Bond oggi: Btp€i volano all’8% di rendimento. È un buy o un sell?
Lorenzo Raffo
25 aprile 2022
Complice l’Hicp in area euro, salito al 7,5%. Si tratta di una situazione anomala, da gestire con cautela. I titoli da preferire.
Media scatenati nel prevedere il decennale italiano al 3% contro l’ultimo valore al 2,6%. Nel frattempo pochi si sono però resi conto che il rendimento degli “inflation linked” di casa nostra e soprattutto dei Btp€i è volato all’8% nel caso delle scadenze più lunghe, battendo ogni previsione, anche quelle più ottimistiche o pessimistiche, a seconda di come si osserva il problema. Da cosa dipende un simile “rush”? Dal dato di marzo dell’Hicp (indice prezzi al consumo armonizzati in Europa), il più alto da decenni, attestatosi al 7,5%.
Gli indicizzati UE alle stelle
Inevitabile l’effetto sui Btp€i, i cui rendimenti sono logicamente correlati appunto a tale parametro nonché all’andamento delle quotazioni, queste esposte alle tensioni sui tassi. La loro discesa – sotto certi profili incomprensibile per chi non conosca le dinamiche di prezzo degli “inflation”, simili ai tassi fissi – è il secondo fattore che determina l’innalzamento degli yield oltre limiti imprevedibili solo qualche mese fa. Il 2035 con cedola base 2,35% (Isin IT0003745541) è forse quello con la storia più significativa. Da massimi storici a 144 euro dell’ottobre 2021 è sceso a 130 euro. È un punto di arrivo? No, poiché graficamente potrebbe appoggiarsi nell’area dei 125 euro, sebbene i minimi siano ben più sotto e riferiti al 2020. Il problema oggi – volendosi collocare in ritardo su questa famiglia di “inflation linked” – sta quindi nell’identificare il livello di equilibrio fra evoluzione dell’aumento del costo della vita e corretta quotazione, connessa all’andamento futuro dei tassi. Attualmente i Btp€i scontano una politica monetaria più restrittiva ma se ciò non accadesse o si realizzasse solo per un breve periodo le quotazioni potrebbero tornare a innalzarsi.
4 anni sotto osservazione
Intanto è in corso il collocamento di un ammontare aggiuntivo per il Btp€i 15/5/2026 (Isin IT0005415416), che agli occhi di un piccolo e medio investitore ha due vantaggi: una scadenza a 4 anni, considerata fra le più idonee in un contesto così incerto quale quello in atto; un rendimento in corso al 6%, molto interessante considerando la complessa relazione prezzo/”duration” (ovvero sensibilità ai tassi). La riapertura di per sé è una delle tante nel contesto dei titoli di Stato ma merita attenzione proprio per i motivi appena esposti. Lo dimostra un numero da prendere sempre in considerazione. Si tratta del rapporto fra rendimento (6%) e “duration” appunto (2,8). Si colloca al positivo 2,1, valore di tutto rilievo se si considera che l’asticella idonea sta su 1.
Le scadenze più lunghe
Gli yield dei titoli con vite residue maggiori, oltre appunto i quattro anni, in alcuni casi salgono sopra il 6% ma comportano logicamente maggiore volatilità delle quotazioni. Un notevole interesse lo riscuote certamente il Btp€i 0,1% 2033 (Isin IT0005482994), che attualmente rende il 7,7%, scambiando sui 100,4 euro. Si adatta quindi bene a chi volesse entrare su questa tipologia di titoli di Stato puntando al rimborso finale in ottica di puro accumulo di inflazione futura sul capitale. La diversità di scadenze e di cedole base fa al momento dei Btp€i gli assoluti protagonisti della scena obbligazionaria. Inevitabile allora la domanda: comprare o vendere? L’ipotesi oggi preferibile sta nel muoversi sulla specifica curva, incassando eventuali plusvalenze e trasferendosi su titoli più equilibrati, quali quelli citati. Nel caso invece si sia in ritardo rispetto alla protezione inflattiva attenzione a considerare un aspetto ambiguo: come andrà l’inflazione nei prossimi anni? Dovrà inevitabilmente scendere, sgonfiando i rendimenti dei Btp€i, che resteranno comunque strategici in ottica appunto difensiva.
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