Bond oggi – Inflazione, una battaglia forse vinta. Sebbene gli “inflation linked” servano ancora
Lorenzo Raffo
22 luglio 2024
Pur facendo mille calcoli. I Btp Italia perdono appeal, mentre i Btp€i lo mantengono. Ogni portafoglio è però un caso a parte.
I numeri sull’inflazione sono stati impietosi (in senso positivo) nell’ultima rilevazione relativa all’Italia. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, ovvero il parametro su cui si basa la rivalutazione dei Btp Italia, ha registrato una variazione nulla a giugno su base mensile e un incremento dello 0,8% su base annua.
Si è definitivamente chiuso un periodo di alta inflazione? I numeri lo accertano ma le tensioni geopolitiche potrebbero rialimentare focolai qua e là. Gli effetti dal punto di vista della gestione di un patrimonio – piccolo o grande che sia – risultano certamente favorevoli, poiché il rendimento netto delle obbligazioni a tasso fisso torna prepotentemente positivo, aprendo una finestra che potrebbe durare però poco per chi non sia già investito in tale ambito, date le probabilità di un rialzo delle quotazioni.
Btp Italia ormai inadeguati
Le vittime di questa situazione sono e saranno i Btp Italia, la cui componente da indicizzazione si adegua evidentemente all’inflazione nazionale, con in più un rischio oggi quasi impossibile ma che va tuttavia ipotizzato nelle relative variabili: è quello di una deflazione, contesto in cui tale categoria di emissioni pagherebbe solo la cedola nominale senza alcun premio inflattivo.
Parlarne oggi non ha senso ma esserne coscienti invece lo ha. Resta tuttavia da tenere conto di un aspetto ancora presente, dato l’andamento dei mercati. Si tratta del fatto che tutti i Btp Italia stanno quotando sotto 100: per esempio il giugno 2030 (Isin IT0005497000) scambia poco sopra i 96, poiché correlato al cosiddetto tasso cedolare base dell’1,6%, comunque riconosciuto in presenza di qualsiasi quadro inflattivo.
L’ultima cedola versata (28 giugno) è così scesa allo 0,882%, risultante dalla somma dell’indicizzazione del tasso cedolare reale annuo (0,80%) e dell’indicizzazione del titolo (0,082%). Il risultato appare in conclusione del tutto modesto e la quotazione sotto 100 è al momento il suo unico punto di forza.
L’alternativa c’è!
Che fare allora in questo contesto? La soluzione più semplice sta nel passare dai Btp Italia ai Btp a tasso fisso, magari allungando le scadenze e puntando su futuri rialzi più netti dei prezzi dei secondi. Un’alternativa consiste nel puntare sull’inflazione europea, che trova nei Btp€i lo strumento adeguato allo scopo. Naturalmente anche l’andamento dei prezzi in area euro si sta riadeguando ma con un andamento meno netto rispetto a quello italiano.
Eventuali tensioni geopolitiche si ripercuoterebbero subito e più velocemente sui coefficienti inflattivi della macro area, favorendo una migliore protezione di un portafoglio obbligazionario. Occorre naturalmente essere coscienti che i Btp€i (così come molti titoli simili di altri Paesi) non riconoscono l’inflazione semestralmente – il che avviene per i Btp Italia – ma l’accumulano sul capitale.
Certamente anche in questo caso c’è la cedola base, che versa semestralmente un ammontare calcolato moltiplicando il tasso di interesse fisso, stabilito all’emissione, per il capitale sottoscritto apprezzato sulla base dell’inflazione verificatasi tra la data di godimento e le date di pagamento. Questo effetto protettivo è comunque marginale, poiché il vero ruolo di indicizzazione sta – come detto - nella rivalutazione del capitale.
Attenzione alla scadenza
Se il passaggio da un Btp Italia a un Btp€i vi convince come strumento per garantire un potere di acquisto effettivo e quindi in ottica protettiva, meglio scegliere per i secondi scadenze non troppo lunghe e titoli con vita alle spalle non eccessiva, poiché occorre tenere conto dell’inflazione cumulata dalla data di emissione fino a quella di acquisto, che va assommata al prezzo indicato sul mercato secondario, il quale non è quindi quello realmente pagato.
Un esempio: il Btp€i 0,4% Mg2030 (Isin IT0005387052) soddisfa abbastanza bene tale richiesta e prezza inoltre sui 93,8 Eur nella fase in corso, garantendo quindi a scadenza anche una plusvalenza in conto capitale. La gestione inflattiva è tornata quindi a essere complessa e proprio per questo motivo impone una valutazione attenta per ogni singolo portafoglio, in base logicamente alla sua struttura e alle diverse aspettative di rendimento effettivo.
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