotto o sulla pari) e di Etf più protettivi appare in conclusione un compromesso adatto per affrontare una fase di incertezza dei bond in Usd, che potrebbe proseguire per almeno un anno.
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