DeFi e la sfida degli unbanked
Stefano Tempera
24 settembre 2021
La finanza decentralizzata è destinata a sconvolgere l’attuale sistema finanziario. La DeFi sarà in grado di includere le persone che non hanno ancora accesso ai servizi bancari?
Negli ultimi anni, la finanza decentralizzata (DeFi) ha registrato una rapida crescita in termini di popolarità e valore monetario. Ogni settimana leggiamo notizie su una nuova criptovaluta e assitiamo continuamente all’esplosione di nuovi prodotti finanziari costruiti sulla blockchain.
A questo punto, con lo sviluppo della finanza decentralizzata, sempre più orientata a sconvolgere il sistema finanziario esistente, è doveroso riflettere su un tema di cui si parla da tempo, ovvero del beneficio che potrebbero averne milioni di persone attualmente esclusi dal sistema bancario.
La domanda è: la finanza decentralizzata può svolgere un ruolo importante nell’aumento dell’inclusione finanziaria?
Prima di approfondire l’argomento, cerchiamo di dare una definizione al termine DeFi. La finanza decentralizzata (DeFi) può essere inserita in un contesto che racchiude un’ampia gamma di prodotti finanziari alimentati dalla tecnologia con l’obiettivo di sostituire i prodotti finanziari centralizzati con soluzioni decentralizzate costruite su reti blockchain.
Non dipendendo da intermediari e broker, ma avvalendosi di contratti intelligenti e software open source, la finanza decentralizzata permette al consumatore finale di accedere pubblicamente ad una serie di servizi finanziari con una netta riduzione dei costi.
Unbanked: la grande sfida della finanza decentralizzata
Appare evidente che la DeFi ha tutto il potenziale per rivoluzionare la finanza tradizionale. In linea con la sfida che si era posta all’inizio della sua affermazione, sarebbe interessante chiedersi come la finanza decentralizzata possa contribuire ad aumentare l’inclusione finanziaria, soprattutto a vantaggio delle persone che non riescono ad accedere ai più comuni servizi bancari, i cosiddetti unbanked.
Chi sono gli unbanked?
Si stima che siano 1,7 miliardi le persone in tutto il mondo che non hanno un conto corrente e non hanno mai utilizzato una carta di credito nella loro vita. E come è facile immaginare, una grande percentuale di questi individui vive nei Paesi in via di sviluppo. Basti pensare che in Marocco, Vietnam, Egitto, Filippine e Nigeria la percentuale di persone senza rapporti bancari è tra il 60 e il 70% dell’intera popolazione.
A causa dell’impossibilità di partecipare al sistema bancario, gli unbanked hanno maggiori difficoltà a risparmiare denaro in sicurezza, il che significa lasciare che molte di queste persone vivano in una condizione di disparità a livello sociale. Si pensi ai lavoratori che possono essere retribuiti solo in contanti, favorendo così il mercato del lavoro nero, e quindi l’evasione fiscale.
Ma soprattutto, un individuo senza conto corrente bancario sarà quasi sempre condannato alla povertà in quanto avrà maggiori difficoltà a risparmiare denaro. In aggiunta, non potrà avere accesso a un fondo pensione, a un’assicurazione o a qualsiasi altro servizio che gli garantisca una certa sicurezza finanziaria.
In che modo la DeFi può aiutare gli unbanked
Il motivo principale per cui gli unbanked non hanno accesso ai più elementari servizi finanziari è legato all’attuale struttura del settore bancario, orientato, legittimamente, al profitto. Da parte delle banche non c’è interesse a raggiungere certe categorie di persone in quanto i costosi prodotti finanziari attualmente proposti, oltre che risultare proibitivi per i clienti, sarebbero poco redditizi per l’istituto, per non dire rischiosi dal punto di vista dell’insolvenza.
Per natura, gli istituti di credito devono massimizzare i profitti e pertanto non ci si può aspettare che l’innovazione nell’ambito dell’inclusione finanziaria provenga proprio dal settore bancario.
Ed è qui che entra il gioco la DeFi, con l’impatto che può dare nell’ambito del progresso sociale. O almeno è quanto ci si aspetterebbe.
La finanza decentralizzata offre un’incredibile opportunità: eliminare gli intermediari non necessari (le banche e i broker) e facilitare le transazioni tra due parti utilizzando la più moderna tecnologia blockchain.
Passi in avanti sono stati compiuti. Esistono già società fintech che ad esempio utilizzano nuovi metodi per analizzare il merito di credito. Lo stesso mercato dei prestiti si sta evolvendo creando piattaforme digitali che permettono di collegare direttamente i prestatori di denaro in cerca di buoni rendimenti con chi ha bisogno di ricevere una certa somma in modo snello e veloce.
Al contrario del sistema finanziario tradizionale, che si basa su normative molto rigide, la finanza decentralizzata ha l’enorme vantaggio che può essere utilizzata da chiunque disponga semplicemente di uno smartphone. In questo scenario, si possono scrivere nuove regole garantendo opportunità più favorevoli per gli unbanked.
Oltre a depositare denaro in modo sicuro e metterlo da parte per scopi futuri, addirittura ricevendo degli interessi sulle somme depositate, gli unbanked potrebbero risparmiare soldi sulle commissioni, ad esempio quando un lavoratore migrante effettua un bonifico internazionale per trasferire denaro alla sua famiglia o per versare gli stipendi, innescando una maggiore tracciabilità dell’attività lavorativa a vantaggio di una futura pensione o per avere accesso al credito.
Le criptovalute favoriscono gli unbanked?
Una delle aspirazioni dei sostenitori del Bitcoin, già dai primissimi tempi, era che la sua diffusione avrebbe potuto favorire l’inclusione finanziaria degli unbanked. Un chiaro esempio di inclusione finanziaria legato alle monete virtuali è avvenuto in Venezuela nel 2019, quando l’inflazione andò alle stelle e molte famiglie poterono salvare i propri risparmi con la conversione della moneta locale in bitcoin.
Un altro caso recente arriva da El Salvador, il primo Stato al mondo a legalizzare il bitcoin come moneta nazionale. È troppo presto per dire se questa mossa porterà vantaggi ai consumatori salvadoregni. I rischi sono almeno due: il primo è rappresentato dalla volatilità del bitcoin, mentre il secondo è legato alla mancanza di una politica monetaria in capo al singolo Paese.
Ad oggi, il Bitcoin ha dimostrato di essere troppo instabile per sostituire le valute locali. Piuttosto, a favore di una maggiore protezione dei risparmi e in rappresentanza della fiorente economia decentralizzata è giusto fare riferimento alle stablecoin.
Le stablecoin sono delle criptovalute il cui prezzo è definito in base a un asset di riserva, ad esempio una valuta fiat come il Dollaro o l’Euro, una commodity come l’oro o un paniere di valute, e quindi progettate per mantenere stabile il valore della valuta. Le stablecoin più famose sono Tether, True USD e USD Coin, legate al dollaro statunitense, e Digix Gold, ancorata all’oro. C’è attesa inoltre per il lancio della prossima stablecoin di Facebook Diem, che potrebbe avere un forte impatto in termini di popolarità.
In conclusione
La finanza decentralizzata ha l’obiettivo ambizioso di creare un sistema più efficiente, trasparente e meno costoso rispetto alle tradizionali istituzioni centralizzate. Non c’è dubbio che una delle grandi sfide della DeFi riguarderà sempre di più l’inclusione sociale. Obiettivamente è ancora troppo presto per dire se sarà in grado di rivoluzionare il sistema finanziario aiutando in modo concreto miliardi (letteralmente) di persone.
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