Bond oggi. Btp, se si verifica un “flash crash”
Lorenzo Raffo
18 agosto 2022
I flash crash, movimenti velocissimi al ribasso, sono dovuti a vari fattori, con conseguenti rapidi rimbalzi. Come beccarli da parte del piccolo investitore.
Viene dato quasi per scontato dalla stessa politica che di tensioni sui nostri titoli di Stato ne vedremo nelle prossime settimane. Sul fronte invece di alcuni desk professionali si avverte un altro timore, le cui potenzialità – statisticamente – sono minime ma molto interessanti viceversa dal punto di vista dei rendimenti ipotizzabili. Si tratta dei cosiddetti “flash crash”.
Un’anomalia dei mercati
Un “flash crash” si verifica quando il prezzo di un asset, qualunque esso sia, crolla in un periodo di tempo molto breve (anche solo secondi) per poi recuperare in maniera altrettanto veloce.
Di fatto altro non è che un’improvvisa impennata della volatilità di un certo titolo. Può dipendere da errori umani nell’impostazione degli ordini, da falsi segnali delle macchinette oppure da manipolazioni gestite da operatori specializzati in queste forzature. In condizioni di asset soggetti a normali pressioni ribassiste i “flash crash” hanno possibilità di realizzarsi con movimenti talvolta incontrollabili da chi non conosca dinamiche così esasperate. Di fatto il piccolo e medio investitore può perfino non avvertirli, perché i periodi di reazione risultano velocissimi.
Negli anni scorsi vari “flash crash” si sono manifestati sul fronte dei Treasuries Usa ma anche in area euro. Lo conferma uno studio dell’Esma (European Securities and Markets Authority), molto dettagliato in tema.
Si può cogliere i flash crashi?
Un modo con cui provare a sfruttare occasioni così particolari c’è anche per coloro che non siano professionisti. Si tratta di mettere ordini a revoca – che restano cioè validi fino a una certa data, salvo annullamento da parte di chi l’ha immessi – su quotazioni nettamente ribassiste di un certo titolo.
Nel caso dei Btp c’è da presumere che possano essere coinvolti per esempio i decennali, oppure gli extra lunghi. Inserendo un buy su una quotazione inferiore, per esempio di un 15% o 20%, a quella in corso al momento dell’ordine si ha la possibilità di venire colpiti in presenza da un “flash crash”.
Le piattaforme di trading di solito non accettano scostamenti di prezzi rilevanti (oltre il 10%) ma rivolgendosi ai “desk” telefonici tali vincoli sono molte volte superabili. Si tratta comunque di possibilità stimabili in percentuali basse ma assai redditizie se si realizzano.
Cosa succede col flash crash
L’articolato studio dell’Esma segnala che ci sono dei segnali per prevedere una situazione così estrema. Di solito, prima che si manifesti il flash crash, la liquidità dei mercati crolla sul titolo specifico o sull’asset interessato.
Quando ciò avvenne il 29 maggio 2018 relativamente ai nostri titoli di Stato, si verificò tuttavia un’anomala anteriore accentuazione di scambi sui relativi future. In precedenza, lo stesso accade per i Bund tedeschi (7 maggio 2015), mentre per i governativi Usa – estranei all’indagine Esma – la casistica è molto più ampia e con eventi anche relativamente recenti.
È inevitabile che le “mani sporche” colpiscano solo titoli ad alta liquidità, concentrandosi sui governativi di riferimento. In sedute particolari, quali quelle agostane, e in presenza di condizioni specifiche – come possono essere le settimane precedenti o successive alle elezioni politiche – le potenzialità di simili episodi salgono, sebbene spesso si limitino a variazioni delle quotazioni non così eccessive come accadde nei casi sopra riportati. La storia però potrebbe riverificarsi, con il condizionale che è logicamente un dato di fatto.
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