EXchange - La dogana semplice

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di Paolo Massari e Lucia Iannuzzi

Prodotti a duplice uso (dual use): cosa sono e in cosa consiste l’aggiornamento 2023

Il IV comunicato tecnico in materia di e-licensing del 17 gennaio, ricorda agli esportatori di prodotti dual use l’obbligo di utilizzare il portale unionale per inviare le richieste di licenza.

Prodotti a duplice uso (dual use): cosa sono e in cosa consiste l'aggiornamento 2023

Dual use, alcuni concetti preliminari

Uama, l’Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento, inserita all’interno del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, è l’organo istituito nel 2012 chiamato a garantire l’applicazione della normativa italiana, integrata da quella europea e internazionale, in materia di controllo dell’esportazione e importazione di materiali d’armamento.

A seguito dell’attribuzione al ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale delle competenze in materia di commercio internazionale e di internazionalizzazione del sistema Paese, Uama è diventata l’autorità cui fa capo il rilascio delle autorizzazioni previste per l’esportazione, il trasferimento, l’intermediazione, l’assistenza tecnica e il transito dei prodotti a duplice uso.

Tante parole difficili, che tra poco chiariremo.
Per prima cosa, però, è necessario aggiungerne un’altra: “export control”, per chiarire un concetto preliminare.

Destinatarie della disciplina unionale del duplice uso sono le aziende. A loro si rivolge il legislatore doganale del Codice unionale, così come il legislatore dual use. L’obiettivo è quello di convincere il management a considerare il duplice uso un processo aziendale tanto quanto il processo doganale, coinvolgendo non solo la parte tecnica nella gestione dell’export control, bensì anche la parte amministrativa e decisionale, e introducendo (o, meglio, riproponendo con maggior vigore e forza cogente) un documento ufficiale, nel quale scolpire la politica aziendale e l’approccio aziendale al “modello dual use”, il cosiddetto Pic, Programma Interno di Conformità.
Ma andiamo con ordine.

Cosa si intende per beni a duplice uso

Il termine dual use (duplice uso) identifica quei beni e quelle tecnologie che, pur essendo principalmente utilizzati per scopi civili, sono passibili di un utilizzo nella fabbricazione, nello sviluppo e nella manutenzione di armi chimiche, biologiche o nucleari.

«Prodotti a duplice uso» sono i prodotti, inclusi i software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare e comprendono anche quelli che possono essere impiegati per la progettazione, lo sviluppo, la produzione o l’uso di armi nucleari, chimiche o biologiche o dei loro vettori, compresi tutti i prodotti che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualsiasi impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri ordigni esplosivi nucleari.

La ragione giustificatrice delle normative in materia di export control risiede nella risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 28 aprile 2004, ha stabilito che tutti gli Stati devono adottare e applicare misure efficaci per istituire controlli interni volti a prevenire la proliferazione di armi nucleari, chimiche e biologiche e dei loro vettori, anche introducendo controlli adeguati sui materiali, le apparecchiature e le tecnologie connessi. Le sanzioni economiche e gli embarghi sono strumenti di politica estera internazionale, cui è possibile ricorrere nei confronti sia di governi di Paesi terzi, sia di entità non statali, sia di persone fisiche (implicate in atti terroristici, ad esempio) e giuridiche (istituti bancari, ad esempio).

L’Unione Europea fin dal 2009 aveva regolamentato i flussi in esportazione di materiale potenzialmente soggetto a duplice uso; nel 2021 il legislatore unionale ha sentito l’esigenza di aggiornare una disciplina ormai vetusta, necessaria per recepire le istanze conseguenti a una corsa senza fine dell’innovazione tecnologica e per adattarsi alle mutevoli condizioni economiche e geopolitiche di un panorama in perenne trasformazione.

Il Reg.to (UE) n. 821/21 è, in realtà, il risultato finale di un lungo processo, avviato il 28 settembre 2016, con la formulazione di una proposta legislativa, approvata in prima lettura dal Parlamento UE il 17 gennaio 2018, approvata il 30 novembre 2020 dalla Commissione UE e votata, nel testo definitivo, dal Parlamento UE il 25 marzo 2021.

Introducendo queste modifiche:

  • la definizione di «prodotti a duplice uso», non ha subito alcuna modifica sostanziale, se non l’esplicito riferimento alle armi nucleari;
  • è stata introdotta la categoria di “articoli di sorveglianza informatica”;
  • è stata estesa la definizione di "esportatore”, per includere le persone fisiche che trasportano articoli a duplice uso nel proprio bagaglio personale;
  • sono stati armonizzati i parametri di licenza;
  • è stata prevista l’autorizzazione grandi progetti;
  • sono state previste nuove autorizzazioni generali di esportazione (Ageu) per i trasferimenti di tecnologia infragruppo e per i trasferimenti di tecnologia crittografica (EU007 – EU008);
  • sono state previste le licenze elettroniche;
  • è stato reso vincolante l’Internal Compliance Programme (Icp o Pic).

L’aggiornamento annuale dell’elenco dei prodotti dual use

Ma, si sa, il progresso umano non si arresta e una legislazione che ne disciplini le attuazioni pratiche diviene presto obsoleta; ecco, allora, perpetuarsi il rito dell’aggiornamento annuale dell’Allegato I al regolamento, che elenca i prodotti considerati a duplice uso.

Come avviene per la classificazione doganale, puntuale, ogni anno la Commissione pubblica il regolamento di aggiornamento del testo base, entrambi redatti applicando il medesimo criterio: invariabilità della parte normativa, aggiornamento della parte tecnica.

Di cosa parla l’aggiornamento 2023?

Parla di beni ad alto contenuto tecnologico, indipendentemente dal settore di appartenenza: Electronic Computer-Aided Design (Ecad), utilizzati nel processo di progettazione di Gate-All-Around Field-Effect Transistor (Gaafet), sintetizzatori di frequenza e generatori di segnali, ossido di gallio e diamante come nuovi materiali semiconduttori, software appositamente progettati per assemblatori e sintetizzatori di acidi nucleici, velivoli suborbitali e tecnologie per la fabbricazione di turbine a gas (combustione con guadagno di pressione), apparecchiature di produzione additiva progettate per le «superleghe». Si allarga, dunque, la famiglia dei beni coinvolti nell’affaire duplice uso, con una particolare attenzione ai settori più sensibili per l’economia unionale, in linea con quanto prospettato nel corso dell’Export Control Forum del 6 dicembre dello scorso anno.

Cosa fare per valutare i rischi del dual use

Non dimentichiamoci quanto scritto nella premessa: il diritto internazionale e il diritto unionale pongono a carico delle aziende la valutazione dei rischi e del pericolo di contribuire inconsapevolmente a un programma di approvvigionamento di armi di distruzione di massa o di finanziamento di attività terroristiche e illecite o di essere vittime di un simile tentativo.

Tutto chiaro. Ma cosa devono fare le aziende? Innanzitutto, revisionare la classificazione doganale dei propri prodotti. Non ci stancheremo mai di ricordarlo: una corretta determinazione delle voci doganali è la base per applicare le regole di origine e di politica commerciale della UE, individuare eventuali misure restrittive di politica economica, verificare la compliance dual use.
Poi, verificare se le voci doganali dei propri prodotti sono soggette alla normativa dual use; e, in caso affermativo, controllare se gli stessi incontrano le specifiche tecniche dettate dall’Allegato I del Reg.to (UE) n. 821/21, poiché solo in questo caso sarà necessaria una licenza per la loro esportazione. Ma non basta.

Devono redigere il Pic, il Programma Interno di Conformità, ovvero una valutazione aziendale, una procedura al pari della qualità, della procedura ex dlgs. n. 231/01 e dei documenti necessari per l’autorizzazione Aeo, che identifichi e definisca soggetti e responsabilità, analizzi le caratteristiche dei prodotti esportati, ne verifichi la compliance con la normativa, sia in termini oggettivi, sia in termini di rischio potenziale legato alla commercializzazione dei prodotti stessi. Un documento, necessario e non discrezionale, che investe la responsabilità della direzione aziendale, impegnandola nei confronti di terzi, il cui contenuto non è definito dalla norma. Per questo ci aiuta la Commissione europea, la quale ha pubblicato due raccomandazioni (30 luglio 2019, n. 1318 e 15 settembre 2021, n. 1700, limitatamente agli aspetti di ricerca e sviluppo) che costituiscono, a tutti gli effetti, il quadro di riferimento cui ispirarsi per la redazione dei Pic.

Sono sette gli elementi fondamentali per un Programma Interno di Conformità efficace:

  • l’impegno del management a garantire la conformità;
  • l’esistenza di una struttura organizzativa e l’individuazione di responsabilità e risorse;
  • la formazione e la sensibilizzazione del personale;
  • la definizione di processi e procedure di verifica delle transazioni;
  • la valutazione delle prestazioni e la previsione di audit, segnalazioni e azioni correttive;
  • la corretta tenuta dei registri e della documentazione;
  • la sicurezza fisica e delle informazioni.

Il documento, quindi, si comporrà di due parti: nella prima verranno affrontati i punti appena esposti, nella seconda, di natura tecnica, verranno analizzati i singoli prodotti, al fine di verificarne l’eventuale assoggettabilità al regime dual use.

Se, alla fine dell’analisi, avessimo necessità di richiedere un’autorizzazione, ricordiamoci quanto ha scritto Uama: dal 1° luglio 2022 la trattazione delle istanze di autorizzazioni dovrà avvenire esclusivamente attraverso la piattaforma E-licensing, il sistema telematico in modalità integrata per la gestione in digitale dei procedimenti autorizzativi inerenti l’esportazione di beni e tecnologie a duplice uso, di beni soggetti al Reg.to (UE) n. 215/19 (i cosiddetti beni anti tortura) e di beni soggetti a regolamenti UE che impongono restrizioni commerciali verso determinati Paesi terzi.

Per poter accedere alla piattaforma, è indispensabile che l’esportatore, ovvero il legale rappresentante di una società esportatrice, sia in possesso della propria Identità Ecas (o EU Login), ovvero dell’identità digitale di ogni cittadino dell’Unione Europea, richiesta inderogabilmente per l’accesso a qualsiasi programma digitale unionale.
Le sanzioni? Anche di natura penale.

Procedure complesse, che necessitano di competenze spesso estranee alle aziende ma che sono le nostre e che saremo lieti di mettere a disposizione di chi vorrà consultarci. Inizia scrivendoci qui.

Paolo Massari

Customs & International Trade Advisor | Co-fondatore C-TRADE e Overy

Lucia Iannuzzi

Customs & International Trade Advisor | Co-fondatrice C-TRADE e Overy

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