Zero-party data: ultima frontiera per il big data management del marketing
Andrea Zagnoli
22 marzo 2022
I dati sono senza dubbio preziosi per i brand, grazie a questi possono creare strategie di comunicazione ad hoc per il singolo utente. Ecco cosa sono gli zero-party data e perché sono importanti.
Le strategie di marketing mettono sempre più al centro l’utente, proponendo prodotti di qualità e realizzando una comunicazione che soddisfi le aspettative del consumatore. Si crea così una grande sfida, e cioè l’acquisizione dei contatti da parte delle aziende. È qui che entrano in gioco gli zero-party data. Ma cosa sono e perché utilizzarli?
Gli zero-party data sono tutte quelle informazioni che un utente dà a un’azienda in modo volontario e consapevole e per migliorare il business diventa fondamentale utilizzare questo tipo di dati condivisi intenzionalmente dai consumatori. I metodi di acquisizione sono molteplici: dalla risposta a sondaggi alla compilazione dei campi richiesti dagli op-in. Classico esempio è il caso di un utente che esprime il proprio consenso a essere inserito in una mailing list. L’utente fornisce i propri dati in cambio di contenuti di natura informativa o commerciale. In questo modo si ottengono indirizzi e-mail, numeri telefonici e altre informazioni utili. L’importanza degli zero-party data è indiscussa. Non solo alimentano il cosiddetto ‘permission marketing’, ma consentono anche ai brand di finalizzare le loro strategie di prodotto e di comunicazione.
Ma l’universo dei dati è ben più ampio e complesso, e non si ferma affatto qui. Zero-party data, first-party data, second-party data e third-party rappresentano quel vasto strumento che permette alle aziende di raccogliere un numero considerevole di informazioni sugli utenti. E l’abilità, a questo punto, sta nel saper sfruttare in tempo reale i dati raccolti, avvicinandosi in maniera sempre più tangibile alle esigenze del consumatore.
La vita prima degli Zero Party Data
Partiamo dai first-party data. Innegabile la loro importanza. Anche questi dati sono davvero preziosi perché sono quelli che le aziende raccolgono direttamente dal loro pubblico e dai loro clienti. Sono quei dati che si ricavano oltre che dai comportamenti, anche dalle azioni o dagli interessi di un utente sul sito web o per mezzo delle app predisposte dal brand per finalizzare la relazione. Qualche esempio? Le informazioni contenute nel CRM, i dati rilasciati in un servizio di abbonamento, o le informazioni non on line che derivano da sondaggi o feedback dei clienti.
Pur offrendo informazioni più limitate sono ancora incredibilmente preziosi e sono parte integrante di molte campagne di marketing perché consentono alle aziende di intraprendere comunicazioni estremamente mirate in base ai comportamenti dei consumatori. Vi sono poi i second-party data, che si riferiscono a informazioni che un marchio o un’azienda non hanno raccolto da soli, ma utilizzando dati di prima parte di altre società. Capita ad esempio tra partner fidati che accettano di condividere informazioni sul pubblico, come nel caso di iniziative promozionali condivise da aziende con finalità di co-marketing. Esempi di second-party data sono tutte le informazioni relative alle preferenze di prodotto o di categoria o quelli ricavati dall’uso dei cookie on line. Infine i third-party data si riferiscono ai dati raccolti da un marchio o da un’azienda che non hanno alcun legame con il consumatore. Sono una combinazione di dati forniti o, quanto meno resi accessibili, da parte di una serie di fornitori. Tra questi vi rientrano i like sui social media. Possono essere controversi, perché i contatti potrebbero non desiderare di sentire i marchi e le aziende che finiscono col contattarli, e in più potrebbero chiedersi chi ha concesso loro il consenso a chiamarli.
Come impostare una strategia vincente
I dati, dunque, sono un’area di investimento chiave per le aziende e permettono di determinare e capire ciò che i contatti vogliono veramente. In questo modo si possono elaborare strategie vincenti, adattare le proprie comunicazioni agli interessi degli utenti e aumentare le proprie conoscenze sui contatti nel database. L’obiettivo che si raggiunge, oltre a soddisfare le esigenze dei contatti, è quello di fidelizzare i clienti. Ma bisogna fare attenzione. Nell’utilizzo e nella raccolta dei dati, la privacy dove va a finire?
Il problema non sorge con gli Zero party data. Dobbiamo fare un passo indietro al 2018, quando è entrato in vigore il ‘General Data Protection Regulation’ ossia il regolamento sulla privacy e sicurezza degli utenti che permette la raccolta dati solo in presenza di esplicito consenso. Da allora ‘i dati’ sono diventati un argomento caldo per gli esperti di marketing. GDPR, privacy, dati e tracciamento degli annunci sono tutti argomenti che marchi e aziende hanno dovuto discutere seriamente per garantire il loro successo futuro. Ma senza dati, i marchi e le aziende non possono elaborare strategie, comunicare, coinvolgere e comprendere il proprio pubblico. Da qui nasce l’importanza degli Zero Party Data, questi dati stanno riscuotendo l’interesse di aziende, marchi e consumatori in quanto soddisfano l’esigenza dei contatti di un’esperienza personalizzata, ma offrono loro anche un maggiore controllo sulle proprie informazioni. E a loro volta, i dati zero party offrono a marchi e aziende una maggiore comprensione delle tendenze, delle esigenze e dei desideri dei consumatori.
Ma come raccogliere gli Zero-Party Data?
Grazie alla richiesta del consenso del consumatore a ricevere comunicazioni informative, promozionali o pubblicitarie sulla base dei dati personali che egli stesso ha fornito, le aziende ottengono dal consumatore stesso il permesso di comunicare con lui. Ma occorre garantire alto ingaggio, massima soddisfazione e sicura fidelizzazione. Si tratta di dati che consentono ai marchi di stabilire relazioni dirette con i consumatori e, a loro volta, di personalizzare meglio i loro sforzi in termini di campagne, servizi, offerte e raccomandazioni sui prodotti.
Prima di tutto occorre identificare i dati di cui si ha bisogno dai propri contatti per creare comunicazioni altamente mirate e personalizzate. Solo in un secondo momento si può passare alla raccolta dei dati. Come? Ad esempio ponendo domande ai visitatori e ai clienti del proprio sito web.
Le tecniche per incoraggiare i destinatari a fornire informazioni approfondite su se stessi sono svariate. Le vendite ad esempio sono il primo punto di contatto con i nuovi clienti, informazioni essenziali possono essere raccolte all’atto della registrazione self-service, mentre sondaggi e quiz consentono a marchi e aziende di porre domande specifiche per migliorare le informazioni sui dati. Il lavoro non finisce qui. Dopo la raccolta dati occorre continuare ad aggiornarli. Questo perché le preferenze dei consumatori, i budget, le dimensioni delle famiglie, i desideri dei singoli si evolvono e cambiano col tempo.
Per cui anche se la raccolta dei dati può sembrare abbondante, non bisogna dimenticare che anche le informazioni possono avere vita breve, possiamo enfatizzare il concetto dicendo che possono avere una sorta di data di scadenza. In conclusione, i dati correttamente raccolti e standardizzati sono la vera linfa vitale di qualsiasi attività di eCommerce, un patrimonio che deve essere raccolto tramite piattaforme di automazione in modo da poterli facilmente trasferire al proprio sito Web e alle comunicazioni.
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