Finanza Sostenibile

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di Giuseppe Montalbano

L’Europa vuole l’idrogeno, anche a costo dell’ambiente

Giuseppe Montalbano

21 dicembre 2020

L’Unione europea lancia un manifesto per lo sfruttamento dell’idrogeno come risorsa energetica sostenibile, ma l’idrogeno non è così “pulito” come sembra.

L'Europa vuole l'idrogeno, anche a costo dell'ambiente

L’unione europea ha lanciato lo scorso 17 dicembre un “importante progetto di comune interesse” per lo sviluppo e sfruttamento dell’idrogeno come fonte energetica sostenibile di primo piano nel quadro degli obiettivi UE per il contrasto al cambiamento climatico.

Un accordo raggiunto dopo un difficile negoziato che ha visto contrapposti una minoranza di Paesi decisi a considerare solo l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili, da una maggioranza orientata verso un approccio più ampio, che includesse come fonti anche il gas naturale e l’energia nucleare. Un’opzione, quest’ultima, motivata dai suoi promotori dalla necessità di ampliare i mercati e volumi della produzione di idrogeno, giudicati ancora bassi e insufficienti a livello europeo.

Ad avere avuto la meglio sono stati sostanzialmente i secondi. In questo modo l’UE apre le porte al mercato per l’idrogeno prodotto anche grazie a fonti inquinanti e di impatto nocivo per l’ambiente. Ancora una volta l’UE perde una grande occasione per imprimere una decisa scolta a favore delle energie sostenibili e rinnovabili.

Il Manifesto europeo per l’ìidrogeno

I 27 stati membri dell’Unione europea hanno adottato un’agenda di interesse comunitario per promuovere la ricerca, i mercati e la diffusione dell’idrogeno come risorsa energetica. L’accordo esprime la prevalenza di un’ampia coalizione di Stati che ha fatto pressioni, con successo, per annacquare i vincoli relativi ai metodi e processo di produzione dell’idrogeno, includendo fra questi anche quelli alimentati da un basso consumo di carbone, dal gas naturale e dall’energia nucleare. Una beffa per le organizzazioni della società civile e per diversi Paesi che si erano al contrario battuti per assicurare la sola inclusione di fonti rinnovabili fra quelle ammissibili nei processi di produzione di idrogeno.

Nel testo licenziato dal Consiglio si parla di una priorità da dare all’idrogeno prodotto “dalle fonti rinnovabili”, quali l’energia solare ed eolica. Si evidenzia allo stesso modo come questo fonte ecosostenibile sarà in particolare promossa per quei settori che sono complessi da de-carbonizzare con altri mezzi, come le industrie dell’acciaio e del cemento, quelle dei trasporti a lunga distanza, per cui una riconversione integrale all’energia elettrica risulterebbe estremamente problematica.

Il problema è che lo stesso testo del Consiglio, per rispondere alle domande di una maggioranza di Stati europei favorevoli a un approccio meno restrittivo sulla produzione e uso dell’idrogeno, riconosce l’esistenza di “differenti tecnologie sicure e sostenibili a basso consumo di combustibili fossili per la produzione dell’idrogeno”. In questo modo il “progetto di comune interesse europeo” apre le porte alla promozione e sviluppo dell’idrogeno prodotto da fonti non rinnovabili e potenzialmente dannose per l’ambiente, come il gas naturale o l’energia nucleare.

Come la commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, ha puntualizzato all’evento di lancio del manifesto, la Commissione darà supporto solo a quei progetti che possano dare un contributo significativo agli obiettivi di lungo termine nel contrasto al cambiamento climatico. Lo sviluppo di tecnologie per un “idrogeno verde” viene però accostato a quello relativo alla produzione di idrogeno a basso consumo di combustibili fossili, anche questo considerato parte integrante del percorso che avvicinerà l’UE al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050.

Le regole relative agli aiuti di Stato saranno così riviste e adattate per sostenere gli investimenti pubblici dei governi nella ricerca e sviluppo di progetti infrastrutturali e partnership pubblico-private finalizzate a espandere il mercato europeo dell’idrogeno, che sia esso “verde” o a tinte scure da carbone.

I dubbi sull’iniziativa

I governi di Austria, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo e Spagna, che più avevano premuto per vincolare l’iniziativa sull’idrogeno alle fonti rinnovabili, hanno sottoscritto il manifesto non senza riserve. In una lettera congiuntai cinque Paesi europei hanno ribadito la necessità per la Commissione di promuovere attraverso la sua azione regolamentare la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili e pulite. Preoccupazione comune dei cinque governi è quella che il compromesso del Consiglio apra di fatto le porte al sostegno e investimenti nel settore del gas fossile, come chiesto a gran voce da Paesi come la Polonia e i Paesi Bassi.

Nella lettera, i governi “ambientalisti” dichiarano di aver sottoscritto il “Manifesto per lo sviluppo di una catena del valore europea per le tecnologie e sistemi sull’idrogeno” a patto che l’iniziativa si concentri esclusivamente sulla produzione di “idrogeno da fonti energetiche rinnovabili, dal momento che consideriamo questa tecnologia come l’unica soluzione sostenibile di lungo termine per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050”.

Per questo i cinque Paesi si impegnano a lavorare “per promuovere questo punto di vista in occasione delle prossime iniziative normative a livello europeo, come la direttiva per l’energia rinnovabile e la prossima revisione del quadro regolamentare sul gas fossile”.

L’idrogeno “pulito” come soluzione?

Considerare la produzione di idrogeno come risorsa chiave nella transizione ecologica appare non poco problematico. Attualmente meno dell’1% per cento dell’idrogeno prodotto nel mondo proviene da fonti rinnovabili, mentre quasi il 90% della parte rimanente è legato allo sfruttamento dalle fonti fossili, principalmente gas. Ad oggi, quindi, parlare di idrogeno significa parlare di gas fossili: lo sviluppo del primo passa per l’espansione del secondo. Maggiore sfruttamento dei gas fossili significa incremento dell’industria estrattiva ad esso collegata e investimenti dei sistemi transnazionali di lavorazione e distribuzione, quali i gasdotti, con tutti i problemi legati ai rischi ambientali e impatti a livello sociali che simili progetti comportano.

Non è un caso quindi che l’industria del gas sia la principale sostenitrice dello sviluppo dell’idrogeno. Una lobby assai influente, che vede nell’idrogeno una via maestra per accedere ai sussidi e finanziamenti europei legati al Green Deal e al Recovery Plan legati all’adeguamento e potenziamento dei gasdotti per il trasporto dell’idrogeno. Una finta riconversione verde che di fatto si ancora a un potenziamento dell’industria fossile e che l’UE appare decisa a sostenere, sacrificando in nome degli interessi dominanti del settore energetico europeo i suoi stessi obiettivi di neutralità climatica.

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