Dogana e AI, un mondo da esplorare
Da prima di ChatGPT esistono controlli sull’esportazione di beni a duplice uso tra cui tecnologia e software. C’è ancora molto lavoro da fare sull’export control di dati e intelligenza artificiale.
Per iniziare il nostro approfondimento su Intelligenza Artificiale e dogana può essere utile ribadire cosa sono i «Prodotti a duplice uso»: quei prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare e comprendono i prodotti che possono essere impiegati per la progettazione, lo sviluppo, la produzione o l’uso di armi nucleari, chimiche o biologiche o dei loro vettori, compresi tutti i prodotti che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualsiasi impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri ordigni esplosivi nucleari.
Sono trascorsi ormai quasi due anni dall’entrata in vigore del Reg.to (UE) 20 maggio 2021, n. 821 sui controlli delle esportazioni di prodotti a duplice uso: articoli, webinar, forum internazionali (di assoluta rilevanza l’Export Control Forum, organizzato lo scorso 6 dicembre dalle istituzioni UE) hanno cercato di illustrare, non sempre in forma chiara e comprensibile, lo spirito innovativo (e non compilativo) che ha guidato il legislatore unionale nella scelta dei prodotti a duplice uso e nel controllo alla loro esportazione.
Due i caratteri particolarmente innovativi del regolamento:
in primo luogo, quest’ultimo ha qualificato gli articoli di sorveglianza informatica (new entry nella disciplina dual use) quali “articoli a duplice uso appositamente progettati per consentire la sorveglianza segreta di persone fisiche mediante il monitoraggio, l’estrazione, la raccolta o l’analisi dei dati dai sistemi di informazione e di telecomunicazione’.
Beni, figli di avanzate tecnologie, finalizzati all’inconsapevole sorveglianza di persone comuni.
Il requisito dell’autorizzazione omnicomprensiva per l’esportazione di articoli di sorveglianza informatica non elencati si applica "se l’esportatore è stato informato dall’autorità competente che gli articoli in questione sono o possono essere destinati ad essere utilizzati in relazione alla repressione interna e/o la commissione di gravi violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto internazionale umanitario”.
Se un esportatore «è consapevole in base ai risultati della dovuta diligenza» che gli elementi di sorveglianza informatica non elencati sono destinati a uno degli usi descritti, deve notificarlo all’autorità competente; la quale, deve, conseguentemente, decidere se sottoporre l’esportazione ad autorizzazione.
In secondo luogo, l’aggiornamento 2023 del regolamento parla di beni ad alto contenuto tecnologico, indipendentemente dal settore di appartenenza: Electronic Computer-Aided Design (ECAD), utilizzati nel processo di progettazione di Gate-All-Around Field-Effect Transistor (GAAFET), sintetizzatori di frequenza e generatori di segnali, ossido di gallio e diamante come nuovi materiali semiconduttori, software appositamente progettati per assemblatori e sintetizzatori di acidi nucleici, velivoli suborbitali e tecnologie per la fabbricazione di turbine a gas (combustione con guadagno di pressione), apparecchiature di produzione additiva progettate per le ’superleghe’.
La ricerca di soluzioni tecnologicamente avanzate è figlia dell’innata curiosità umana e della correlata volontà di individuare vie d’uscita performanti a problemi non sempre più complessi: parafrasando Robert Musil, il progresso sarebbe meraviglioso, se solo volesse fermarsi.
L’Accordo di Wassenaar: l’export control dei beni dual use
Non occorrevano particolari doti divinatorie per predire l’interesse del legislatore unionale verso le nuove frontiere dell’elettronica, dell’informatica, della biologia, della chimica, della meccanica, settori dalla stretta connessione con l’ideazione e la progettazione di armi di distruzione di massa e di prodotti a duplice uso.
Il che testimonia come la materia dell’export control abbia assunto una rilevanza strategica nella moderna geopolitica; rilevanza oggetto dell’interesse che molti Paesi (quarantadue, per la precisione, tra cui l’Italia), geograficamente distribuiti nell’intero globo e accomunati dalla medesima preoccupazione, avevano manifestato ben prima della disciplina unionale, nel 1995, redigendo l’Accordo di Wassenaar.
Tale Accordo è stato siglato per contribuire alla sicurezza e alla stabilità regionale e internazionale, promuovendo la trasparenza e una maggiore responsabilità nei trasferimenti di armi convenzionali e beni e tecnologie a duplice uso, così da prevenire accumuli destabilizzanti.
Gli Stati partecipanti cercano, attraverso le loro politiche nazionali, di garantire che i trasferimenti di questi articoli non contribuiscano allo sviluppo o al potenziamento delle capacità militari che minano questi obiettivi e non siano deviati per sostenere tali capacità.
L’Accordo contribuisce alla sicurezza e alla stabilità regionali e internazionali; promuove la trasparenza e una maggiore responsabilità nei trasferimenti di armi convenzionali e beni e tecnologie a duplice uso; completa e rafforza i regimi di controllo delle esportazioni di armi di distruzione di massa e dei relativi vettori; non è diretto contro alcuno Stato o gruppo di Stati; utilizza i controlli sulle esportazioni come mezzo per combattere il terrorismo.
Gli Stati partecipanti hanno concordato di mantenere i controlli nazionali sulle esportazioni dei prodotti inclusi nelle liste di controllo dell’Accordo, controlli disciplinati dalla legislazione nazionale di ciascun Paese e guidati dalle best practices e dalle linee guida concordate in sede di assemblea plenaria; hanno stabilito di riferire su trasferimenti di beni e rifiuti di specifici articoli listati verso destinazioni estranee all’Accordo, nonché di scambiare informazioni su beni e tecnologie a duplice uso sensibili.
Un’istituzione internazionale, potremmo dire, parallela, ma non in concorrenza, con l’Unione europea, che ha sviluppato un proprio know-how nel campo dei beni ad elevato contenuto tecnologico e che implementa in modo specifico controlli su software di litografia computazionale, di controllo del traffico aereo (ATC), di progettazione elettronica assistita da computer (ECAD) e di intrusione. L’export control di nuova generazione richiede meccanismi di governo dei beni intangibili e migliori infrastrutture.
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In un’economia dei beni immateriali ormai abitata da sistemi di intelligenza artificiale e spyware, è evidente che l’attuale approccio ai controlli sulle esportazioni necessiti di un aggiornamento significativo.
I beni intangibili sono, per loro natura, difficili da definire. Possono includere non-fungible token e spyware, ma una efficace tutela deve rispondere a una domanda preliminare, su cui non vi è consenso nella comunità internazionale e alla quale l’EU Data Act cerca di fornire una soluzione definitiva: i dati sono “merce”? E se sì, chi ne è il proprietario?
La disciplina UE (Reg.to (UE) n. 868/22) garantisce l’equità, istituendo regole relative all’uso dei dati generati dai dispositivi Internet of Things (IoT) ed esamina alcuni aspetti, di delicata interpretazione, in materia di tutela delle banche dati (Direttiva n. 96/9/CE), chiarendo il ruolo del diritto della banca dati sui generis (ossia il diritto di proteggere il contenuto di determinate banche dati) e la sua applicazione ai database derivanti da dati generati o ottenuti da dispositivi IoT, così da bilanciare gli interessi dei titolari dei dati e degli utenti e la compliance con gli obiettivi più ampi della politica unionale in materia di dati.
L’evoluzione della tecnologia deve essere accompagnata da una paritetica evoluzione normativa; l’opera del legislatore in materia di duplice uso non può arrestarsi, pena un pericoloso distacco dalla realtà e il vanificare gli obiettivi dichiarati della tutela oggi vigente.
Intelligenza artificiale e dogana: due mondi lontani?
“Intelligenza artificiale: come funziona, perché è importante e cosa possiamo fare al riguardo?”: questo il titolo di uno studio pubblicato nel 2020 dal Parlamento europeo. Ben prima di ChatGPT, quindi.
Lo studio adotta la definizione di intelligenza artificiale (AI) riconosciuta nel 2018 dalla Commissione europea, tipica, peraltro, delle definizioni contemporanee: “L’intelligenza artificiale si riferisce a sistemi che mostrano un comportamento intelligente analizzando il loro ambiente e agendo - con un certo grado di autonomia - per raggiungere obiettivi specifici.”
Poiché l’intelligenza artificiale si riferisce a tecniche e contesti diversi, è necessaria una maggiore precisione per analisi significative e costruttive: ad esempio, gli argomenti sui semplici ’sistemi esperti’ utilizzati in contesti consultivi, devono essere distinti da quelli riguardanti complessi algoritmi basati su dati che implementano automaticamente decisioni applicabili ai singoli individui. Allo stesso modo, è importante distinguere le argomentazioni su futuri sviluppi speculativi, che potrebbero non verificarsi mai, da quelle sull’attuale intelligenza artificiale presente nel nostro ordinamento sociale.
Diverse sfide sono associate all’utilizzo dei sistemi di AI raggiunto oggi.
Il goal? Raggiungere un punto di equilibrio tra il sottoutilizzo degli sviluppi tecnologici e scientifici, tale da comportare la perdita di potenziali opportunità di sviluppo e crescita, ed un loro uso eccessivo e incontrollato, applicando l’AI ad attività per le quali non è stata concepita o si traduce in risultati problematici.
Le principali preoccupazioni del consesso parlamentare unionale in merito all’utilizzo dell’AI risultano essere quelle di garantire che i costi e i benefici dello sviluppo dell’AI siano distribuiti equamente, evitando la concentrazione delle risorse in mercati non competitivi e dando priorità alle applicazioni che alleviano piuttosto che incrementare le disuguaglianze sociali e strutturali esistenti; sviluppare l’accettabilità pubblica della tecnologia, il suo allineamento con i valori sociali; controllare gli sviluppi potenzialmente estendibili alle applicazioni militari.
Alcuni scenari futuribili potrebbero contribuire a iperboliche visioni della realtà, ma rappresentano pur sempre un’opportunità, per prepararsi a tendenze più moderate e riflettere su ciò che effettivamente l’uomo vuole dalla tecnologia: ad esempio, si paventa che l’intelligenza artificiale possa portare a gravi perdite di posti di lavoro o rendere obsoleto il concetto di occupazione, che possa sfuggire al controllo umano e assumere il controllo del proprio sviluppo, che possa sfidare l’autonomia umana o sviluppare emozioni o coscienza artificiali.
Sembra un mondo lontano, lontano soprattutto dall’universo dogana. Ma è davvero così?
“Abbiamo iniziato i test per specifici utilizzi doganali e stiamo sviluppando il chatbot ponendo domande specifiche in materia doganale. L’azienda sta già utilizzando il sistema Microsoft AI per una vasta gamma di lavori, tra cui la generazione di lettere ed e-mail, proposte ai clienti e, al momento, le risposte sono corrette all’80%”
A parlare è il CEO di una società britannica che sta sviluppando l’uso di ChatGPT per la compilazione delle dichiarazioni doganali.
Da una parte, un chatbot in grado di rispondere a quesiti doganali posti dagli esportatori; dall’altro, un sistema per la compilazione delle dichiarazioni doganali britanniche (98 campi, più fattura e packing list), ma con una già programmata estensione dell’ambito di attività del sistema anche ad altre normative doganali, oltre a quella UK.
Inoltre, si sta cercando di sviluppare funzioni di analisi dei dati, destinate a spedizionieri e freight forwarders: dei plug-in in grado di estendere la potenza di ChatGPT, consentendogli di connettersi a normali app di consumo, come documenti Word, fogli Excel, Adobe Acrobat e simili, senza alcuna necessità di programmazione, ad esempio caricando un foglio Excel su ChatGPT e chiedendogli di generare analisi e grafici significativi per gli utenti.
Intelligenza artificiale, metaverso, blockchain (in temporanea disgrazia, pare…), tecnologie avanzate non sono concetti estranei al mondo doganale; dovrà rendersene presto conto il legislatore in materia di beni a duplice uso, probabilmente ce ne accorgeremo tutti noi nel medio termine, grazie alla green economy ed al progetto “Dogana 2040” in primis.
Se vuoi rimanere informato su sviluppi così importanti per il nostro domani o essere formato sull’attuale status quo della materia doganale, segui gli aggiornamenti che pubblichiamo periodicamente nella newsletter di Overy interpretando gli scenari geo-politici in un’ottica doganale.
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