Bond oggi: gli analisti premiano gli high yield e sfumano le azioni
Lorenzo Raffo
27 febbraio 2023
Comprare i primi e vendere le seconde: ci stanno pensando i professionisti della finanza. Il perché e come farlo da parte dei piccoli investitori.
Il Ftse Mib sopra i 27.000 punti un successo forse inatteso soltanto qualche settimana fa. Tutto bene quindi? Gli istituzionali appaiono un po’ perplessi rispetto all’ottimismo evidenziatosi da inizio anno e temono un’inversione di trend, dovuta soprattutto a trimestrali in prospettiva molto meno positive nei prossimi mesi. Si fa allora strada un’ipotesi alternativa. È quella dell’obbligazionario high yield, che potrebbe trarre vantaggio proprio da una correzione dell’azionario. Il ragionamento si basa su un’opinione assai semplice: se i rendimenti da dividendi cominceranno a scendere sia in Europa sia negli Usa lo spread rispetto ai bond a basso rating favorirà quest’ultimo asset.
E il rischio di credito?
Inevitabile tuttavia un’osservazione: le obbligazioni a basso rating comportano un rischio di credito di cui bisogna tenere conto. Da questo punto di vista si riscontra però una fiducia crescente. Il contesto per esempio delle emissioni oltre la singola B nei vari indici riferiti agli high yield si amplia e riguarda società precedentemente collocate sotto questo livello di rating. Nel caso, per esempio, del Credit Suisse High Yield Index la loro percentuale è passata in 15 anni dal 37 al 59%. Essere sopra la B significa cancellare una buona parte di pericolo, pur in presenza di rendimenti cedolari più che interessanti. Inoltre si assiste a un calo di quello che è stato il maggiore elemento di incertezza per gli high yield fino al 2020, la leva finanziaria, scesa di molto per numerose corporate.
Come collocarsi
Dato per scontato che buona parte delle obbligazioni a basso rating più remunerative non sono trattate sul regolamentato italiano, dove ci si concentra sui soliti nomi (Telecom, Saipem e pochi altri) per il contesto in euro e su Ford, Pemex e Petrobras per quello in dollari, l’alternativa inevitabile consiste negli Etf. Fra cui si può diversificare anche in termini di tipologia e di scadenze.
Prendendo un emittente fra i più conosciuti, quale Lyxor, si ha la possibilità per esempio di differenziare su high yield in euro corti (Lyxor Eur Short Term High Yield Bond – Isin LU1617164998 – a distribuzione di cedole – rendimento attuale sul 3,3% - performance a un anno negativa del 4,6% - volatilità bassa), high yield in euro su tutte le scadenze tipologia Esg (Lyxor Esg Eur High Yield – Isin LU1812090543 – a distribuzione di cedole rendimento attuale sul 3,5% - performance a un anno negativa dell’8,8% - volatilità media) e infine su high yield in euro solo del tipo a rating BB (Lyxor Eur Liquid High Yield BB - rating LU1215415214 – ad accumulo – performance a un anno negativa del 4% - volatilità bassa).
Quasi un parcheggio di liquidità
Può sembrare illogico ma nella fase in corso una gestione che affidi all’obbligazionario high yield in euro una parte di patrimonio che si svincolasse dall’azionario o che non si volesse detenere liquida appare meno azzardata di quanto sarebbe stata fino a pochi anni fa.
Certamente i ribassi messi a segno nell’ultimo anno sono parzialmente alle spalle ma l’high yield senza rischio di cambio appare una strada ancora percorribile, soprattutto se la Bce proseguisse sul rialzo dei tassi, ipotesi che però la politica vede male, esercitando pressioni affinché il trend si attenui. Senz’altro una strada ancor più remunerativa sarebbe quella di esporsi sul dollaro, preferibilmente con copertura del cambio. Qui si entra però in un altro mondo, più volatile. Ne scriveremo nei prossimi giorni.
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