Come creare reddito in ottica 2023 con i dividendi più generosi di Piazza Affari
Lorenzo Raffo
26 settembre 2022
È il momento giusto per farlo ora, vista la debolezza delle quotazioni. Occorre individuare le azioni migliori. Una selezione di cinque titoli di Piazza Affari adatti allo scopo.
L’incertezza che domina i mercati rende difficile identificare la migliore strategia di investimento per di medio termine ma un salvagente comincia a mettersi in luce: sta nel cogliere i redimenti da dividendi distribuiti nei prossimi anni. Certamente c’è perplessità sui loro importi, perché alcuni dei settori più generosi – utilities energetiche e bancario – potrebbero essere indeboliti da penalizzazioni dovute a obblighi esterni, nel primo caso dei Governi di competenza e nel secondo della Bce.
D’altra parte però la caduta delle Borse favorisce questo metodo di creare reddito, soprattutto se applicato sistematicamente. In altre parole con entrate scaglionate, ovvero con piani di acquisto impostati non su scadenze temporali (per esempio ogni mese) ma su livelli di prezzo, tanto più in presenza di ulteriori debolezze dei mercati.
Due regole
Data per scontata la “superiorità” del nostro Ftse Mib per la maggiore generosità dei dividendi e il minore impatto fiscale si tratta di individuare quali titoli siano preferibili nella lunga lista delle società quotate. Una scelta fondamentale si basa su due criteri:
- diversificare le sfere di appartenenza per evitare che eventuali limitazioni settoriali possano incidere negativamente sullo yield complessivo;
- puntare su titoli che consentano nel medio termine una doppia performance, ovvero consistenti rimbalzi delle quotazioni oltre che stabile distribuzione di profitti.
Cinque titoli
Sulla base di questi presupposti ecco una cinquina di azioni sulle quali la creazione di reddito si applica in modo potenzialmente migliore, seppur non sia ancora possibile identificare gli importi versati nel corso del 2023.
- Stellantis: un calo della quotazione del 25% su base annua e un rendimento ipotizzabile sull’8% (ma c’è anche chi prevede superiore) sono due punti di partenza importanti per questa strategia. Che ha un solo difetto nel caso del gruppo automobilistico italo-francese, consistente nella sua sede legale in Olanda, il che comporta la doppia imposizione fiscale sui dividendi, nel Paese appunto di origine (15%) e poi in Italia (26%).
- Mediobanca: nel settore finanziario il gruppo milanese ha un business articolato e meno esposto alle variabili dei crediti deteriorati tipici delle banche con maggiore impronta “retail”. A un anno è sotto in Borsa del 21,5% con un rendimento di oltre il 9% basato sulla cedola pagata nel 2022 in rapporto alla quotazione in corso. L’importo di quest’anno (esercizio 2021) di 0,75 euro potrà essere replicato nel 2023? È possibile.
- Enel: nel campo delle leader energetiche la sfida è aperta di fronte al rischio di interventi regolatori nel settore. Per ora il dividendo sembrerebbe salvo ma il condizionale resta d‘obbligo, stante l’entrata in scena di un nuovo Governo che potrebbe cambiare le regole del gioco. Uno yield fra il 6 e l’8% è al momento realistico, grazie anche a una debolezza del titolo confermato dal -33,9% a un anno. Le comunicazioni ufficiali parlano di 0,40 euro come importo 2023 (esercizio 2022) dopo gli 0,38 euro dell’anno precedente.
- Poste Italiane: eccola una società poco esposta alle variabili da penalizzazione dei profitti per fattori esterni. Il quasi -34% di performance a dodici mesi si accompagna a un tasso di crescita annuale annunciato per il dividendo visto al rialzo dal 6% al 7%: in pratica nel 2023 l’obiettivo sarà di 0,63 e per l’anno successivo ci si aspetta una cedola di 0,68 euro. L’ultimo è stato di 0,59 euro e quindi un rendimento oltre il 7% dovrebbe essere quasi sicuro.
- Generali: il tipico titolo dei cassettisti italiani in un anno è sceso meno rispetto agli altri (-21%) ma il dividendo stimato di circa 1,12 euro potrebbe comportare un rendimento superiore al 7% allineato come importo a quelli più recenti ma nettamente superiore in termini di yield. Il gruppo triestino non appartiene alla ristretta lista degli assicurativi europei che rendono sul 10% (comprende soprattutto la francese Axa e la svizzera Zurich) ma allo stesso tempo non risente della doppia imposizione fiscale, pesante nel caso delle due società citate.
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