La geopolitica dell’Intelligenza Artificiale. Nella competizione globale tra USA, Cina e UE, quale futuro per l’Italia?
Jacopo Paoletti
11 novembre 2024
Come l’IA sta ridisegnando gli equilibri di potere mondiali e quale ruolo può giocare l’Italia in questo scenario.
L’intelligenza artificiale è divenuta un pilastro silenzioso ma determinante nel rimodellare il mondo contemporaneo, trasformando non solo i settori economici e produttivi ma ridefinendo le relazioni internazionali e gli equilibri di potere globali. È uno strumento che incarna tanto una promessa quanto un rischio: una promessa di sviluppo economico e progresso umano senza precedenti, e al contempo un rischio di sorveglianza globale, di controllo sfuggente e di disparità sempre più radicate. A differenza delle grandi rivoluzioni tecnologiche del passato, l’IA non sta solo cambiando il “come” delle nostre vite, ma sta intervenendo profondamente sul “chi” decide e sul “dove” risiede il potere. Stati Uniti, Cina ed Europa si trovano in una corsa sempre più serrata e conflittuale per ottenere il primato tecnologico, un predominio che garantirà loro non solo vantaggi economici, ma un ruolo guida nelle questioni sociali, etiche e geopolitiche di questa era tecnologica.
In questo scenario, l’Italia – seppur meno visibile a livello internazionale rispetto alle superpotenze – ha di fronte una scelta altrettanto cruciale: restare un attore di secondo piano o rivendicare un ruolo di leadership nel contesto europeo e globale, in particolare sui temi della trasparenza, dell’etica e dell’utilizzo responsabile dell’IA. Questo articolo esplora il modo in cui l’intelligenza artificiale sta modificando gli equilibri globali, l’impatto etico delle sue applicazioni e le potenzialità che l’Italia potrebbe sfruttare per distinguersi come modello di innovazione responsabile in un panorama mondiale ancora incerto e frammentato.
La Grande Corsa: chi sta scrivendo il futuro dell’IA?
Stati Uniti: Il colosso tecnologico tra ambizione e contraddizioni
Gli Stati Uniti, culla delle Big Tech e patria dell’innovazione per eccellenza, hanno intensificato i loro sforzi per mantenere il primato nell’IA. Con l’American AI Initiative lanciata nel 2019, l’amministrazione ha cercato di rafforzare la posizione del Paese in questo settore strategico. Secondo il Congressional Research Service, nel rapporto ’Artificial Intelligence and National Security’ del 2022, il budget federale per l’IA ha superato i 6 miliardi di dollari. Un investimento che riflette non solo l’ambizione economica ma anche le preoccupazioni sulla sicurezza nazionale.
Le aziende della Silicon Valley non sono rimaste a guardare. Google ha sviluppato algoritmi sempre più sofisticati, mentre Microsoft ha investito miliardi in OpenAI, la mente dietro GPT-4, un modello di linguaggio che ha fatto discutere per le sue capacità quasi ’umane’. Ma mentre queste aziende accumulano dati e potere, ci si chiede se stiano davvero lavorando per il bene comune o semplicemente alimentando un capitalismo di sorveglianza che minaccia la privacy e la libertà individuale.
Inoltre, la concentrazione di potere nelle mani di poche aziende solleva interrogativi su monopolio e concorrenza. La Federal Trade Commission ha iniziato a guardare con maggiore attenzione alle pratiche delle Big Tech, ma il dibattito è appena iniziato.
Cina: Il Dragone che vuole divorare il Mondo Digitale
La Cina, nel frattempo, non nasconde le sue ambizioni. Il ’Piano di Sviluppo dell’Intelligenza Artificiale di Nuova Generazione’ del 2017 è un documento che lascia poco spazio all’immaginazione: diventare il leader mondiale dell’IA entro il 2030. E stanno facendo sul serio. L’investimento del governo cinese in infrastrutture, ricerca e formazione è massiccio.
Secondo l’AI Index Report 2023 della Stanford University, la Cina ha prodotto oltre il 30% delle pubblicazioni scientifiche globali sull’IA nel 2022, superando gli Stati Uniti. Ma non è solo una questione di quantità. La Cina ha un accesso quasi illimitato ai dati dei suoi cittadini, grazie a una regolamentazione sulla privacy che, per usare un eufemismo, è molto ’flessibile’.
Il sistema di ’credito sociale’, la sorveglianza capillare attraverso telecamere dotate di riconoscimento facciale e l’uso dell’IA per monitorare e controllare la popolazione sono realtà inquietanti che sollevano gravi preoccupazioni etiche. Ma per il governo cinese, l’IA è uno strumento di potere e controllo, e sembra disposto a sacrificare la privacy individuale sull’altare del progresso tecnologico e della stabilità sociale.
Europa: L’etica come bussola in un mare in tempesta
L’Unione Europea ha scelto una strada diversa, forse più lenta, ma guidata da principi etici. Nel 2021, la Commissione Europea ha proposto l’Artificial Intelligence Act, un tentativo ambizioso di regolamentare l’IA in base al livello di rischio associato. Si tratta della prima normativa completa sull’IA a livello mondiale, un tentativo di creare un quadro legale che protegga i diritti fondamentali senza soffocare l’innovazione.
L’UE sta investendo oltre 20 miliardi di euro all’anno in IA, promuovendo programmi di ricerca come Horizon Europe e iniziative per la formazione di competenze digitali avanzate. Tuttavia, c’è il rischio che l’eccesso di regolamentazione possa rallentare l’innovazione, lasciando il Vecchio Continente indietro rispetto a Stati Uniti e Cina. Ma forse, in un mondo in cui la tecnologia avanza più velocemente della nostra capacità di comprenderne le implicazioni, rallentare un attimo per riflettere non è un lusso, ma una necessità.
Le implicazioni: un Mondo Nuovo, vecchi problemi
Sicurezza nazionale e militarizzazione dell’IA: una nuova corsa agli armamenti
L’IA sta rivoluzionando il modo in cui pensiamo alla sicurezza nazionale. Il Center for a New American Security, nel rapporto ’Artificial Intelligence and Global Security’ del 2023, sottolinea come il dominio nell’IA militare possa conferire un vantaggio strategico senza precedenti. Droni autonomi, sistemi di difesa cibernetica avanzati, armi guidate dall’IA: stiamo entrando in una nuova era di corsa agli armamenti.
Ma questa tecnologia può sfuggire al controllo umano? L’idea di armi autonome che prendono decisioni letali senza intervento umano è inquietante. Le implicazioni etiche sono enormi, e il rischio di incidenti catastrofici non può essere ignorato. Le Nazioni Unite hanno iniziato a discutere su possibili regolamentazioni, ma come spesso accade, la tecnologia avanza più velocemente della diplomazia.
Economia e lavoro: l’automazione come spada a doppio taglio
L’IA promette di incrementare la produttività e stimolare la crescita economica. Lo studio di PwC del 2017 ’Global Artificial Intelligence Study: Exploiting the AI Revolution’ stima che l’IA potrebbe aggiungere fino a 15,7 trilioni di dollari all’economia globale entro il 2030. Ma c’è un prezzo da pagare.
L’automazione potrebbe rendere obsoleti interi settori lavorativi. Professioni che un tempo sembravano immuni dalla tecnologia, come avvocati, medici e giornalisti, potrebbero essere colpite. Il World Economic Forum, nel ’The Future of Jobs Report 2020’, prevede che entro il 2025, 85 milioni di posti di lavoro potrebbero essere persi a causa dell’automazione, mentre ne potrebbero emergere 97 milioni di nuovi.
La sfida sarà gestire questa transizione, garantendo che i lavoratori abbiano le competenze necessarie per i nuovi lavori e che nessuno venga lasciato indietro. Ma con i governi spesso lenti a reagire e le aziende focalizzate sul profitto a breve termine, il rischio di aumentare le disuguaglianze è reale.
Etica, privacy e diritti umani: la tecnologia senza bussola morale
L’uso dell’IA solleva questioni etiche fondamentali. Amnesty International, nel rapporto del 2019 ’Surveillance Giants: How the Business Model of Google and Facebook Threatens Human Rights’, ha evidenziato come i modelli di business basati sulla raccolta massiva di dati minaccino la privacy e i diritti umani.
Gli algoritmi possono perpetuare bias e discriminazioni se non sono sviluppati con attenzione. Casi di sistemi di riconoscimento facciale che identificano erroneamente persone di colore o algoritmi di selezione del personale che discriminano le donne sono solo la punta dell’iceberg.
L’Unione Europea, attraverso il GDPR e l’Artificial Intelligence Act, sta cercando di stabilire standard globali per un’IA etica e responsabile. Ma in un mondo globalizzato, le leggi di un singolo blocco possono davvero fare la differenza se gli altri non seguono?
L’Italia al bivio: una nave senza rotta o un faro d’innovazione?
Strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale: slogan o visione?
Nel novembre 2021, l’Italia ha presentato la sua ’Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale’, come delineato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Un documento che punta a sviluppare competenze e ricerca, promuovere l’adozione dell’IA e garantire un’IA etica e sostenibile.
Ma quanto di questo è reale impegno e quanto semplice retorica? L’Italia ha una lunga storia di piani ambiziosi non seguiti da azioni concrete. La burocrazia soffocante, la frammentazione istituzionale e la mancanza di coordinamento tra enti pubblici e privati sono ostacoli ben noti.
Investimenti e iniziative: tra speranze e realtà
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha destinato oltre 40 miliardi di euro alla digitalizzazione, innovazione e competitività, come riportato nel documento ’Italia Domani’ del 2021. Il Centro Nazionale per l’Intelligenza Artificiale a Torino è un passo nella giusta direzione, coinvolgendo oltre 600 ricercatori e puntando a diventare un polo di eccellenza internazionale.
Ma i fondi sono sufficienti? E, soprattutto, vengono spesi nel modo giusto? Senza una strategia chiara e una governance efficace, c’è il rischio che queste risorse vengano disperse in mille rivoli senza un impatto reale.
Le partnership pubblico-private sono fondamentali. Collaborazioni tra enti pubblici, università e aziende possono stimolare l’innovazione. Ma in un paese dove spesso prevalgono interessi particolari e mancanza di fiducia reciproca, riusciremo a creare un ecosistema virtuoso?
Settori di eccellenza: sfruttare il nostro potenziale o restare al palo
- Sanità digitale: l’Italia ha un sistema sanitario pubblico che, nonostante le sfide, offre una base solida. L’IA potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce, la telemedicina e la gestione dei dati sanitari. Progetti come ’Health Big Data’ mirano a raccogliere e analizzare dati per migliorare la pianificazione delle risorse. Ma la frammentazione regionale e la resistenza al cambiamento possono ostacolare questi progressi.
- Industria 4.0: le nostre PMI sono l’ossatura dell’economia italiana. Il ’Piano Transizione 4.0’ offre incentivi, ma molte aziende mancano delle competenze e delle risorse per adottare tecnologie avanzate. Senza un supporto reale, rischiamo che solo le grandi imprese beneficino dell’IA.
- Agricoltura sostenibile: con una tradizione agricola millenaria, l’Italia potrebbe essere leader nell’agricoltura di precisione. Progetti come ’AgriTech for Sustainability’ utilizzano l’IA per ottimizzare l’uso delle risorse. Ma la mancanza di infrastrutture digitali nelle aree rurali e la resistenza culturale possono rallentare l’adozione.
- Cultura e turismo: il nostro patrimonio culturale è unico. L’IA può creare esperienze turistiche personalizzate, digitalizzare opere d’arte e promuovere il turismo in modo innovativo. Ma senza investimenti e una visione strategica, rischiamo di perdere questa opportunità.
Sfide e opportunità: il tempo non aspetta
Carenza di competenze digitali: un gap da colmare urgentemente
Il Digital Economy and Society Index (DESI) 2022 della Commissione Europea colloca l’Italia al di sotto della media europea per competenze digitali. Questo non è solo un problema tecnologico, ma culturale. Le scuole spesso non preparano adeguatamente gli studenti alle sfide del futuro. Il governo sta cercando di ampliare l’insegnamento delle materie STEM, ma i risultati richiederanno tempo.
Le università stanno introducendo nuovi corsi e master in IA e machine learning, ma senza un collegamento diretto con le esigenze dell’industria, rischiamo di formare professionisti che non trovano sbocchi nel mercato del lavoro nazionale.
Infrastrutture digitali: senza fondamenta, niente grattacieli
La mancanza di infrastrutture digitali adeguate è un freno enorme. Progetti come ’Italia Digitale 2026’ mirano a portare la banda larga ultraveloce in tutto il paese. Ma le zone rurali e le aree periferiche sono ancora indietro. Senza una connettività affidabile, parlare di IA diventa un esercizio teorico.
Supporto alle PMI: il cuore dell’economia che batte piano
Le PMI rappresentano oltre il 90% delle imprese italiane. Il ’Fondo per l’Innovazione’ offre incentivi, ma le piccole aziende spesso non hanno le risorse o le competenze per accedervi. Servono programmi di supporto dedicati, formazione e consulenza personalizzata.
Investimenti in Ricerca e Sviluppo: la necessità di un cambio di marcia
Con un investimento in R&S dell’1,4% del PIL, l’Italia è sotto la media europea. Senza un aumento significativo degli investimenti, sia pubblici che privati, rischiamo di rimanere indietro in modo irreversibile. Attraverso iniziative come il Centro Nazionale per l’IA a Torino, possiamo attrarre talenti e progetti internazionali, ma serve una strategia di lungo termine.
L’Italia può fare la differenza? Un appello all’azione
Etica come vantaggio competitivo: un’occasione da non perdere
Allinearsi ai valori europei di un’IA etica potrebbe essere il nostro asso nella manica. In un mondo preoccupato per le implicazioni etiche della tecnologia, l’Italia può posizionarsi come leader in questo ambito. Ma serve coerenza tra parole e fatti. Le aziende devono abbracciare questi principi, e il governo deve creare un ambiente che li supporti.
Collaborazione internazionale: L’Unione (Europea) fa la forza
Partecipare attivamente a progetti europei come GAIA-X e Horizon Europe può amplificare il nostro impatto. Non possiamo isolarci o pensare di poter competere da soli con colossi come Stati Uniti e Cina. La collaborazione è fondamentale, ma richiede impegno e volontà politica.
Sfruttare il patrimonio culturale: innovazione e tradizione mano nella mano
La combinazione di IA e patrimonio culturale è un’opportunità unica. Possiamo creare esperienze turistiche innovative, preservare e digitalizzare le nostre opere d’arte, promuovere la cultura italiana nel mondo. Ma serve investire in tecnologie, formazione e promozione.
Quindi quale sarà la via italiana ed europea all’IA?
Mentre la competizione globale per l’intelligenza artificiale si intensifica e diviene sempre più complessa, con Stati Uniti e Cina che accelerano l’innovazione a ritmi incessanti, l’Italia ha l’opportunità di emergere non solo come utilizzatore, ma come regolatore e promotore di un approccio sostenibile all’IA. In un mondo che, per velocità di trasformazione e convergenza tecnologica, sembra sempre più avvicinarsi a una nuova “età delle macchine”, il nostro Paese può rappresentare un bastione per un’IA che metta l’essere umano, i suoi diritti e la sua dignità al centro. Se l’Italia riuscirà a capitalizzare sulla sua eredità culturale e sui suoi valori europei – giustizia, trasparenza e solidarietà - potrà contribuire a tracciare la rotta verso un futuro tecnologico che non sia unicamente il più rapido, ma anche il più giusto.
Sarebbe un errore considerare la leadership nell’IA come esclusivo dominio di pochi giganti tecnologici; piuttosto, essa può e deve essere una questione di responsabilità condivisa.
Se l’Italia, con il suo contributo culturale e normativo, saprà essere attiva in tale processo, potrà affermarsi non come potenza egemone, ma come custode di un modello tecnologico al servizio della comunità globale. Per farlo, occorre uno sforzo concertato, una visione strategica che integri industria, ricerca e governance pubblica, e un impegno etico che sappia cogliere questa rivoluzione non solo come occasione di crescita economica, ma come opportunità storica per ridefinire il ruolo della tecnologia nella nostra civiltà.
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