Trasparenza sulle scelte della BEI: la sentenza della Corte europea rafforza il controllo sugli investimenti sostenibili
Giuseppe Montalbano
8 febbraio 2021
Con una sentenza storica, la corte di giustizia europea stabilisce che i prestiti della Banca europea degli investimenti per le attività eco-sostenibili debbano essere trasparenti e soggetti a revisione interna.
La Corte europea di giustizia ha dato ragione alla richiesta avanzata dalla Ong Client Earth di un riesame del finanziamento concesso dalla Banca europea degli investimenti (BEI) per la costruzione di una centrale elettrica a biomassa in Spagna.
Secondo l’organizzazione che raccoglie legali e avvocati a difesa dell’ambiente, il prestito della banca sarebbe stato illegittimo, non potendosi configurare come progetto per lo sviluppo di energia rinnovabile: destinazione al quale l’investimento doveva invece essere vincolato. La BEI aveva rigettato la richiesta di revisione sulla base delle presunte prerogative sancite dalla dichiarazione di Aarhus, venendo platealmente smentita dai giudici della corte di Lussemburgo.
Si tratta di una sentenza storica che obbligherà di fatto il maggiore investitore pubblico europeo a garantire più adeguati livelli di trasparenza e responsabilizzazione nelle sue scelte di investimento verso progetti sostenibili.
Da questo momento organizzazioni e cittadini europei potranno contrare su un ulteriore strumento di controllo sull’operato della principale istituzione UE impegnata negli investimenti per la sostenibilità, che ha da poco presentato il suo piano di interventi a favore della transizione ecologica.
La corte europea contro la BEI
Lo scorso 27 gennaio la Corte di giustizia dell’UE ha stabilito che la BEI debba dar seguito alla richiesta inoltrata dalla Ong Client Earth di riesaminare la decisione con cui il consiglio direttivo della banca aveva destinato un finanziamento da 60 milioni di euro per lo sviluppo di energie rinnovabili alla costruzione di una centrale a biomassa in Galizia. Come denunciato dai legali della Ong nel 2018, infatti, il prestito della BEI non avrebbe rispettato i criteri e condizioni previsti per i finanziamenti in attività sostenibili.
Una richiesta rispedita al mittente dalla banca europea, sulla base di un’interpretazione restrittiva della convenzione di Aarhus, il trattato internazionale che tutela l’accesso da parte dei cittadini all’informazione e alla giustizia in materia ambientale", sottoscritto dall’allora Comunità europea nel 1998. Ma l’organizzazione di avvocati ed esperti di diritto per l’ambiente non si è data per vinta e ha fatto ricorso alla Corte di giustizia europea: il primo caso in cui la BEI sia stata portata di fronte alla Corte da una Ong.
Secondo la legale di ClientEarth. Anna Heslop, “questo caso getta una luce sulla mancanza di trasparenza nell’approccio utilizzato dalla BEI nel finanziamento di suoi progetti, alcuni dei quali hanno un impatto ambientale significativo”. Una mancanza di trasparenza particolarmente pericolosa, considerando che la BEI è la banca multilaterale più impegnata in investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile. “Nonostante l’uso di risorse pubbliche, la BEI fornisce informazioni minime in merito alle sue decisioni di finanziamento e rifiuta di sottoporre quelle stesse decisioni alle verifiche richiesta dal diritto europeo”.
La Corte di Lussemburgo non si è espressa nel merito del finanziamento contestato, ma ha dato ragione alla richiesta che la BEI riesamini la decisione alla luce delle violazioni ed errori contestati da Client Earth. Come si legge nel comunicato stampa della sentenza, “l’obiettivo del legislatore europeo” nel sottoscrivere la convenzione di Aarhus “è stato quello di garantire al pubblico ‘ampio accesso alla giustizia’ e che quell’obiettivo riguardava, più in generale, l’intento del legislatore UE di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente, assicurando, a tal fine, che i cittadini potessero svolgere un ruolo attivo”.
Una BEI più trasparente
La sentenza costituisce un importante precedente, secondo cui la BEI dovrà assicurare la revisione interna delle proprie decisioni di investimento a quelle organizzazioni e cittadini che ne faranno richiesta secondo i termini sanciti dalla dichiarazione di Aarhus.
Si sancisce così un principio fondamentale: una banca pubblica di investimento come la BEI, finanziata col budget comunitario, deve garantire la massima trasparenza nelle sue scelte e deve poter rispondere a quei contribuenti da cui provengono le risorse in caso di violazione dei suoi obiettivi di finanziamento.
Secondo CounterBalance, l’Ong europea che vigila sull’operato della BEI, “questa rappresenta una decisione storica: per la prima volta una Ong riesce a rompere l’immunità legale della BEI di fronte alla corte europea”. La stessa Ong aveva a lungo denunciato l’assenza di trasparenza della BEI e le sue decisioni spesso arbitrarie quanto ai progetti beneficiari degli investimenti sostenibili.
L’agenda della BEI per lo sviluppo sostenibile
La sentenza della Corte europea di giustizia arriva una settimana dopo la pubblicazione del rapporto annuale della BEI, in cui la banca ha esposto il suo piano di investimenti finalizzato a mitigare i cambiamenti climatici, in linea con la sua agenda ambientaledel novembre 2020. La banca si impegna a destinare la metà dei suoi prestiti a sostegno dei progetti per la sostenibilità climatica e ambientale definiti da Green Deal europeo. Lo stesso presidente della BEI, Werner Hoyer, ha affermato che si debba “affrontare la realtà: il futuro non appartiene più ai combustibili fossili e dobbiamo essere credibili su questo”.
Il problema è che gli impianti a biomassa sono considerati dalla BEI fra le attività ammissibili per i progetti di energia rinnovabile, assumendo che in quanto tali, le fonti utilizzate siano sostenibili. Ma che non tutti gli impianti a biomassa siano per definizione sostenibili o a emissioni zero lo ammettono le stesse aziende del settore.
Secondo Jennifer Jenkins, la responsabile per la sostenibilità di Enviva, il primo produttore al mondo di pellet di legno utilizzati per la produzione di energia elettrica e termica, “per apportare benefici climatici, la biomassa deve derivare da residui legnosi di bassa qualità, non da quelli pregiati che possono essere usati nella produzione di mobili o di materiali di costruzione”. Secondo recenti dati Eurostat, le biomasse rappresentano quasi il 60% dell’energia rinnovabile prodotta nell’UE: più che l’energia solare ed eolica insieme.
Visto il peso delle biomasse nella produzione di energie rinnovabili, appare cruciale assicurare una definizione precisa dei criteri e condizioni per cui il loro sfruttamento possa considerarsi sostenibile. Un passaggio che richiede lo sviluppo e pronta adozione dei nuovi standard europei per le attività sostenibili anche, se non innanzitutto, nelle valutazioni e decisioni di investimento interne alla BEI. In questo senso il caso Client Earth rappresenta un passo in avanti nella garanzia di una maggiore trasparenza della BEI, ma che in assenza di una più rigida definizione normativa del perimetro delle attività sostenibili non potrà risolvere da solo i problemi e rischi legati ai piani di investimenti europei per il clima.
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