Bond oggi: Btp Italia, quelli da vendere e quelli da comprare
Lorenzo Raffo
15 settembre 2022
I differenti rendimenti fra corti e lunghi impongono valutazioni adeguate. Il mercato punta ora sull’emissione maggio 2025. I motivi di questa scelta.
Sono gli unici titoli della compagine dei governativi italiani a non subire eccessivi movimenti di prezzo, grazie alla loro particolare struttura: i Btp Italia risultano davvero anomali e lo dimostrano le evoluzioni degli ultimi mesi. C’è da notare tuttavia che i rendimenti delle singole emissioni si caratterizzano, pur essendo identico il sottostante, cioè l’indicizzazione all’andamento dell’inflazione italiana, misurata dall’indice Istat dei prezzi al consumo, per differenze non trascurabili.
Il Btp Italia aprile 2023 (Isin IT0005105843) si attesta infatti al 3,3% con una quotazione sui 102,5 euro, mentre l’ottobre 2027 (Isin IT0005388175) sale quasi al 9%, complice un prezzo sui 98 euro. Uno spread così rilevante è di gran lunga superiore rispetto a quello di equivalenti Btp a tasso fisso: il Btp 0,95% Mz23 si colloca all’1,54% mentre il 2,65% dicembre 2027 sale al 3,3%.
Il perché è presto spiegato: le curve degli yield delle due categorie di titoli di Stato sono totalmente diverse ed è corretto che lo siano, vista la differente struttura. I Btp Italia lunghi sono infatti più soggetti alla variabile tassi, così come avviene per i Btp classici, ma si espongono anche alle aspettative inflattive su cui c’è totale incertezza.
Quelli da “sell”
Si noti allora la suddivisione in due gruppi: gli uni con rendimento in corso inferiore al 5% (e quindi al dato dell’inflazione) e gli altri con rendimento superiore. I primi sono i corti, con scadenza entro il 2023, mentre ai secondi appartengono i medi e medio/lunghi, con scadenza dal 2024 al 2030.
Confrontandoli emerge quindi un divario netto, pur con contenute difformità di prezzo. Ciò dipende anche dal fatto che la cosiddetta cedola base, cioè il tasso reale annuo, cui si aggiunge l’indicizzazione, varia da emissione a emissione, passando dallo 0,25% all’1,60%. Valutando tutti questi fattori la parte corta della curva dei Btp Italia appare in conclusione cara e meno redditizia. Perciò da alleggerire.
Quello da “buy”
Da qualche settimana il mercato sembra deciso e si indirizza intanto sul 26/5/2025 (Isin IT0005410912), per tre motivi: il rendimento in corso all’8,3% è allineato al dato inflattivo di agosto su base annua; la scadenza inferiore ai tre anni consentirà di raccogliere almeno per due o tre cedole (previste a novembre e maggio di ogni anno) degli importi rilevanti, seppur probabilmente al ribasso; il coupon base dell’1,4% è una protezione rispetto al rischio – da valutare – che l’inflazione crolli, perché garantirebbe comunque un flusso cedolare accettabile.
Al momento si paga sui 102 ma se la Bce accentuasse la sua politica di rialzo dei tassi potrebbe scendere di oltre 100 pb, il che ne accentuerebbe l’efficacia in qualunque tipo di portafoglio.
Il 2030 un caso a parte
L’alternativa del più lungo in assoluto, ovvero del Btp Italia Gn30 (Isin IT0005497000), espone invece a una sensibilità ai tassi nettamente superiore e all’incognita deflazione, che nell’arco di qualche tempo non si può escludere. Bocciato quindi? No. Si presta bene a un alternativo piano di accumulo su debolezza, da iniziare per esempio in presenza di una discesa sotto i 98 euro, inferiore al minimo storico di 98,34 euro. Con la sua cedola dell’1,6% ha oggi il rendimento più alto in assoluto del 9,6% nell’ambito della tipologia “Italia”, ma uno yield così potente non deve trarre in inganno.
Già nel 2023 potrebbe calare se non addirittura crollare. Meglio allora cominciare adesso a tenere conto delle possibili variabili in gioco. Aspettando comunque dati aggiornati sul costo della vita in Italia, soprattutto nei prossimi tre-cinque mesi.
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