Bond oggi: consigli utili per creare un piano d’accumulo con i Btp
Lorenzo Raffo
31 agosto 2022
È un tema caldo, che piace a molti risparmiatori in prospettiva di profitti futuri. Gli errori da evitare e le scelte da seguire per una strategia tutto sommato semplice.
La debolezza dei Btp - così come di altri governativi e non solo in euro - si presta a iniziare un piano di accumulo di medio e lungo termine. Naturalmente bisogna strutturarlo bene e in merito ecco vari suggerimenti utili per non sbagliare.
No a grandi lotti
Spesso chi si esercita in questa forma di investimento obbligazionario pensa di avviarlo per abbassare il prezzo di carico di un importo rilevante già in portafoglio. Come modalità operativa non è certo ottimale. Se si dispone di 30.000 o 50.000 euro collocati per esempio sul Btp 2067 (Isin IT0005217390), acquistati un anno fa a 120 euro contro l’attuale quotazione a 78 euro, la scelta di spostare verso il basso l’importo iniziale riadeguandolo a quello in corso richiederebbe un impegno finanziario di tutto rilievo, possibile per pochi. In tal caso conviene piuttosto reinvestire solo le cedole incassate semestralmente se non utilizzate per esigenze personali.
Sì a piccoli lotti
Meglio partire da zero con una quota modesta: per esempio da un minimo di 1.000 a un massimo di 2.000 euro. Si aggiungono poi ulteriori quantità in presenza di variazioni al ribasso della quotazione di un 5 o di un 10%. Il punto di riferimento più conveniente per avviare un piano di acquisto obbligazionario sta nel livello in cui la media mobile a 200 sedute diventa negativa.
Torniamo al Btp 2067. La sua inversione da rialzista a ribassista è avvenuta a giugno 2021, quando il titolo quotava sui 111 euro. Se da allora si fosse realizzato un “buy” a ogni calo del 5% si sarebbero realizzati già 8 ordini con un prezzo di carico che risulterebbe ora di 93,4 euro, quindi nettamente superiore rispetto alla quotazione in corso.
Scegliendo invece la percentuale del 10%, gli eseguiti sarebbero stati quattro con un prezzo medio di carico ora di 95,4 euro. C’è allora un’alternativa un po’ più complessa. Consiste nell’incrementare l’importo investito in presenza di forti cali delle quotazioni, come sta avvenendo attualmente, situazione verificatasi poche volte nel corso degli anni 2000. Così facendo il prezzo di carico si avvicina sempre più a quello di mercato, che è poi l’obiettivo primario.
Quali titoli preferire
La scelta è inevitabile: sono da preferire bond con duration (sensibilità ai tassi) più elevate. Quindi con scadenze molto lunghe e maggiore volatilità, cioè rilevanti variazioni nel tempo delle quotazioni. I Btp ultradecennali che in taluni casi prezzano ormai fra 60 e 70 euro. Numeri alla mano ecco un confronto utile per scegliere al meglio.
Il Btp 2,15% 2072 (Isin IT0005441883) ha attualmente una volatilità su base annua del 22%, mentre il 3,5% 2030 (Isin IT0005024234) si limita soltanto al 9%. A qualcuno potrebbe interessare una cedola più elevata, ma per i Pac non è questo il fattore decisivo nell’individuazione del titolo da scegliere. La situazione molto particolare di un’inflazione alle stelle ha favorito nel 2022 anche gli “inflation linked”, ma solo della categoria indicizzata all’indice dei prezzi al consumo Eurostat, ovvero del contesto europeo. I Btp Italia invece si adeguano male a un simile utilizzo, tenuto conto della loro minore volatilità.
Quando iniziare?
Chi fosse in ritardo nella decisione di cogliere l’esasperata debolezza dei titoli di Stato può certamente attivare un Pac anche al presente, il che lo favorirebbe in termini di prezzo di carico iniziale. Logicamente, la percentuale di riferimento per ulteriori minori entrate dovrebbe limitarsi a un massimo del 5% su successive discese delle quotazioni, considerando ovviamente che il 5% sugli iniziali 70 euro è ben diverso rispetto al 5% cominciando da 110 euro.
Avviando la strategia adesso i vantaggi sono certamente maggiori in termini di minore capitale impiegato, ma nessuno poteva prevedere soltanto pochi mesi fa che il trend ribassista sarebbe stato così pesante. Ragionare con il senno del poi è infatti facile ma spesso fuorviante.
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