Il rapporto euro-dollaro è giunto alla parità dopo vent’anni. Cause e conseguenze della corsa al rafforzamento del dollaro americano.
Si è arrivati alla parità del cambio euro-dollaro, in seguito a un rafforzamento di quest’ultimo cominciato nell’estate del 2021 (a maggio 2021 l’euro aveva segnato un nuovo massimo relativo di 1.2230). Le ragioni primarie di tale rafforzamento furono la svolta da parte della Fed, che si concretizzò poi nel resto del 2021 e all’inizio del 2022, e la guerra in Ucraina, che ha fatto impennare i prezzi delle materie prime e ha aumentato l’incertezza economica, colpendo così duramente il saldo export-import dell’economia europea.
Nel grafico Bloomberg è stato messo a confronto il saldo della bilancia commerciale (export-import) dell’eurozona verso il resto del mondo (linea arancione) e il cambio euro-dollaro (linea bianca) a partire da gennaio 2020. È evidente che, passando da un attivo di +27 miliardi del 6 gennaio 2021, a un passivo di -31 miliardi ad aprile 2022 (i prossimi dati saranno pubblicati il 15 luglio), l’eurozona paga l’innalzamento dei prezzi delle materie prime energetiche e agricole con la forza sempre maggiore del dollaro. E questo accade perché il volume in valore delle merci importate aumenta molto di più rispetto al volume in valore delle merci esportate. Ciò implica che la domanda di dollari degli importatori Ue sul mercato dei cambi superi l’offerta di dollari degli esportatori Ue: l’eccesso della domanda sull’offerta delle valute è una delle cause del rafforzamento del dollaro contro euro. Ma non la sola.
Su base ponderata, il dollaro è salito del 12% circa dall’inizio del 2021. Un rally troppo forte per essere giustificato unicamente dal peggioramento della bilancia commerciale Ue.
I quattro fattori chiave del “rally del dollaro”
Il dollaro ha finito la sua corsa? Presto per dirlo. Potrebbe rafforzarsi ancora. Possibilità che non si basa solo sull’ulteriore peggioramento della bilancia commerciale della Ue, ma anche sull’opinione che l’economia statunitense continuerà a reggere meglio delle altre, e che la Fed rimarrà più aggressiva nell’inasprire la politica monetaria rispetto agli altri Paesi del mondo. Si può inoltre ritenere che gli asset “rischiosi” (azioni e mercati del credito) rimarranno sotto pressione a causa del rallentamento dell’economia globale, favorendo la domanda di dollari di tipo “finanziario”, cioè come bene rifugio.
Ecco perché, nonostante la corsa del 2022, secondo alcuni analisti le previsioni sono orientate verso una maggiore forza del dollaro. Le ragioni sono molteplici. Inoltre, storicamente, la parità sul cambio euro-dollaro non è un massimo assoluto per il dollaro. Come si può osservare nel grafico Bloomberg, pochi mesi dopo la nascita dell’euro del 1° gennaio 1999, il cambio euro-dollaro si assestò ben sotto la parità, con un massimo assoluto il 25 ottobre del 2000 a quota 0,83. Se dovessimo tornare a 0.83 e ritoccare i massimi del 2000, saremo di fronte a un ulteriore rialzo potenziale del dollaro del 17% circa. Improbabile, ma non impossibile, anche se ci si aspetta 0.90 come livello.
È molto importante quindi ribadire i quattro fattori chiave hanno storicamente contribuito al rally del dollaro:
- un punto di partenza relativamente debole per il dollaro nel maggio 2021 in area 1.22;
- uno spostamento dei differenziali dei tassi di interesse Fed-Bce a suo favore a partire dal 2022;
- un peggioramento delle ragioni di scambio nella bilancia commerciale Ue verso il resto del mondo;
- un forte peggioramento della propensione al rischio nei mercati finanziari internazionali a partire da gennaio 2022.
Il perdurare delle ultime tre cause potrebbe portare il dollaro anche ben sotto la parità contro l’euro. Se i prezzi dell’energia non si ridurranno, ma dovessero rimanere elevati o aumentare ulteriormente, ciò fornirebbe un’ulteriore spinta al dollaro rispetto alle valute delle principali economie importatrici di energia in Europa e Asia. È possibile che un’ulteriore salita del dollaro avvenga nonostante la sua valutazione già elevata.
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I differenziali dei tassi di interesse euro-dollaro
I differenziali dei tassi di interesse hanno già oscillato significativamente a favore del dollaro nell’ultimo anno, ma potrebbero ampliarsi ulteriormente. La virata “da falco” della Fed in questo periodo è stata solo parzialmente eguagliata dalle principali banche centrali. Addirittura la Boj, unica tra le banche centrali del G10, ha mantenuto la sua posizione accomodante e la Pboc ha di fatto allentato la politica monetaria.
C’è la possibilità di un ulteriore spostamento al rialzo – da qui alla fine dell’anno – dei differenziali dei tassi di interesse a favore del dollaro, in quanto la Fed potrebbe rimanere più aggressiva delle altre banche centrali nell’irrigidire la politica monetaria. Infatti, dato che i membri del Board delle Fed sembrano sempre più preoccupati del rischio di disancoraggio delle aspettative di inflazione, è plausibile che i tassi di interesse statunitensi aumentino ancora di più di quanto ci aspettiamo, perché la Fed è disposta a tutto, anche a far pagare agli Usa la recessione, pur di aggiudicarsi la vittoria contro l’inflazione di lungo periodo.
Il grafico Bloomberg permette di osservare l’andamento del differenziale di rendimento tra il Treasury a 2 anni e il Bund a 2 anni negli ultimi 24 mesi: il differenziale inizia ad ampliarsi in settembre 2021, simultaneamente all’inizio del rafforzamento del dollaro. E non accenna a diminuire.
Infine, nel caso di un ulteriore importante evento di risk-off estivo-autunnale, la domanda di beni rifugio potrebbe spingere il dollaro più in alto. Probabilmente ci sono già segnali che indicano l’affermarsi di questa dinamica: l’ultima tappa del rally del dollaro riflette in parte il peggioramento dell’appetito per il rischio. Se i rischi di ribasso sulle prospettive dell’economia globale continuassero a concretizzarsi e/o le tensioni sui mercati finanziari si aggravassero in modo significativo, ciò sarebbe un ulteriore fattore per cui il dollaro salirebbe molto probabilmente ancora di più.
Basta guardare sul grafico Bloomberg l’andamento parallelo dell’indice di borsa SP500 e del cambio euro-dollaro dal dicembre 2021 a oggi.
In sintesi: se avete dollari in portafoglio non affrettatevi a venderli. Se volete comprarne altri, fatelo: un’altra tappa significativa della corsa al rialzo del dollaro verso quota 0.90 appare sempre più plausibile.
Le preoccupazioni per l’approvvigionamento energetico dell’Europa e il rischio di stagflazione con il peggioramento della bilancia commerciale Ue, insieme all’offerta di dollari come bene rifugio in un contesto di peggioramento delle prospettive dell’economia globale, hanno aggiunto una significativa pressione al rialzo a un dollaro già forte.
Nella misura in cui queste tendenze si confermeranno, il dollaro rimarrà in ulteriore rafforzamento per i prossimi 3-5 mesi, o perlomeno rimarrà solidamente ancorato attorno alla parità per lo stesso periodo di tempo.
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