EXchange - La dogana semplice

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di Paolo Massari e Lucia Iannuzzi

Russia: un bilancio sulle sanzioni a un anno dallo scoppio del conflitto

Consiglio e Commissione Ue varano il decimo round di sanzioni, ennesimo tentativo di fiaccare la resistenza economica russa: basteranno? E come risponde l’economia del nostro Paese?

Russia: un bilancio sulle sanzioni a un anno dallo scoppio del conflitto

L’abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose, sentenziava Michel de Montaigne. L’abitudine cela sovente un comportamento ben più pericoloso, l’assuefazione, l’arrendersi, consapevole o inconsapevole, a un fato incontrollabile; se crediamo al fato.

Ci siamo abituati, alla guerra in casa; quella guerra, la prima nel salotto buono europeo dal termine del secondo conflitto mondiale, che solo un anno fa agitava nerissime nubi su un domani mai così incerto, è divenuta una notizia di spalla nelle prime pagine dei nostri pensieri, occupati da vicende meno roboanti, ma ben più presenti nella quotidianità.

È l’effetto del trascorrere del tempo e, forse, è l’effetto sperato dalla Russia; che, a volte, minacciando o non escludendo l’orrore nucleare, ci ricorda che Kiev, in fondo, è a poche ore di aereo da noi.

L’Unione europea ha ritrovato, di fronte al pericolo bellico, quella compattezza ormai dimenticata, un consenso unanime sulla risposta a Mosca: sanzioni economiche, arma non convenzionale per combattere una guerra non convenzionale.
Perché al di là della unanime condanna del conflitto quale strumento di risoluzione di controversie internazionali e di una invidiabile coesione economica, qualche scricchiolio si è sentito quando si è trattato di decidere sull’invio di armi in Ucraina (il caso Leopard docet, Berlino attore protagonista) o quando si è manifestato il distacco da Putin (Orban recalcitrante).

Il quadro extra europeo

Ma è guardando il resto del mondo che troviamo notizie interessanti. Il giorno dell’anniversario dell’inizio del conflitto, l’Assemblea Generale dell’Onu ha votato una mozione che chiede il ritiro incondizionato e immediato di Mosca dall’Ucraina: 141 paesi hanno votato a favore, 32 si sono astenuti, 7 non hanno approvato la mozione; tra gli astenuti, Cina, India e Sudafrica.

La Cina e gli Usa sono i protagonisti occulti di questa tragica vicenda. Xi Jinping presenta un piano di pace in dodici punti, per la redazione del quale Kiev non è stata interpellata e, intanto, mantiene i rapporti con Putin; Biden paventa sostegni finanziari e militari crescenti, anche sotto la bandiera Nato, all’Ucraina.

Entrambi parlano ufficialmente alla comunità internazionale, scambiandosi messaggi neanche troppo nascosti; del resto, quando Pechino scrive che “la sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari” a chi dovrebbe rivolgersi?

Il ruolo delle sanzioni

Mentre, in realtà, buona parte del globo continua a vedere il conflitto russo-ucraino come un affaire europeo, problema ben distante e non certo prioritario nella propria scala dei valori, l’Unione europea, dicevamo, giunge al suo decimo round di sanzioni.

Notizia che ha due chiavi di lettura. La prima, più ottimistica, a sottolineare la perdurante volontà di non dare tregua all’economia russa, fiaccando tutte le possibili fonti di finanziamento bellico.

La seconda, meno ottimistica, ad evidenziare come, forse, il grande sforzo sanzionatorio precedente non sia stato così decisivo, se necessita di continui e periodici aggiornamenti; sempre che non si voglia accedere all’idea di molti esponenti politici, per i quali le sanzioni non sono altro che il mezzo scelto per costringere Putin a sedersi a un tavolo negoziale.

Perché i dati economici russi sono in costante miglioramento, come certifica anche il Fondo Monetario Internazionale; Gazprom ha realizzato 42 miliardi di profitti nel primo semestre 2022 e nello stesso anno le cessioni di prodotti energetici si sono incrementate del 38% rispetto all’anno precedente.

Le misure restrittive al mercato finanziario, bancario, manifatturiero ed energetico non sembrano aver raggiunto i risultati sperati, controbilanciate dalle cessioni di petrolio sottocosto e dall’incremento del prezzo del gas. Eh sì, è proprio una guerra non convenzionale, con due Paesi belligeranti e buona parte del resto del mondo combattente economico, ma con giudizio. E allora, avanti con le sanzioni.

Le nuove sanzioni in sintesi

Il Wagner Group è un’entità militare privata non incorporata con sede in Russia, presente in diversi Paesi, tra cui Ucraina, Libia, Repubblica Centrafricana, Mali e Sudan. Il Consiglio ha deciso di inserire nell’elenco dei soggetti sottoposti a misure restrittive per gravi violazioni e abusi dei diritti umani otto persone e sette entità coinvolte in tali violazioni nella Repubblica centrafricana e in Sudan, una persona responsabile di abusi in Mali, due persone resesi responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

Per tutti i soggetti listati è scattato il congelamento dei beni presenti nella Ue e il divieto di mettere fondi a loro disposizione per cittadini e imprese unionali; le persone fisiche sono, inoltre, soggette a un divieto di spostamento, che impedisce loro di entrare o transitare nei territori della Ue.

Wagner Group a parte, sono 87 le persone fisiche e 34 le società ed enti colpite da misure restrittive in questo turno di sanzioni, tutti responsabili di attività militari, di decisioni politiche, di disinformazione e narrazioni non veritiere, di una parallela guerra dell’informazione; o coinvolti nelle deportazioni e nell’adozione forzata di bambini ucraini in Russia e nello sviluppo di droni utilizzati per colpire civili ucraini e infrastrutture civili.

Sistemati i cattivi, vediamo le principali misure economiche. “L’Unione europea continuerà a sostenere l’Ucraina sul piano politico, economico, umanitario, finanziario e militare, anche mediante appalti coordinati e rapidi dell’industria europea. Sosterremo inoltre la ricostruzione dell’Ucraina e a tal fine ci adopereremo per utilizzare i beni russi congelati e bloccati conformemente al diritto dell’Ue e internazionale. Aumenteremo ulteriormente la pressione collettiva esercitata sulla Russia affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione. A tale scopo adotteremo un decimo pacchetto di sanzioni e prenderemo provvedimenti contro coloro che tentano di eludere le misure dell’Ue”: così la dichiarazione congiunta del Consiglio europeo del 23 febbraio.

Le sanzioni, anche le ultime, mettono tutti d’accordo; o quasi, considerato che qualcuno, Polonia in testa, avrebbe desiderato interventi più incisivi.

Divieto di esportazione di tecnologia critica e beni industriali, come elettronica, veicoli specializzati, parti di macchine, pezzi di ricambio per camion e motori a reazione, beni per il settore edile che potrebbero essere destinati all’esercito russo, come antenne o gru.

Vietato spedire beni che potrebbero contribuire al potenziamento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia, contribuendo alla produzione di droni, missili, elicotteri, oltre a terre rare, circuiti integrati elettronici e termocamere.

Beni a duplice uso: restrizioni all’esportazione più severe per 96 soggetti inclusi nell’elenco delle entità che sostengono direttamente il complesso militare e industriale della Russia nel conflitto in Ucraina; per la prima volta, tra loro, soggetti di Paesi terzi, ovvero sette entità iraniane che producono veicoli aerei militari senza pilota, utilizzati dall’esercito russo.

Vietato il transito attraverso la Russia di beni e tecnologie a duplice uso esportati dall’Ue e bandite le importazioni negli Stati membri di beni capaci di generare entrate significative per le casse russe, come l’asfalto e la gomma sintetica. Nuovo il divieto di fornire capacità di stoccaggio del gas nell’Unione a cittadini russi, persone fisiche residenti in Russia o persone giuridiche o entità lì stabilite, con il fine di evitare che la Russia usi come un’arma la sua fornitura di gas e scongiurare rischi di manipolazioni del mercato che compromettano l’approvvigionamento energetico critico dell’Unione.

Il legislatore unionale ha definito quali “soggetti critici” i soggetti pubblici e privati, identificati da uno Stato membro e operanti in settori chiave per l’economia unionale come, ad es., energia elettrica, gas, petrolio, trasporti, infrastrutture, anche digitali, produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti; cittadini d entità russe non potranno ricoprire cariche negli organi direttivi di tali soggetti, poiché l’influenza russa potrebbe comprometterne il funzionamento e mettere a rischio la fornitura di servizi essenziali ai cittadini europei.

Al fine di garantire una maggiore efficacia alle misure di congelamento dei beni in Europa appartenenti a persone fisiche ed entità russe, sono stati previsti nuovi obblighi di comunicazione più dettagliati sui fondi e le risorse economiche appartenenti a tali soggetti e in merito alle riserve immobilizzate e alle attività della Banca centrale russa.

Ripercussioni sull’economia e sulle imprese del nostro Paese

Inflazione (inferiore agli ultimi dati 2022 in tutte le analisi di settore, ma pur sempre elevata), prezzi delle materie prime energetiche alti, orientamento restrittivo della politica monetaria nei principali Paesi: lo scenario internazionale, anche per il 2023, non si presenta dei più beneauguranti. La parola a Banca d’Italia:

Nessuno dubita della necessità di arrivare ad una conclusione pacifica del conflitto in essere, così da porre fine a morti e devastazioni ingiustificate; occorre capire se, nel lungo periodo, l’arma delle sanzioni economiche possa rivelarsi vincente. O, forse, più realisticamente, per quanto tempo i loro effetti negativi possano essere sopportati da quelle economie che vedevano nel mercato russo un approdo felice dei propri prodotti; basti ricordare come nel 2021 il volume complessivo di esportazioni dall’Italia verso la Russia valesse circa 7,7 miliardi di euro e rappresentasse l’1,5% del totale delle esportazioni nazionali, percentuale scesa all’1% nel primo quadrimestre 2022 (dati Osservatorio Ministero degli Esteri e Confindustria).

È compito della politica trovare un giusto punto di equilibrio tra i doveri internazionali di preservazione dei diritti dei singoli Paesi e di conservazione della pace da un lato, e di minimizzazione degli effetti economici negativi sull’economia unionale, conseguenti alle misure repressive adottate, dall’altro.

Certo, i rincari delle materie prime energetiche, la modifica delle scelte logistiche, l’incertezza sui mercati internazionali, il costo del denaro si riverberano, a catena, sui costi di distribuzione e di vendita dei prodotti al consumatore finale: effetto distorsivo indiretto da monitorare con attenzione.

In ogni caso, via via che si intensificano gli interventi repressivi, che crescono i beni di vietata importazione ed esportazione e le persone, fisiche e giuridiche, coinvolte, maggiori diventano gli obblighi richiesti alle aziende e i conseguenti rischi: monitorare i beni listati, mappare i soggetti sotto embargo, compresi in legali rappresentanti delle società russe destinatarie dei beni, ottenere gli end user statement per poter esportare alcune merci, richiedere le licenze di esportazione, laddove previsto, verificare l’effettiva destinazione finale dei beni, così da evitare fraudolente triangolazioni con transito da Paesi non vietati e destinazione finale Russia, circostanza, questa, che comporta la responsabilità diretta del soggetto esportatore: attività complesse, ma necessarie in un’ottica di compliance doganale e di corretta gestione del rischio.

Non sappiamo ancora per quanto tempo dovremo affrontarle, per quanto tempo ancora dovremo leggere notizie tragiche e temere ripercussioni nefaste; ma per quanto tempo sarà, consigliamo alle aziende che importano ed esportano, nostre interlocutrici privilegiate nel lavoro quotidiano, di non sottovalutare le ripercussioni degli eventi internazionali sul proprio operato, facendosi trovare - per quanto possibile - preparate ai cambiamenti. Noi restiamo a disposizione per rispondere alle tue domande (qui per contattarci).

Paolo Massari

Customs & International Trade Advisor | Co-fondatore C-TRADE e Overy

Lucia Iannuzzi

Customs & International Trade Advisor | Co-fondatrice C-TRADE e Overy

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