Bond oggi – Allarme Italia: questi i livelli oltre i quali i Btp andrebbero in crisi
Lorenzo Raffo
5 gennaio 2023
Per il Financial Times nove economisti su dieci prevedono nubi grigie per i nostri titoli di Stato. Come determinare allora i valori da cui scatterebbero segnali di “sell” strutturale.
Cosa ci sia dietro l’allarme Italia è impossibile dirlo, visto che le correlazioni fra scelte dei poteri forti mondiali e comportamenti della finanzia globalizzata trovano conferme innegabili.
È pur vero che il nostro debito continua a crescere e che nessuno fa nulla per ridurlo. Non è comunque scopo di questo blog affrontare temi così enigmatici. Passiamo quindi subito alla sostanza dell’argomento Btp. Quando scatterebbe il segnale di tempesta? Numeri tecnici alla mano, ecco la risposta.
Decennale sotto analisi
Il rendimento del dieci anni (4,33% al momento) si muove su livelli che hanno caratterizzato il passato dalla fine degli anni ’90 fino al 2010. Poi si manifestarono nel 2011 picchi ben oltre il 5%, che i governi tecnici e l’intervento della Bce spensero velocemente. Tutto questo è noto.
Il 5% è quindi un livello di guardia? La risposta richiede conferme più metodologiche. Calcolando i “pivot point” (vale a dire i punti cardine) su base mensile, scelta più attendibile in situazioni di questo tipo, si registra al momento un quadro molto chiaro: al 5,07% avrebbe inizio un segnale di rischio.
È pur vero che attualmente nulla fa prevedere un’inversione così netta dello yield e quindi ribassista delle quotazioni di riferimento, sebbene qualche motivo di preoccupazione si registri. Sempre per il decennale, esaminato su periodicità mensile, tutti gli indicatori tecnici e le medie mobili sono infatti improntati allo “strong buy” e pertanto alla debolezza strutturale del sottostante. Solo su cadenza “daily” – poco significativa in situazioni complesse – si passa al “buy”. Intanto una costante si riscontra: è quella di una volatilità abbastanza elevata, il che consiglia di valutare con regolarità l’andamento di Btp eventualmente in portafoglio.
E il future dà questa risposta
Analizzando il derivato (apertura oggi a 112,4) il quadro diventa più problematico. Di fatto l’allarme sta per azionarsi, in quanto – sempre su base “monthly” – da settembre la quotazione si è avvicinata al supporto di 109,2, frutto di epoche lontane.
È infatti dal periodo a cavallo fra il 2012 e il 2013 che si è sempre mosso oltre tale livello, sotto il quale si aprirebbe il pericolo di una discesa verso area 100, ricordo di altri tempi. La tenuta quindi dei 109 è fondamentale ma ancor più lo sarebbe un ritorno sopra i 115, dove si collocano le relative medie mobili a 50 e 100 periodi.
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Lui viene da lontano
Infine un Btp interessante per valutarne il comportamento su base storica. Si tratta di un titolo trentennale emesso nel 1997 e quindi con scadenza 2027, tale da non risentire ancora dell’effetto rimborso. È il 6,5% Nv2027 (Isin IT0001174611): sceso nell’area dei 113 e allineato a una trendline ribassista iniziata nel 2015, quando toccò massimi sui 160 euro, da quattro mesi ha rotto il supporto dei 113,6, sotto il quale si apre un piccolo baratro che lo potrebbe riportare addirittura sui 100.
La sintesi quindi
I riferimenti grafici sono chiari e non lasciano intravedere quell’ottimismo che si era diffuso nelle ultime settimane attorno ai Btp. Di qui a presagire pessimismo ce ne vuole ma certamente il sentiment sta un po’ cambiando. Chi opera con i nostri titoli di Stato ne ha però viste di peggio. Attenzione allora ai riferimenti tecnici indicati. Messi assieme costituiscono una rete di protezione con cui evitare possibili (per ora più sulla carta che nella realtà) scivolate nel corso del 2023.
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