Bond oggi – Btp come ai tempi del 2011? Non scherziamo!
Lorenzo Raffo
15 settembre 2023
Perché questa volta saremmo in compagnia di altri governativi europei, che annaspano come quello italiano. Il vero rischio? La durata della stretta Bce.
Con il rendimento del decennale italiano attorno al 4,4% da più parti vengono espresse preoccupazioni per una nuova crisi del debito italiano. Motivi? La sua sostenibilità rispetto al rialzo dei tassi Bce, le incertezze politiche, le elezioni europee del prossimo anno, che potrebbero alimentare vendite da parte degli investitori istituzionali stranieri. C’è addirittura chi ipotizza uno scenario alla 2011, quando in poco tempo si passò dal 4,5-4,6% a oltre il 7%.
Peggio di noi tedeschi e francesi
La supposizione 7% appare al 99,9% improbabile. Il contesto del 2011 era del tutto diverso rispetto a quello attuale. Un eventuale forte rialzo dello yield del decennale potrebbe manifestarsi in presenza infatti di una crisi del contesto europeo. La vera differenza sta proprio in questo: allora eravamo soli nella bufera; oggi siamo inseriti in un contesto di debolezza di tutti i governativi dell’area euro. I numeri lo confermano. Il Btp a dieci anni ha aumentato il rendimento nel corso degli ultimi dodici mesi del 9,4% contro il +53% del collega tedesco e il +38% di quello francese.
È la pressione dei tassi a incidere fortemente sul trend, così come i timori di una debolezza economica del conteso Ue. Per Ray Dalio, guru finanziario e fondatore di Bridgewater Associates, uno dei maggiori hedge fund del mondo, il quadro risulta talmente complesso da consigliare al momento di collocarsi sulla liquidità. Con un 5% nell’area dollaro per le scadenze brevi e con una remunerazione al 4% per gli strumenti cash nel contesto euro sarebbe – almeno per lui – la scelta più idonea.
Quella barriera per i Btp al 5%
Ciò non esclude che i Btp siano interessanti, pur accettando il rischio di una possibile ulteriore debolezza. Alcuni gestori Usa hanno ipotizzato negli ultimi tempi il decennale italiano al 5%. In realtà da quando l’hanno detto sono già passati non pochi mesi. Supponiamo tuttavia un’ulteriore salita. In base all’analisi tecnica gli eventuali livelli da monitorare sono i seguenti: 4,52%, poi 4,6% e infine 4,71%. Si resterebbe in un contesto accettabile, seppur indigesto per il debito italiano. E’ pur vero che quest’ultimo è aumentato non di poco, sebbene accompagnato da una crescita parimenti di quello di altri Paesi europei. In Francia è raddoppiato dal 2000 in poi e tocca ora il 112% sul Pil. In Spagna è triplicato dal 2008 in poi salendo al 113% sul Pil. Solo la Germania si salva, ma forse con abili manovre contabili. Lo dimostra il Bund, indebolitosi non poco negli ultimi tempi.
Dipenderà dalla durata della stretta Bce
Certamente le minacce della Lagarde in merito a una possibile prospettiva di tassi alti ancora per un certo tempo sono l’elemento di maggiore incertezza per i Btp. Se la stretta proseguisse per anni innegabilmente gli effetti potrebbero pesare sulla tenuta del debito italiano. Il problema si porrebbe però anche per francesi, spagnoli e altri europei, alimentando le probabilità di immediati interventi ribassisti della Bce. Per gli investitori, che certamente hanno acquistato titoli lunghi in euro, l’incognita è identica: una stretta della Bce, che proseguisse negli anni, terrebbe fermo capitale a prezzi di carico interessanti ma più o meno invariati. Il che era forse poco prevedibile quando è iniziato il fenomeno di calo delle quotazioni dell’obbligazionario.
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