Bond oggi. Avete high yield in portafoglio? State attenti
Lorenzo Raffo
14 luglio 2022
Sono le emissioni a rating più bassi e come tali più remunerative. Netto calo delle quotazioni, sebbene per quelle in Usd la sua forza ne attenui il trend.
Molti investitori italiani hanno puntato su obbligazioni a basso rating negli ultimi anni. Era quasi inevitabile, considerando che solo lì si trovava rendimento, ma questa scelta di rado era consapevole.
Quanti sanno, per esempio, che i bond di Telecom Italia sono dei BB-, i Saipem dei BB, i messicani Pemex dei BB- (sebbene alcune agenzie li collochino ancora nella categoria “investment grade”) e i brasiliani Petrobras si caratterizzano pure per una valutazione BB-?
Le fonti informative non forniscono indicazioni in merito. Occorre cercarle con un po’ di pazienza, ma spesso chi investe non lo fa.
Segnali di tensione
Altrettanto importante è il peso dei non pochi Etf high yield in euro o in dollari, contraddistinti spesso da rendimenti distribuiti decisamente elevati. Questo settore – replicato sia con le singole emissioni sia appunto con gli Etf – non aveva dato negli ultimi anni motivi di preoccupazione. Anzi! La corsa delle quotazioni era proseguita senza ostacoli, con i rendimenti (andamento antitetico) scesi oltre il 4%. Questo considerando uno degli indici più seguiti, l’Ice Bofa Us high yield, relativo alle emissioni Usa, che pesano decisamente di più sul mercato in termini sia quantitativi sia qualitativi.
Un 4%, in tempi lontani, caratterizzava i ben più solidi corporate BBB. Ora la situazione è cambiata. Lo yield dell’Ice Bofa è salito all’8,5%. È quasi sui massimi toccati nel 2016 e nel 2020, in corrispondenza di tensioni dovute nel primo caso a temuti rialzi dei tassi da parte della Fed (o della Bce nel caso di quelli europei, sebbene in questo caso i valori siano sempre stati storicamente più bassi), nel secondo al diffondersi del Covid.
Le difficoltà nel riscontrare i cali degli Eft
Spesso chi detiene bond in Usd high yield, cioè con merito di credito inferiore a BBB−, o Baa3 in base alle valutazioni delle diverse agenzie di rating, non riscontra cali consistenti degli Etf su cui ha puntato.
Il motivo è semplice: la discesa consistente delle quotazioni dei sottostanti sono state compensate dal netto rafforzamento del dollaro sull’euro. Il bilancio quindi è meno negativo di quanto appaia valutando il fattore prezzi.
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A cosa stare attenti
Le obbligazioni con rating CCC - ad alta probabilità di default - sono la parte più rischiosa degli indici high yield e costituiscono oggi circa il 12% del globale. La scorsa settimana, il relativo index BAML CCC ha visto gli spread superare i 1.000 punti base per la prima volta dall’inizio della pandemia Covid. La resa è, quindi, di dieci punti in percentuale in più rispetto ai titoli di Stato Usa su equivalenti scadenze.
Quando si giunge a tale livello si entra in un’area definitiva comunemente “distressed”, ovvero in difficoltà. È vero che la maggior parte di queste emissioni - salvo rari casi - non è quotata in Italia ma risulta invece presente in alcuni Etf, sebbene non in tutti.
La paura del default
Il timore del default (incapacità di un debitore di soddisfare i propri obblighi, che nel caso specifico sono pagare le cedole e rimborsare il capitale a scadenza), quasi scomparso dal mercato negli ultimi anni, è tornato in auge. Attualmente i nomi presenti in una lista di specifiche società a rischio tirano in causa emittenti quasi del tutto sconosciuti in Italia, in presenza però di una recessione che, se dovesse propagarsi a livello di economia mondiale, farebbe aumentare non di poco il rischio.
Circa un terzo delle società a rating CCC potrebbe trovarsi di fronte a una crisi nei prossimi 12 mesi, il che rappresenterebbe circa il 3-4% degli indici high yield. C’è però anche un altro punto interrogativo: entro il 2023 dovranno rifinanziarsi circa 100 miliardi di dollari di debito BB/B e, in presenza di un’economia che si piega all’ingiù, ciò potrebbe trovare ostacoli.
In realtà chi ha puntato sugli Etf non coperti sul cambio Eur/Usd tutto questo lo soffre poco, anzi pochissimo. Ora ci si domanda però delle future evoluzioni del dollaro. Un suo indebolimento aggraverebbe il quadro, comportando un secondo motivo di tensioni per chi detiene direttamente o indirettamente emissioni high yield in Usd.
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