Riforma dell’unione doganale: tra partnership, controlli e e-commerce, ecco la dogana che verrà
La recente riforma dell’Unione doganale vuole tutelare le aziende virtuose e semplificare i processi nel nome della digitalizzazione. Esaminiamo insieme i principi generali.
“È giunto il momento di portare l’unione doganale a un livello più alto, dotandola di un quadro giuridico più solido, che ci consentirà di proteggere meglio i nostri cittadini e il nostro mercato unico. Proporrò un pacchetto coraggioso, per un approccio europeo integrato, al fine di rafforzare la gestione del rischio doganale e sostenere controlli efficaci da parte degli Stati membri”
Sostiene Ursula Von der Leyen in Guidelines for the next European Commission 2019-2024).
Non è usuale trovare la questione doganale al centro dell’agenda di un soggetto politico, nazionale o unionale che sia; e la sorpresa è ancor più grande se le parole sono vergate dalla Presidente della Commissione UE. Saranno stati, ancora una volta, l’intuito e lo spirito femminile ad andare oltre la visione dell’occhio umano. Forse no, ma a noi piace illuderci: un soffio di poesia rende ogni materialismo più sopportabile.
La strada aperta dal trattato di Maastricht del ‘92 trova una seconda pietra miliare, dopo la sosta a Lisbona, nel Codice doganale unionale. Da allora, parliamo del 2016, data di entrata in vigore di quest’ultimo, è cambiata la geografia politica, economica e commerciale, i già precari equilibri, minati da una pandemia assassina e dalla perdurante stupidità umana, impegnata a impugnare le armi, sono tuttora in cerca d’autore, l’Europa stessa vuole affermarsi quale centro strategico mondiale, alternativa al bipolarismo USA-Cina.
Ma più che mai, sono mutati i bisogni o, forse, meglio, la percezione dei bisogni, che ha elevato a proprio baluardo la difesa delle frontiere: fisiche, per timore della guerra, politiche e commerciali, per timore delle mire espansionistiche del Dragone.
La tutela delle frontiere commerciali è, per definizione, compito delle autorità doganali. La politica doganale e commerciale è competenza esclusiva dell’Unione europea; date le premesse, la conclusione appare ovvia: le frontiere esterne devono essere presidiate da una dogana unionale.
Il “sentire” politico oggi guida in quella direzione. Non nuova, peraltro: già il Codice unionale postula una gestione del rischio centralizzata, che coordini le attività delle singole dogane nazionali; ma declinata dalla Commissione UE come mai in precedenza.
Una lunga strada ci ha portati alla proposta di riforma dell’Unione doganale presentata in Commissione europea lo scorso 17 maggio, che per certi versi ha degli aspetti che oseremmo definire rivoluzionari, perché cambia totalmente il modo di intendere la dogana e la sua autorità, ma necessaria per una maggiore tutela degli interessi delle aziende e dei consumatori.
Ma andiamo con ordine.
Le ragioni di una “rivoluzione”
Il documento esplicativo del programma “Dogana 2040” raccomanda di affrontare la sfida della governance dell’unione doganale dando la preferenza a una struttura comune e centrale per parlare con una sola voce, sfruttare i progressi tecnologici e utilizzare nel modo più efficace i dati delle dogane.
La relazione indipendente del Wise Person Group (il cosiddetto “Gruppo dei saggi”), nominato dal commissario Paolo Gentiloni per far fronte alle sfide dell’Unione doganale della UE, conclude che permangono gravi divergenze tra le autorità doganali nazionali nell’applicazione delle norme e delle procedure; che, oggi, il livello di protezione dei cittadini e degli Stati membri dipende dal luogo in cui le merci sono controllate; e che le imprese fraudolente e negligenti godono di un significativo vantaggio a basso rischio rispetto alle imprese e agli individui onesti e affidabili.
La Corte dei conti europea, nelle sue relazioni speciali di osservazione del costume doganale unionale, pubblicate a partire dal 2017 (l’ultima, la n. 13/2023 AEO - Solid customs programme with untapped potential and uneven implementation) ha rilevato che un’armonizzazione insufficiente nei controlli doganali ostacola gli interessi finanziari dell’Unione europea, raccomandando alla Commissione di migliorare l’applicazione uniforme dei controlli doganali e di sviluppare e attuare una capacità di analisi e coordinamento a pieno titolo a livello centralizzato europeo; nonché che i ritardi nello sviluppo delle tecnologie informatiche doganali, presupposto indefettibile per la completa applicazione della normativa codicistica, sono dovuti alla modifica dell’ambito del progetto, alle risorse insufficienti assegnate dalle autorità unionali e dagli Stati membri e al lungo processo decisionale dovuto alla struttura di governance a più livelli; e, da ultimo, che il programma AEO dell’UE facilita il commercio legittimo, migliora la sicurezza della catena di approvvigionamento e la protezione degli interessi finanziari della UE, ma che la gestione, il quadro normativo e l’attuazione, compresi i vantaggi riconosciuti, richiedono modifiche e miglioramenti.
L’economia unionale vive una fase di transizione verde e digitale, disciplinata da una legislazione moderna, che stabilisce standard ambientali, di sicurezza, sociali e digitali; un’agenda ambiziosa, che rischia di essere compromessa se le produzioni dell’Unione vengono sostituite da importazioni da Paesi terzi che non rispettano tali norme.
Senza il monitoraggio centrale della catena di approvvigionamento e il controllo da parte delle dogane, l’Unione non ha piena visibilità su quali merci entrano ed escono dal suo territorio, ciò indebolendo non solo la credibilità delle sue politiche, ma limitando anche il suo potere come attore geopolitico.
Infine, le dogane, oggi strette tra compiti di complessità crescente, chiamate ad applicare una legislazione, come appena ricordato, di natura extra-tributaria in perenne evoluzione e un forte aumento dell’utilizzo di piattaforme di commercio elettronico, caratterizzato da spedizioni numerose e di basso valore; in assenza di una supervisione e un monitoraggio centrale della catena di approvvigionamento, l’Unione europea non ha piena visibilità e controllo sulle merci oggetto di operazioni di importazione ed esportazione, una sfida che porta alla revisione dei processi doganali, ad una nuova idea di gestione dei dati e delle infrastrutture informatiche e alla definizione di un concetto nuovo di governance dell’unione doganale.
Le sfide che la dogana si trova oggi ad affrontare
Nella sua attuale configurazione, l’unione doganale della UE fatica a svolgere efficacemente tutti i suoi compiti, anche in ragione delle diverse sfide che le dogane hanno recentemente dovuto affrontare:
- un aumento dei flussi commerciali, in particolare una crescita esponenziale delle spedizioni di basso valore vendute online (e-commerce);
- un considerevole incremento delle disposizioni normative applicabili alle merci, conseguenza della legislazione sui cambiamenti climatici, sulla protezione dell’ambiente, sulle condizioni di lavoro e sul controllo delle armi da fuoco;
- la necessità di reagire continuamente ai cambiamenti e alle priorità geopolitiche e a sostegno della gestione delle crisi, nonché le difficoltà conseguenti all’applicazione delle sanzioni unionali.
Anche i processi, i sistemi e la governance delle dogane oggi sono troppo complessi perché sia le autorità stesse che gli operatori possano operare in modo efficiente; gli importatori devono trattare con 27 amministrazioni doganali nazionali e più di 111 interfacce e sistemi informatici separati, tutti costosi da gestire per le autorità e non necessariamente interconnessi. Non esiste una banca dati doganale centrale unionale o un coordinamento centrale della catena di approvvigionamento.
Da tali premesse prende l’avvio la proposta di riforma; fondamentalmente costruita su tre pilastri portanti e un necessario postulato.
Il postulato: una nuova autorità doganale unionale, chiamata a gestire un data hub doganale digitale centralizzato, il cuore pulsante del nuovo sistema. Un centro di raccolta dei dati che, nel tempo, sarà chiamato a sostituire l’infrastruttura informatica esistente in ciascun Stato membro, risparmio stimato in costi operativi pari a due miliardi di euro l’anno e, finalmente, un approccio armonizzato alla gestione dei rischi e al sistema dei controlli.
Gli obiettivi della riforma
La riforma presentata lo scorso 17 maggio rafforza la capacità delle dogane di vigilanza e controllo delle operazioni e rappresenta una decisione strategica a lungo termine, volta ad adattarsi in modo flessibile ai cambiamenti nelle catene di approvvigionamento e a difendere meglio gli interessi finanziari dell’UE e dei suoi Stati membri, nonché la sicurezza, l’incolumità e gli interessi pubblici unionali, attraverso quella centralizzazione della gestione del rischio e della disponibilità dei dati prefigurata da tutti gli osservatori istituzionali.
Una riforma figlia della competenza esclusiva dell’Unione europea in materia doganale, sancita dall’art. 3, TFUE e dell’idea, forse più economica che politica, di una migliore e più efficace tutela degli interessi europei; le transizioni in corso sono l’occasione per prendere coscienza di endemiche distorsioni applicative e proporre un cambiamento culturale, prima ancora che normativo. Una sfida la cui vittoria postula cambiamenti organizzativi, crescita professionale, apertura mentale al nuovo oggi scarsamente diffuse in tutte le categorie, pubbliche e private, che operano nel mondo doganale.
Cosa cambierà per le aziende: i tre pilastri
I tre pilastri: una nuova partnership con le imprese; un approccio più intelligente ai controlli; un approccio più moderno al commercio elettronico: vediamoli, in sintesi.
- Una nuova partnership con le imprese
Gli importatori potranno registrare tutte le informazioni relative ai prodotti introdotti nella UE, e in generale alla supply chain, in un unico ambiente online: il data hub doganale digitale europeo, il quale, utilizzando forme di intelligenza artificiale, analizzerà questa congerie di dati, restituendo alle autorità doganali una visione panoramica delle catene di approvvigionamento e della circolazione delle merci.
Le imprese godranno del beneficio di interagire con un unico portale per la presentazione delle informazioni doganali, nel quale introdurre i dati una sola volta per più spedizioni. In presenza di processi operativi e sistemi di approvvigionamento completamente trasparenti, gli operatori commerciali più affidabili (Trust and Check) potranno importare i loro beni nel territorio unionale senza alcun intervento doganale attivo, senza che ciò pregiudichi i requisiti di sicurezza o antifrode; la categoria Trust and Check come estremizzazione dello status AEO.
- Un approccio più intelligente ai controlli
Tutti gli Stati membri avranno accesso in tempo reale ai dati forniti dal data hub centralizzato e saranno in grado di condividere le informazioni per rispondere ai rischi in modo più rapido, coerente ed efficace.
Un sistema di intelligenza artificiale applicato all’analisi dei rischi sarà in grado di analizzare e monitorare i dati trasmessi anche prima che le merci abbiano lasciato il luogo di partenza, consentendo, in tal modo, alle autorità doganali di concentrare sforzi e risorse dove siano più necessari, per impedire l’ingresso nell’Unione di merci pericolose e far rispettare il numero sempre crescente di disposizioni che vietano l’importazione di determinate merci contrarie ai valori comuni dell’Unione europea, ad esempio nel settore dei cambiamenti climatici, della deforestazione e della sicurezza, garantendo, nel contempo, una corretta riscossione dei diritti doganali, con evidente sollievo dei bilanci nazionali e unionale.
- Un approccio più moderno al commercio elettronico
Le piattaforme online opereranno quali importatori delle merci vendute nei propri negozi virtuali, garantendo la riscossione dei diritti doganali e sollevando da tale onere il consumatore finale, meccanismo di sostituzione di identità che tutela, certo, i consumatori finale, ma, soprattutto, garantisce un maggior gettito (quantificato dalla Commissione UE in circa un miliardo di euro l’anno), cui contribuirà anche l’eliminazione della soglia di esenzione di € 150,00. A parziale mitigazione di tale onere, un meccanismo semplificato di calcolo dei dazi per le spedizioni di valore più modesto, riducendo a quattro le possibili aliquote daziarie applicabili.
Quali saranno i prossimi passi?
Le proposte legislative (un nuovo Codice doganale, modifiche sostanziali alla Direttiva UE di disciplina del sistema Iva comune, una rivisitazione delle regole di classificazione) sono state trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea per l’adozione dei provvedimenti legislativi e al Comitato economico e sociale europeo per consultazione.
Poche righe, sufficienti a disegnare una rivoluzione culturale, che necessita di tempo, tanto e di dedizione; una rivoluzione che, considerate le inevitabile scadenze a medio lungo termine, dal 2028 al 2038, rischia, dopo una breve celebrità, di cadere nell’oblio comunicativo e che deve essere coordinata con le prossime, cruciali tempistiche di completa applicazione del Codice doganale, in assenza delle quali parte dei buoni propositi della Commissione si dissolveranno come nebbia al primo sole.
In questo frangente, perdere tempo pensando che ce ne sia ancora molto a disposizione, sarebbe un delitto.
Noi continueremo ad occuparcene: parliamone insieme nel corso del prossimo webinar gratuito che terremo su questo tema il 22 giugno alle 16.30. Info e registrazione qui.
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