Bond oggi: Us Treasuries alla ricerca di liquidità. Rimbalzo in vista?
Lorenzo Raffo
27 ottobre 2022
È scesa e non di poco sia per i giganti della finanza sia per i piccoli investitori. Ecco cosa sta succedendo e inoltre alcuni consigli per non pagare un onere in più sulle vostre contrattazioni.
Il decennale Usa leggermente sopra il 4% è sì sceso rispetto ai massimi dell’anno ma non tanto finora da ipotizzare un’inversione di trend. Il problema resta un altro, come già segnalato in un precedente articolo. È quello della scarsa liquidità, penalizzante per noi poveri umani ma ovviamente molto più per i gestori professionali attivi sui desk di Wall Street. Cosa succede? Che, nel caso dei big, per acquistare o vendere importi molto rilevanti (da decine di milioni di dollari) ci si scontra con controparti meno attive.
Si finisce quindi per riscontrare quotazioni che si spostano per questo effetto, con una volatilità impropria complessa da governare. In alcune sedute si sono toccati livelli osservati solo in occasione della crisi del marzo 2020, all’esplodere della pandemia nel mondo.
Sottolinea così il problema un responsabile del desk bond di un’importante banca statunitense: “Abbiamo assistito a un apprezzabile e preoccupante deterioramento della liquidità del mercato dei Treasuries, anche perché le autorità competenti non sono intervenute in alcun modo per risolvere il grattacapo”.
Il Tesoro compra già?
Molti auspicano quindi che la Banca centrale Usa rientri pesantemente sul mercato con acquisti mirati sui titoli maggiormente esposti a picchi di illiquidità, ancor più pericolosi se si considera che l’aumento dei tassi in corso alimenta inevitabilmente un drenaggio di scambi, riscontrabile anche sulle piazze europee e perfino sulla Borsa di Milano, modesta per le contrattazioni di questa categoria di titoli. Si dice che a intervenire sia già stato in piccola parte il Tesoro (quindi non la Fed) e in merito si parla di un definitivo annuncio ipotizzato per il 16 novembre. Analizzarlo in base alle prime indiscrezioni vorrebbe dire entrare però in tecnicismi noiosi per chi legge.
Quello che interessa
Di qui un effetto che tocca un po’ tutto il mercato obbligazionario in dollari. Riguarda un incremento della volatilità intraday, che suggerisce attenzione a chi opera in questo segmento dei bond in valuta. Mettere ordini al meglio è diventato assolutamente sconsigliabile e lo conferma la stessa ammissione della Fed che i market maker – intermediari che regolano la liquidità dei mercati e che di fatto governano gli spread denaro-lettera – per complessi motivi tecnici sono stati costretti a nascondersi in alcune fasi delle contrattazioni.
Sorge pertanto il dubbio (lo definiamo tale!) che parte della riduzione dei rendimenti registrati nelle ultime sedute dipenda da mani amiche, spinte a intervenire in acquisti forzati. Si pensa ora che dopo il 16 novembre si registrerà un aumento delle quotazioni e quindi un calo dei rendimenti, dovuto proprio a buy finalizzati a regolare gli scambi.
Che qualcosa si debba fare è auspicabile anche nell’interesse del retail italiano, il quale paga una tassa impropria dovuta a spread denaro-lettera su Piazza Affari talvolta ampi per i titoli di Stato potenzialmente più liquidi del mondo. Oggi per il T-Bond 2% Fb2050 (Isin US912810SL35) si operava per esempio con 100 pb contro una media di settembre (alla stessa ora) di circa 50 pb. Attenzione quindi a questo aspetto: si tratta di un costo implicito, che su scala globale rappresenta una delle maggiori minacce alla stabilità finanziaria mondiale. Tocca i giganti ma penalizza pure voi!
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