Bond oggi: emerging molto deboli. Sono un’opportunità solo se…
Lorenzo Raffo
4 novembre 2022
Quelli in divise locali hanno sofferto, sebbene per gli Etf – con valuta di denominazione Usd – le perdite siano state modeste. Quattro replicanti diversi per costruire dei piani di acquisto.
Nello scompiglio in corso sul fronte obbligazionario il settore più colpito non è quello dei titoli di Stato extralunghi in euro e dollari. C’è di peggio. Si tratta del debito “emerging”, bastonato da varie vicende. I numeri in realtà nascondono quasi del tutto quanto sta accadendo, perché gli strumenti a replica, ovvero gli Etf, miglior modo per puntare sul comparto, hanno come valuta di denominazione il dollaro Usa, anche quando i sottostanti si riferiscono a obbligazioni nelle diverse valute locali. Di qui una forte compensazione viene proprio dal rafforzamento dell’Usd sull’euro.
Depurando tuttavia il fattore cambio i numeri assumono dimensioni diverse. E l’asset dei bond emergenti perde in assoluto pressoché un 30% dai massimi, con lo spread rispetto ai Treasuries Usa salito da circa 280 a 380 pb nell’arco di un anno. Il risultato complessivo si traduce in yield lievitati in un biennio dal 4 al 7,8%.
È poco o tanto?
La domanda se la pongono anche gli specialisti del settore. Un 7,8% può apparire un valore di tutto rispetto per un piccolo e medio investitore ma è un punto di arrivo? Si avvertono vari motivi di incertezza. Un primo: gli emergenti sono stati colpiti da più tempo dal rialzo violento dell’inflazione, che ora sembra attenuarsi, salvo nel caso della Turchia. C’è l’incertezza su quanto ciò attenuerà le politiche monetarie molto restrittive applicate dalle varie Banche centrali.
Un secondo: l’analisi storica dimostra che un rendimento al 7,8% non è il massimo, in quanto più volte superato in passato in presenza di crisi economiche. Un terzo: il rischio default sta crescendo, soprattutto per emittenti minori, presenti tuttavia negli specifici indici. Se qualche Paese fallisse l’impatto si ripercuoterebbe anche su quelli più importanti, con vendite magari anche solo di breve periodo. Un quarto: una recessione mondiale peserebbe soprattutto sugli “emerging”.
Una risposta c’è
Quotazioni allora ancora ballerine: sembra scontato. Perdere tuttavia i rendimenti attuali e non entrare su quotazioni scese di molto si rivelerebbe un errore nel medio e lungo termine. I 380 punti base di spread sui Treasuries possono salire, magari anche a 500 pb. Una parte del viaggio è stata tuttavia percorsa e quindi attivarsi con entrate scaglionate sugli Etf è una scelta da valutare in rapporto alla capacità di rischio che ogni investitore esprime. Meglio così ripartire il rischio, puntando da una parte su replicanti in dollari e dall’altra su quelli a cambio coperto.
A distribuzione di cedole o no? La scelta dipende dall’ottica temporale che si ha. È evidente infatti che gli Etf cosiddetti ad accumulo reagiscono meglio in presenza di rimbalzi dei mercati. Ecco allora quattro prodotti con le diverse caratteristiche di cui si è detto.
Senza copertura sul cambio: iShares J.P. Morgan Emerging Local Government Bond (Isin IE00B5M4WH52 – valuta denominazione Usd – paga cedole semestrali – rendimento stimato in corso sul 5,5% - performance da inizio anno -10,1%).
A copertura sul cambio: SPDR Bloomberg Emerging Markets Local Bond Euro Hedged (Isin IE00BK8JH525 - valuta denominazione Eur – non distribuisce cedole – performance da inizio anno -19,8%)
Ad accumulo: SPDR Emerging Markets Local Bond (Isin IE00BFWFPY67 – valuta denominazione Usd – non distribuisce cedole – inizio quotazioni su Borsa Italiana a maggio; pertanto non è disponibile il dato delle performance da inizio anno)
A distribuzione di cedole ogni mese: Pimco Emerging Markets Advantage Local Bond (Isin IE00BH3X8336 – valuta denominazione Usd – paga cedole mensili – rendimento stimato in corso sul 5,3% - performance da inizio anno -1,3%).
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